Lite al centro di accoglienza, migrante gettato dal balcone

Un cittadino egiziano è stato buttato giù da un balcone del primo piano del centro di accoglienza di largo Tommaso Perassi a Roma. L’uomo non è in pericolo di vita ed è sotto osservazione all’Aurelia Hospital. A quanto ha raccontato stava ascoltando una registrazione del Corano che ha provocato un litigio con tre pachistani che sono stati poi arrestati, forse con l’accusa di tentato omicidio.
La notizia è stata riportata dal Corriere della Sera, nelle pagine locali, con foto della palazzina vista da oltre il cancello.
Anche il sito calabrese Zoom 24 ha dato spazio alla notizia, scrivendo erroneamente che la struttura è un Cpr o centro di permanenza.
In realtà l’unico Cpr di Roma è quello che si trova a Ponte Galeria. Non serve ad accogliere i richiedenti asilo, ma a trattenere gli irregolari da espellere. Sebbene gli attivisti si ostinino a ripetere che vanno chiusi perché ospitano persone che non hanno commesso reati, nei Cpr finiscono anche stranieri pregiudicati e pericolosi.
L’ultimo caso che è stato raccontato dai mass media è quello di un cittadino indiano che aveva minacciato di morte una cittadina italiana.
L’uomo, di cui molti siti web non hanno riportato il nome, sarebbe stato prelevato nel Cpr romano e portato in carcere. Era stato scarcerato pochi giorni prima per motivi non meglio precisati. Molti siti web hanno raccontato la storia in maniera confusa, senza specificare luoghi, dettagli e motivi.
Dopo un periodo in cui le inchieste sui Cpr si sono susseguite, ora la situazione politica è abbastanza calma. Sarà che è estate.
A livello nazionale il Governo si dà da fare nel tentativo di bloccare l’immigrazione, trattando sia con l’Europa che coi paesi di provenienza dei flussi migratori.
Il Partito Democratico si oppone per abitudine, ma senza scaldare gli animi più di tanto. Majorino ha accusato il governo di lasciare soli i sindaci nell’accoglienza dei migranti. Finora si è detto che l’immigrazione è un’opportunità. Sta a vedere che è anche un costo.

Ferisce i passanti a Roma Termini, accompagnato a Macomer

Un guineano di 25 anni ha ferito alcune persone nella stazione di Roma Termini. Individuato poco dopo dalle forze dell’ordine grazie ai filmati della videosorveglianza, è stato accompagnato al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer, in Sardegna, visto che nel vicino Cpr di Ponte Galeria non c’era posto. La notizia è stata riportata dal sito del Corriere della Sera.
Dal Cpr di Macomer non arrivano statistiche di nessun genere. Le più recenti risalgono a due anni fa, al 2021, quando il centro era il più inefficiente d’Italia per quanto riguarda la percentuale di stranieri rimpatriati. Nessuno ha spiegato come mai. In seguito si è detto che il problema era stato risolto, ma non si sa quale è stato il suo rendimento l’anno scorso. Il centro è stato inaugurato quando il ministro dell’interno era Marco Minniti. Il suo scopo era quello di fungere da deterrente per gli stranieri che arrivano dal Mediterraneo occidentale, ma a quanto pare viene usato anche per ospitare stranieri che sono stati fermati fuori dalla Sardegna. Purtroppo anche in questo caso non ci sono statistiche e non si sa in che percentuale gli stranieri transitati nel centro provengono dall’isola o da altre regioni.
In Africa ci sono tre Stati che si chiamano Guinea: Guinea, Guinea Bissau e Guinea Equatoriale. I primi due confinano tra di loro e si trovano in Africa Occidentale, il terzo si trova molto distante, in Africa Centrale. Non si sa se gli accordi di rimpatrio siano funzionanti, e non si sa quanti guineani sono stati rimpatriati l’anno scorso. I mass media non parlano quasi mai della situazione in questi Paesi. Due giorni fa il Corriere della Calabria ha nominato il figlio di un ex preseidente della Guinea Bissau, che avrebbe incontrato un esponente della criminalità organizzata italiana per organizzare affari sospetti. L’articolo contiene molti dettagli attinti dagli inquirenti nel corso di intercettazioni ambientali.
Nessuna ulteriore novità sul fronte dei Cpr italiani. Il Governo intende ristrutturare quelli che hanno subito danni nel corso delle rivolte, e aprirne di nuovi nelle regioni che non ne hanno mai avuto uno. Ma anche in quelle che ce l’hanno avuto: il centro rimpatri di Crotone, in Calabria, è chiuso da anni, e il Governo intende riattivarlo a breve. Lo ha scritto il mese scorso il Giornale, attingendo alle dichiarazioni del commissario all’emergenza immigrazione nominato dal Governo.

