Salvini commenta il presepe

Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha pubblicato su Twitter le foto del presepe vivente che è stato messo in scena nella piazza del duomo di Milano, con un gommone al posto della mangiatoia.
“Non so se ridere o piangere, mi limiterò a un #vivailNatale”, ha scritto lui, attribuendo l’iniziativa ai soliti “kompagni”, che “se va bene, il presepe in casa non l’hanno mai fatto in vita loro”.
Il tweet ha raccolto finora 481 commenti.
Il sito del Giornale si limita a riportare la notizia, senza aggiungerci niente, e senza ottenere commenti.
Ad organizzare l’iniziativa è stata la rete No Cpr, che sta organizzando per il 19 gennaio una assemblea generale in vista di una manifestazione contro i Cpr e contro il Decreto Salvini. Si parla di fare pressione sulle autorità “per la disapplicazione delle leggi anticostituzionali”.
All’inizio del mese un corteo contro Salvini ha visto la partecipazione di migliaia di persone (20 mila secondo gli organizzatori).
L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) prevede che in base al decreto Salvini circa 70 mila stranieri diventerebbero irregolari, restando sul territorio italiano visto che è tecnicamente impossibile espellerli tutti. Al ritmo attuale ci vorrebbero 90 anni, dice l’istituto, sempre che non ne arrivino altri nei prossimi anni.
L’Ispi ha pubblicato sul suo sito dei grafici che mostrano la situazione e le simulazioni su quello che accadrà con il decreto Salvini. Se lo scenario base prevedeva la salita fino a 600 mila irregolari in Italia entro il 2020 (nel 2013 era a 300 mila), col decreto Salvini la linea vira nettamente in direzione dei 700 mila (la stima è 670 mila irregolari entro il 2020).
“Gli stranieri irregolari che non vengono rimpatriati possono sopravvivere solo grazie al lavoro nero o ad attività criminali, e sono anche esposti a un rischio ben superiore di marginalizzazione. E’ questo uno dei motivi per i quali l’irregolarità si