Palazzo San Gervasio, trattenuto in gravi condizioni di salute

Un cittadino senegalese fermato dalle forze dell’ordine nel corso di un’operazione di sgombero di un insediamento informale nella periferia di Roma è stato trattenuto nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio.
In conseguenza di un incidente, l’uomo versa in condizioni di salute precarie: ha varie fratture pregresse e un ematoma cerebrale oggetto di continuo monitoraggio.
Al momento dell’ingresso nel Cpr gli è stato sequestrato il cellulare, per cui non ha potuto nominare un legale di fiducia per l’udienza di convalida. In seguito gli è stato consentito di effettuare una telefonata, ma senza poter usare il suo telefono, su cui c’era la rubrica dei suoi contatti. E’ riuscito a far sapere la sua posizione solo perché ricordava a memoria il numero di telefono della dottoressa che si occupava di lui.
La Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, Medici Senza Frontiere e un’altra associazione hanno scritto un lungo comunicato, che è stato pubblicato integralmente sul sito del Manifesto.
Le associazioni chiedono la liberazione immediata dell’uomo in quanto incompatibile con il trattenimento, e contestano la prassi di limitare delle comunicazioni dei trattenuti, che non è legittimata dal Parlamento. Anzi, c’è una sentenza del tribunale di Milano che dice esplicitamente che bisognerebbe garantire ai reclusi la possibilità di utilizzare il proprio telefono, magari solo in certi orari. Sullo smartphone personale infatti ci sono i numeri dei contatti, il messenger, la mail, che invece mancano nel telefono pubblico che viene messo a disposizione dei migranti.
Il Cpr di Palazzo San Gervasio è uno di quelli che vengono completamente dimenticati dall’opinione pubblica.
A febbraio 2021 si erano conclusi dei lavori nel corso dei quali erano stati sostituiti sanitari, rubinetterie e infissi con elementi antivandalo, erano state rifatte le guaine, adeguati gli impianti ed inseriti nuovi arredi fissi e mobili. Erano stati annunciati nuovi lavori, tra cui per l’edificio mensa e luoghi di culto, ma nessuno sa come sia andata a finire la storia. Non sono circolate foto e filmati, anche perché i giornalisti non possono entrare nei centri per i rimpatri, da molto prima che iniziasse la pandemia.
Ieri la Provincia di Biella ha riportato alcune dichiarazioni attribuite al sindaco della città, strumentalizzabili perché sembrano mettere a confronto i profughi ucraini con quelli africani, in particolare senegalesi.
“Chi ad esempio lasciava il Senegal non scappava dalle guerra: certo purtroppo dovevano affrontare problemi economici, ma è una cosa ben diversa da un conflitto. Questa manodopera a basso prezzo era sfruttata in Italia: io alle persone non ho mai chiuso la porta, a prescindere dal colore della pelle, sono tutte in egual modo degne di rispetto”, è una delle dichiarazioni riportate dal sito.
Secondo l’articolo, l’amministratore vorrebbe mettere le persone nelle condizioni di poter rimanere nei loro Paesi originari, dove possono essere utili. “Poi se vogliono migrare devono essere nelle condizioni di farlo e non essere sfruttati”.
“Quelli che arrivano dall’Ucraina raggiungono il confine, portano in salvo donne e bambini e poi tornano indietro per combattere”, è un’altra delle frasi riportate dal sito, insieme a vari confronti con “quando affrontavamo l’immigrazione senza regole” e con “il sistema che c’era prima”.
Prima? In realtà la guerra in Ucraina non ha improvvisamente risolto tutti i problemi dell’Africa e dell’Asia. Né ha cambiato le leggi in Italia. Né le procedure che si stanno mettendo a punto prevedono di accogliere solo donne e bambini ucraini in fuga. E nemmeno le agevolazioni che spettano agli ucraini sono state estese a chi fugge da altre zone di conflitto.
Ieri il sito Expartibus ha scritto che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha votato una risoluzione che vieta la consegna di armi alla milizia Houthi nello Yemen. Contemporaneamente l’Europa ha deciso che fornirà armi agli Ucraini.
Si parla di missili Stinger e anticarro.
La Francia sta fornendo armi a Zelensky, pur sostenendo di non essere in guerra contro la Russia.
Anche al Consiglio Affari Esteri della Ue si è parlato di fornire “sostegno letale” agli ucraini.
A votare a favore dell’invio di armi è stato anche l’europarlamentare Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, famoso per il suo impegno a favore dei migranti. “Non potevamo lasciare sola l’Ucraina, che è un Paese democratico che sta vivendo una situazione terribile”, ha detto Bartolo a Fanpage. “Fornire le armi è un deterrente, dobbiamo far capire a Putin il motivo per cui oggi si sta parlando di difesa comune”, dice Bartolo, dopo avere detto che “in guerra ci sono solo sofferrenze, morti, bambini che soffrono. La guerra non ha senso, c’è gente che scappa dalle bombe e si va a nascondere nei sotterranei. Abbiamo visto lo strazio delle famiglie, la paura, bisogna scongiurarla totalmente. Spero che ancora ci siano possibilità di dialogo, che ci sia possibilità di trovare, attraverso negoziati, la fine di questa guerra così brutale”.
Insomma, bisogna armare gli avversari della Russia, allargare l’alleanza militare anti-russa, bloccare tutte le attività commerciali russe, le transizioni finanziarie russe, perfino le squadre di calcio russe, e poi trattare. Su che?
La guerra è scoppiata perché Putin vuole contrastare l’espansione della Nato. Bartolo non dice se accetta la proposta russa di demilitarizzare l’Ucraina da entrambi i lati. Anzi, non dice proprio che c’è questa proposta. Secondo lui: “Nessuno può sapere cos’ha nella testa [Putin]. La sua intenzione è quella di riunire l’impero russo, o almeno questo emerge da ciò che ha detto nelle sue conferenze”.
Chissà se il politico le ha ascoltate per intero o ha sentito solo qualche spezzone qua e là. Comunque, un giornalista, il vicedirettore de La Verità, nel corso di una trasmissione tv ha detto che “quelli a cui stiamo dando le armi sono gli stessi che hanno compiuto il massacro di Odessa nel 2014. Ci sono quelli che andavano nelle regioni del Donbass e non è che ci andavano tanto per il sottile. L’Unione europea ha fatto finta di niente per 8 anni, dagli accordi di Minsk in avanti. Se noi all’improvviso cambiamo atteggiamento perché abbiamo deciso che dobbiamo andarre alla guerra totale poi dobbiamo essere consapevoli che ci saranno conseguenze. La guerra non finirà domani e la popolazionee continuerà ad essere a rischio. E saremo a rischio anche noi, perché l’escalation potrebbe essere pesanttissima. E poi lo scopo qual’è? Deporre Putin e sostituirlo con un fantoccio tipo Eltsin? O addirittura con uno peggiore?”

Brindisi, non si può prorogare un termine già scaduto

Un cittadino albanese è stato rimesso in libertà dal Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi dopo che il tribunale di Lecce ha stabilito che non poteva essere trattenuto oltre.
Infatti era già trascorso il termine di 30 giorni dalla convalida dell’originario trattenimento, e l’uomo aveva in precedenza presentato domanda di protezione.
Il giudice ha accolto le deduzioni difensive, secondo le quali ci si troverebbe di fronte a una illegittima privazione della libertà personale, riparabile in sede civile e penale per ingiusta detenzione.
Lo straniero è in Italia dal 2009 insieme con moglie e tre figli minori, di cui uno nato in Italia. Era stato fermato dopo che si era recato in questura a Rieti per chiedere protezione internazionale a metà ottobre.
Aveva anche la dichiarazione di ospitalità del fratello, regolarmente soggiornante e padre di un cittadino italiano, ma in Questura avevano scoperto che c’era già a suo carico un decreto di espulsione con divieto di reingresso. Per questo lo avevano trasferito nel Cpr pugliese.
La notizia è riportata da Melting Pot che si concentra soprattutto sull’aspetto legale della faccenda, in maniera tale che altri avvocati possano appellarsi agli stessi articoli e sentenze trovandosi di fronte casi simili.
Le notizie riguardanti il Cpr di Brindisi praticamente non arrivano sui mass media mainstream. C’è stata una vertenza tra i dipendenti del centro e la Prefettura, di cui praticamente nessuno si è accorto (è circolato un comunicato di Cgil-Fp in base al quale i dipendenti del centro di accoglienza / centro rimpatri hanno evitato la cassa integrazione). Il mese scorso un cittadino ghanese violento è stato portato nel centro dopo essere stato arrestato ad Ancona, ma le autorità non emettono comunicati al momento del rimpatrio o del rilascio. L’uomo potrebbe rimanere nel centro un massimo di tre mesi prima di tornare eventualmente sul territorio, in caso di mancata identificazione. Nel corso dei primi 11 mesi del 2021 un solo ghanese è stato rimpatriato a partire dai Cpr.
I siti di informazione italiani nominano il Ghana solo per l’esonero dell’allenatore della nazionale dopo gli scarsi risultati alla Coppa d’Africa. Sui siti in lingua inglese si discute di un possibile ricorso del Paese a Fondo Monetario Internazionale per un salvataggio dell’economia.
Il Paese è stato declassato ad un rating B- (da B) con outlook negativo dall’agenzia Fitch.
Il problema è il debito pubblico troppo alto.
Invece per quanto riguarda l’Albania, la notizia più recente riguarda la perdita di posizioni nella classifica dell’Indice di Percezione della Corruzione stilata dall’organizzazione Transparency International.
Il Paese era al 104° posto, adesso è al 110°.
Al vertice della classifica ci sono Danimarca, Nuova Zelanda e Finlandia, mentre all’ultimo due stati africani, Somalia e Sud Sudan, a cui si aggiunge la Siria.
L’Italia è al 56° posto, a pari merito con Santa Lucia e Polonia, ma è in salita (chi scende è il Botswana).
Dalla Somalia in queste ore arriva la notizia di un attentato contro un autobus, nel quale sarebbero morte almeno 13 persone.
In Sud Sudan c’è un governo di unità nazionale dal febbraio 2020, ma si parla di duemila vittime a causa in gran parte di violenze su base tribale e comunitaria, oltre che di violenze legate al quadro politico nazionale.
I cattolici locali chiedono da tempo una visita del Papa, ma ancora non ci sono le condizioni di sicurezza.
In Siria il bilancio dell’attacco ad una prigione da parte dei jihadisti è salito a 332 morti dal 20 gennaio. Lo ha scritto l’Ansa, sulla base di un comunicato dell’Osservatorio siriano sui diritti umani.

Sindacati di Polizia e Cpr di Torino

Il sindacato di polizia Libertà e Sicurezza ha chiesto la chiusura del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Torino. Il sito Il Torinese ha intervistato il segretario provinciale per capire i motivi che ci sono dietro questa richiesta.
Alla base di tutto c’è l’ultimo dato riguardante la percentuale sui rimpatri, da cui risulta che solo il 18% degli stranieri transitati nel Cpr torinese è stato poi rimpatriato.
In alcuni degli altri centri presenti sul territorio la percentuale è al disopra del 70%.
Ci si chiede a cosa serve trattenere delle persone al fine di riportarle al loro Paese se poi il rimpatrio si rivela impossibile. La privazione sarebbe “ingiustificata e fine a sé stessa”, come già stanno facendo notare attivisti, giuristi e autorità di garanzia.
C’è poi la questione dei tentativi di suicidio, che ha destato preoccupazione dopo che ha si è raggiunto il picco dei 6 al giorno. “Questi tentativi costringono a distogliere una importante aliquota di personale deputato al controllo del territorio per garantire la sorveglianza dei soggetti che hanno tentato il suicidio all’interno delle strutture sanitarie”, dice l’intervistato. Se dopo il tentativo di suicidio viene stabilita l’incompatibilità con la struttura detentiva, lo straniero viene rilasciato sul territorio con ordine di allontanarsi per conto proprio. “Chi è trattenuto presso il Cpr, se vuole ottenere la libertà, si trova costretto ad emulare il gesto degli altri”, dice il sindacalista. “Una beffa per il sistema. Chiudendolo risparmieremmo soldi dei contribuenti e daremmo più sicurezza al territorio”.
Più o meno le stesse cose le dice un altro sindacato di polizia, il Siulp, in un comunicato riportato dal sito La Gazzetta Torinese. “All’assenza di accordi bilaterali con i paesi di provenienza di molti extracomunitari si aggiunge una situazione paradossale legata alle simulazioni del tentato suicidio. Che comportano la quasi immediata liberazione di extracomunitari dal Cpr. Un pretesto grazie al quale riescono ad evitare il procedimento di espulsione dall’Italia”.
Con questo sistema gli stranieri tornano a circolare sul territorio, e per giunta tengono occupate le pattuglie delle volanti dei commissariati e dell’Upsgsp per il piantonamento continuativo in ospedale durante gli accertamenti dopo il tentato suicidio.
Il sindacato non chiede direttamente la chiusura del Cpr, ma dice di voler sensibilizzare mass media, politica e opinione pubblica attraverso una puntuale ricostruzione dei fatti “agevolando un’attenta riflessione sull’attuale reale funzionalità del Cpr”.
Normalmente i comunicati dei sindacati di polizia vengono ripresi acriticamente dalla stampa locale, senza suscitare risposte né da parte del mondo politico né da parte degli altri sindacati.
L’opinione pubblica non sa di preciso quanti sindacati di polizia ci siano, né quali siano i più rappresentativi, ossia quelli col maggior numero di iscritti.
Libertà e Sicurezza sta portando avanti una campagna contro l’obbligo vaccinale, visto che ci sarebbero 10 mila poliziotti che rischiano la sospensione e questo costituisce un ulteriore pericolo per la sicurezza. “Sì alla campagna vaccinale, no all’obbligo vaccinale” è lo slogan.
Ieri il sindacato ha pubblicato su Facebook una foto di Enrico Montesano col logo del Les e un messaggio di solidarietà ai poliziotti italiani. “Condivido la giusta iniziativa finalizzata al sostegno economico dei poliziotti sospesi”, ha detto il comico.
Posizioni molto diverse da quelle degli altri sindacati. A fine ottobre Italia Celere aveva definito “vergognoso e ingiustificabile” il fatto che il disegno di un poliziotto che sollevava il manganello era stata inserita nella locandina di una manifestazione coordinata da Montesano sotto la scritta “basta violenza”. “Questa locandina è un vero insulto ai poliziotti alla divisa ed è una chiara istigazione d’odio verso le forze dell’ordine”, aveva scritto Italia Celere su Facebook, ricordando che sono stati i “teppisti” a fare violenze e aggressioni, portando al ferimento di una cinquantina di poliziotti in quei giorni.
Il mese scorso Italia Celere aveva emesso un comunicato per lamentare il modo in cui era stato gestito uno sbarco da una nave-ong a Trapani, con i migranti che erano stati portati al centro rimpatri e fatti dormire per terra in sala mensa. Tra loro c’erano anche minori. Ci si chiedeva: perché non riconvertire il centro in hotspot, come è già successo in passato?
La notizia era stata riportata distrattamente in cronaca locale e non aveva suscitato reazioni, a parte un’interpellanza parlamentare del senatore Gasparri, rimasta apparentemente senza risposta.
Ieri mattina Italia Celere ha dedicato un post a quanto avvenuto alla stazione Termini di Roma, dove un nigeriano armato di coltello è stato fermato dalla polizia tra non poche difficoltà, “davanti a una folla assatanata di riprese live sparate su tutti i social”. “Sembra un film poliziesco e invece è la realtà; solo che nel film vincono sempre i buoni, qui i buoni passano da stupidi per colpa di una società a cui forse piace vivere insicura, incapace di scegliere tra il bene e il male”. I poliziotti avrebbero corso il rischio di essere indagati se avessero usato lo sfollagente, né erano in possesso del taser. “E allora è meglio immolarsi e andare incontro alla morte… pur senza un contratto per cui questo Governo ci deride e ci umilia”, scrive il sindacato. “Eroi, questi ragazzi sono eroi veri perché, pur sapendo cosa sia giusto fare, preferiscono andare incontro alla morte, in quei pochi secondi pensano a mille cose, a chi hanno a casa, a non passare da cattivi, a non farsi cacciare dalla polizia, etc.”
Non poteva mancare l’intervento social del segretario della Lega Salvini: “Un bel permesso di soggiorno con reddito di cittadinanza anche per questo ‘signore’???”, ha twittato, condividendo il filmato del nigeriano inseguito dagli agenti, tratte da Sky Tg 24 e riprese da un passante col cellulare.
Intanto Repubblica ha postato un filmato di alcuni secondi girato sul gommone dallo straniero che è morto a Roma qualche giorno fa. Il ventiseienne tunisino era finito al Cpr di Ponte Galeria, da cui era stato trasferito poi nel reparto psichiatrico di un ospedale. Tre giorni dopo è morto per arresto cardiaco. Sul suo caso è stata aperta un’inchiesta.

L’Asgi non può visitare le aree di sicurezza degli aeroporti

L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione ha chiesto di poter visitare le aree di sicurezza presenti negli aeroporti di Malpensa e Fiumicino nelle quali vengono trattenuti gli stranieri arrivati in aereo a cui non viene riconosciuto il diritto di ingresso sul territorio italiano.
Secondo l’Asgi i locali non sono idonei al trattenimento perché isolati dal mondo esterno, senza accesso all’aria aperta, con scarse possibilità di consultare un legale, e senza che sia stato emesso alcun ordine di detenzione convalidato da un giudice.
L’attesa, per queste persone, è di alcuni giorni, anche se non si dice di solito quanto tempo ci vuole. Non ci sarebbe un tempo massimo di permanenza stabilito dalla legge.
Le autorità hanno rifiutato all’Asgi il permesso di visitare le strutture, visto che si tratta di aree riservate in uso alle forze di polizia chee non sono destinate ufficialmente al trattenimento. Non rientrerebbero quindi nella categoria di quelle visitabili dagli “enti titolari di interessi diffusi” che invece hanno la possibilità di visitare i centri per i rimpatri in base a un regolamento ministeriale del 2014.
L’Asgi ha annunciato che presenterà ricorso. La notizia è riportata da Redattore Sociale, a cui attinge il sito della diocesi di Padova Difesa del Popolo.
Sul Piccolo intanto si parla di una proposta di potenziamento del tribunale di Gorizia, necessario anche a causa della presenza sul territorio di sua competenza del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Gradisca d’Isonzo “che ha un grande impatto sia per le udienze che per la complessità delle problematiche umane e sociali che coinvolgono inevitabilmente il personale”. A quanto si sa è il giudice di pace ad occuparsi della convalida dei trattenimenti; non farebbe parte della magistratura ordinaria. La voce di Wikipedia che affronta l’argomento è soltanto un abbozzo.
A fine gennaio sempre Il Piccolo aveva raccontato che l’ufficio del locale giudice di pace era praticamente al collasso, dovendo gestire annualmente oltre 100 udienze di convalida del fermo e oltre mille procedimenti riguardanti i migranti irregolari, che si aggiungono ad oltre duemila fascicoli ordinari. I provvedimenti riguardanti il Cpr hanno la precedenza su tutto il resto, perché c’è un termine di 48 ore, scaduto il quale lo straniero viene rilasciato se manca la convalida del trattenimento.

Polizia in imbarazzo per i camici anti-covid

Per trasferire 21 migranti positivi al coronavirus da un centro di accoglienza di Rocca di papa all’ospedale militare del Celio, i poliziotti sono stati costretti ad indossare dei lunghi camici azzurri di plastica che hanno messo gli agenti un po’ in imbarazzo. Il rappresentante di uno sconosciuto sindacato degli agenti, Es, ha detto che non si può fronteggiare la prevedibilissima impennata di arrivi durante la pandemia facendo apparire i poliziotti come fossero puffi.
Es significa Equilibrio Sicurezza. Il sindacato non ha una pagina su Wikipedia. Il sito web ufficiale non dice in breve quando è stato fondato e perché. Nella polizia esistono numerosi sindacati. Ogni tanto i siti web fanno copia e incolla dei loro comunicati, senza entrare nel merito, e senza fornire informazioni su quali siano quelli più rappresentativi (col maggior numero di iscritti).
Nel comunicato c’è anche un rapido riferimento al fatto che qualcuno (non si dice chi) ha accostato strumentalmente la polizia italiana a chi ha ucciso “il povero George Floyd”.
Il comunicato è stato ripreso dal sito di destra Il Primato Nazionale.
Anche Salvini è rimasto colpito da quanto è avvenuto: sui social ha condiviso quattro fotografie dei poliziotti abbigliati nella strana tenuta anti-contagio, aggiungendo la solita contrapposizione: “multe e restrizioni per gli italiani, ma porti spalancati per gli immigrati che vagano in giro per l’Italia”. In realtà quello che la polizia sta facendo è proprio tentare di non far vagare gli immigrati, tenendoli isolati rispetto alla popolazione e agli altri stranieri sbarcati.
Un servizio fotografico scattato a distanza durante le fasi di trasferimento è stato pubblicato sul sito del Messaggero. Si vedono soltanto blindati, agenti e ambulanze. Nessun riferimento alle tenute degli agenti, se non per il fatto che i poliziotti sono stati schierati “in totale protezione”.
Di Maio e Lamorgese sono stati in Tunisia per mettere a punto misure per fronteggiare i flussi migratori.
Secondo i politici di centrodestra il Governo sta per ora procedendo sulla stessa linea dei decreti sicurezza fatti approvare da Salvini, ma questo non dà nessuna soddisfazione, visto che comunque la maggioranza ha deciso di “cancellare” i decreti sicurezza a partire dal mese prossimo.
Fratelli d’Italia insiste a chiedere il “blocco navale” per fermare le partenze.
Il Giornale ha pubblicato un articolo che riporta esclusivamente le reazioni dell’opposizione, linkandolo ad un articolo di Inside Over dal titolo “La beffa tunisina sull’immigrazione”.
Qui si parla ripetutamente di “schiaffo”, per il fatto che l’Italia paga enormi cifre alla Tunisia per i progetti di cooperazione economica, apre il proprio mercato ai prodotti provenienti dallo Stato nordafricano, e nonostante questo riceve il 42% dei migranti in arrivo attraverso il Mediterraneo proprio a partire dalle coste tunisine.
Un notevole ostacolo al successo del viaggio dei ministri italiani in Tunisia è costituito dal fatto che laggiù il Governo è appena caduto, e le trattative tra i vari partiti per formarne un altro stabile sono ancora agli inizi.
L’articolo di Inside Over racconta che insieme ai rappresentanti del Governo italiano c’erano due commissari europei, di cui riporta i nomi, ma non gli incarichi. Si trattava della commissaria agli Affari interni Johansson e del commissario al Vicinato e Allargamento Varhelyi.
Libero ha messo nel titolo un estratto di una dichiarazione proveniente da Fratelli d’Italia, secondo cui l’Italia starebbe “pagando il pizzo” alla Tunisia.
Di Maio non ha più twittato nulla da prima di Ferragosto.
Un video-comunicato del ministro degli Esteri è stato però pubblicato sul sito di Radio Radicale. La Tunisia è un Paese sicuro, ha detto di Maio, quindi chi proviene da lì verrà rimpatriato. L’Italia è pronta a fornire tutte le strumentazioni che servono per bloccare le partenze, ha detto di Maio, l’intervento italiano servirà a contrastare in ogni modo le attività dei trafficanti. Blocco delle partenze e rimpatri sicuri sono i due pilastri che caratterizzano la linea politica del Governo italiano su questo fronte.
Defilati come al solito i leader democratici. Gli ultimi due tweet di Zingaretti sono messaggi promozionali che servono per pubblicizzare il suo canale Telegram personale e la festa dell’Unità di Modena.
I dati diffusi la settimana scorsa a proposito della Tunisia parlano di un tasso di disoccupazione che potrebbe arrivare al 19% e di una recessione economica del 6,5% prevista per l’anno in corso.
Il presidente del Consiglio incaricato di Tunisi vuole formare un governo esclusivamente di figure indipendenti anziché un “governo politico alimentato da tecnocrati”, come proposto dalla locale Corrente democratica.
Altro argomento di discussione a livello politico in Italia riguarda l’esito della sanatoria decisa dalla ministra delle politiche agricole Bellanova. Secondo la Meloni è stata un fallimento: l’85% delle regolarizzazioni riguardano colf e badanti (uomini) “che con ogni probabilità si licenzierà appena ottenuto il permesso di soggiorno”. Le sue dichiarazioni sono state riportate dal Tempo, senza nessuno spazio per le repliche (neanche i commenti degli utenti).
Dalla Sicilia giunge la notizia della fuga di migranti da un Centro di Accoglienza Straordinario di Messina. Notizia che attira l’attenzione a livello nazionale anche perché il sindaco della città, Cateno De Luca, già noto per le sue decise prese di posizione, ha diffuso un suo video-sfogo sui social network nel quale ordina “sommessamente” alla ministra dell’Interno di “chiudere definitivamente con le politiche sbagliate”: “Le consiglio: lei deve continuare sulla linea della solidarietà, però lei i migranti li deve portare al Parlamento. Lì sono al sicuro. Metteteli alla Camera e al Senato. E così siamo tutti tranquilli. Io sono per la solidarietà, ma non più a Messina, in questa struttura che si è dimostrata un colabrodo”. Non appena finisce la quarantena, il primo cittadino, in qualità di massima autorità locale, comincerà “a dare calci in culo nei confronti di chiunque” . Che, tradotto in italiano, significa niente più migranti, né Cas, né hotspot, né strutture di accoglienza di altro genere.

Anche Vicenza manifesta per Floyd

Ieri ci sono state due manifestazioni a Vicenza sulla scia delle proteste che stanno avvenendo in America dopo la morte di George Floyd, soffocato da un poliziotto mentre veniva arrestato. Vicenza Più scrive che la mattina hanno manifestato gli studenti in piazza Castello e il pomeriggio i centri sociali in piazza Matteotti. Un migliaio di persone in tutto. Il sito accenna alla presenza di “diversi esponenti del Partito Democratico e del centrosinistra”, ma fa soltanto il nome di un esponente del Psi, allarmato dalle notizie di femminicidi, assalti a coppie omosessuali, riemergere della violenza fascista, e atteggiamenti discriminatori nei confronti degli stranieri fuggiti dai loro paesi. Insomma il problema non è solo in America, ma anche in Italia. Il sito riporta anche una dichiarazione proveniente dagli esponenti del centro sociale Bocciodromo, in cui si parla degli omicidi per mano razzista senza video nel Cpr di Gradisca, nelle campagne calabresi o per le strade di Firenze e Milano.
L’articolo non fornisce approfondimenti, ma il riferimento al centro rimpatri friulano riguarda la morte di un ventenne georgiano avvenuta a gennaio scorso. I testimoni avevano raccontato che il giovane era stato arrestato violentemente e trascinato via dalle forze dell’ordine intervenute a sedare una rissa.
In altre città italiane erano previsti eventi in memoria di George Floyd, tra cui Torino. Una pagina dedicata all’evento era stata creata su Facebook da due sigle, No Justice No Peace Torino e Rete 21 Marzo.
La prima è nuova: è su Facebook solo dalla settimana scorsa, e sulla sua pagina è stato caricato un video con la diretta degli interventi che dura quasi un’ora (oltre 1300 visualizzazioni).
La seconda è su Facebook già da cinque anni, e ha diffuso varie fotografie dei manifestanti in piazza, distanziati uno dall’altro nel rispetto delle precauzioni anti-coronavirus.
Anche piazza Maggiore e piazza Nettuno a Bologna si sono riempite di manifestanti. Il sito locale di Repubblica ha postato un servizio fotografico dedicato all’evento, e la lista parziale degli organizzatori: tra gli altri c’erano Arci Ritmo Lento, Amici di Piazza Grande, Link e Coalizione Civica.
I leader politici italiani hanno scelto di non esporsi su quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Il direttore di Repubblica ha scritto un editoriale (si può leggere solo a pagamento) che ha destato un po’ di malcontento sui social perché contiene anche la condanna delle devastazioni che ci sono state nel corso delle proteste americane.
Huffington Post ha pubblicato l’intervento di uno psichiatra che tende ad escludere che “tutta questa esplosione americana di violenza” possa riprodursi allo stesso modo in Europa e in Italia, nonostante le conflittualità economico sociali e la presenza di movimenti antidemocratici e culture respingenti e aggressive. Si tratta di contesti troppo diversi.
Intanto le cronache raccontano di tafferugli avvenuti ieri a Roma nel corso di una manifestazione dell’estrema destra (con l’obiettivo di allontanare i giornalisti dal corteo) e di un incendio scoppiato a Lampedusa tra i relitti delle imbarcazioni usate dai migranti (possibile la matrice xenofoba).

Ferrara, 28 accompagnamenti al Cpr in un anno. Nulla di nuovo dalla Alan Kurdi. Problemi per i migranti a Nettuno

Tra marzo dell’anno scorso e marzo di quest’anno 28 persone sono state accompagnate ai Centri di Permanenza per i Rimpatri a partire da Ferrara, mentre 25 sono stati rimpatriati in maniera coatta. Il totale delle “espulsioni” è di 229. Lo ha fatto sapere la locale Questura in un comunicato diffuso in occasione dell’anniversario della fondazione della Polizia di Stato.
Nel comunicato si accenna anche alla cattura di due maman per sfruttamento della prostituzione anche minorile. Sul web si trova ben poco sull’argomento. Un articolo del Giornale, datato dicembre 2019 attingeva qualcosa da La Nuova Ferrara, e raccontava di un’indagine partita dalla denuncia di una quindicenne nigeriana che si era ribellata. Dalle intercettazioni risultava anche la possibilità di far prostituire una dodicenne. Si parlava di riti voodoo usati per ricattare la famiglia o le ragazze, e dello sforzo fatto dalla massima autorità religiosa del popolo Edo per condannare l’uso del voodoo per scopi del genere. Accanto all’articolo, foto generica di una prostituta di spalle.
La presa di posizione del capo religioso nigeriano risale al marzo 2018, ed era stata raccontata dal sito Agensir.
L’articolo riportava anche la reazione di un’esponente della cooperativa BeFree, che si occupa in Italia delle vittime di tratta e le segue nel loro percorso di emancipazione.
Pochi giorni fa BeFree si è associata alla richiesta di bloccare i nuovi ingressi nei Cpr e di disporre misure alternative al trattenimento, visto che nell’ambito dell’emergenza coronavirus i rimpatri sono al momento fermi.
L’ultimo comunicato diffuso invece riguarda la situazione delle persone senza fissa dimora.
Nessuna novità intanto dalla nave Alan Kurdi, che ha a bordo un centinaio di migranti che il governo italiano non ha autorizzato a sbarcare con la scusa che, a causa dell’emergenza coronavirus, i porti italiani non possono essere considerati sicuri.
Il Governo italiano pensa di avere scaricato la patata bollente sulla Germania, in qualità di stato di bandiera dell’imbarcazione. Sarebbero i tedeschi a dover indicare un porto di sbarco sicuro, dice la ministra dei Trasporti italiana, senza fornire dettagli concreti: esistono in tutto il Mediterraneo Paesi immuni al coronavirus? O si sta chiedendo all’imbarcazione di circumnavigare l’Europa per arrivare in Germania? O di tornare in Africa?
La Ong Human Rights Watch ha scritto un articolo, in inglese, in cui afferma che gli Stati dovrebbero far sbarcare i migranti e allo stesso tempo tutelare la loro salute.
La decisione italiana di chiudere i porti ha indignato numerosi politici, tra cui Matteo Orfini del Partito Democratico, che ieri mattina ha pubblicato su Facebook un appello diretto al Governo, insieme con l’elenco delle adesioni.
Adnkronos si è limitata a pubblicare in cinque righe una dichiarazione di Orfini, senza aggiungerci nessun dibattito. Sui siti di destra invece ci si è fermati alle reazioni ad una battuta che il deputato aveva diffuso sui social la settimana scorsa sull’esigenza di limitare i messaggi vocali, che è stata commentata perfino da Salvini.
Su Twitter il messaggio incriminato non c’è, ma c’è la precisazione di Orfini. Secondo il quale la proposta era “scherzosa”, ma Salvini “unico in Italia, non lo capisce e fa un post indignato accusando me e Zingaretti di voler mettere il bavaglio al paese. E questa volta nemmeno ha la scusa del mojito”.
Seguono ben 1.400 commenti degli utenti, 795 retweets, 6.500 Mi Piace. Solo 400 commenti invece sotto la segnalazione di quanto avvenuto a Nettuno, dove “assessori e consiglieri sfidano i divieti ed escono in strada per bloccare l’arrivo di 50 migranti”, come dice il titolo di Repubblica la cui foto è stata postata dal parlamentare.
“Una cosa gravissima”, è il tweet di Orfini, “Sono certo che la ministra Lamorgese correggerà questa follia e si assicurerà che chi ha violato le norme venga immediatamente denunciato”.
La storia è stata raccontata anche dal Manifesto, che evidenzia nel titolo che i migranti sono andati altrove.
Il trasferimento a Nettuno era stato deciso per evacuare una struttura di via Casilina a Roma, dopo la segnalazione di un contagio da coronavirus.
L’articolo riporta commenti circolati tra gli utenti di destra dei social che accennano addirittura alla lotta armata.
Il sindaco di Nettuno si è detto felice per l’esito della mobilitazione, affermando inoltre di avere collaborato con le forze di polizia per tenere bassi i toni della protesta, insieme ai suoi consiglieri.
Orfini si era detto sicuro che la ministra Lamorgese avrebbe corretto questa “follia”. Dal Viminale però non arrivano dichiarazioni degne di nota. Per distinguersi dal suo predecessore, onnipresente, l’attuale ministra sceglie di essere quasi invisibile su questo fronte.
Vero è che ha altre preoccupazioni: le sue ultime dichiarazioni di rilievo riguardano le violazioni ai divieti di circolazione, e l’auspicio che non si decida di trasgredire in massa a Pasqua e Pasquetta. Ma soprattutto c’è lo scontro col sindaco di Messina, a proposito delle misure decise da quest’ultimo per chi intendeva oltrepassare lo Stretto.
Il Ministero è intervenuto per bloccare un’ordinanza del sindaco, considerata illegittima in quanto limitava la libertà di movimento. Il primo cittadino ha risposto ora su Facebook, usando anche parole grosse.
Pochi giorni fa, il sindaco è già stato denunciato dal Ministero dell’Interno per vilipendio, “a seguito delle parole gravemente offensive e lesive dell’immagine per l’intera istituzione che rappresenta, pronunciate pubblicamente e con toni minacciosi e volgari”.

Buio sul corteo

Si è svolto ieri a Roma il corteo nazionale contro le leggi sicurezza fatte approvare dal precedente governo e non ancora cambiate dal governo attuale (si attendono modifiche entro i primi mesi del 2020). I manifestanti sarebbero stati circa 5 mila, a quanto scrive il Messaggero che riporta la notizia in tre paragrafi, senza il nome di neanche uno dei partecipanti. La foto è quella di una ragazza che regge un cartello con scritto: “La vera sicurezza è… il diritto alla casa”.
La notizia al momento non compare nella home page del quotidiano, mentre sugli altri siti web è blackout informativo totale. A quanto pare nessuno si è interessato di ciò che è successo.
Radio Onda d’Urto, di Brescia ha seguito in diretta l’evento, realizzando qualche intervista che si può ascoltare sul sito, tra cui una a Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas. Bernocchi dice che la destra sta sfruttando un sentimento popolare che è “preoccupantissimo”: invece di prendersela con chi sta in alto, alcuni settori della società se la stanno prendendo con gli ultimi arrivati, i quali sono “veramente pochi”. “L’anno scorso sono emigrati dall’Italia 130 mila italiani … mentre sono entrate in Italia 9 mila persone. Cioè sono usciti dall’Italia dieci volte tanto quelli che sono entrati. Non solo, i migranti che stanno in Italia reggono l’economia italiana. Se per paradosso decidessero tutti quanti di andarsene, l’Italia crollerebbe in una settimana: non solo le industrie, i bar, gli alberghi, i ristoranti, i negozi, ma addirittura le famiglie, perché le badanti ormai sono centinaia di migliaia”.
Global Project ha caricato sul suo sito i video di sei degli interventi gridati dall’amplificazione da parte degli attivisti durante il corteo (Forum Indivisibili, Movimento migranti e rifugiati di Caserta, Melting Pot, Centri sociali Nord-est, Open Your Borders, Paratodos Verona).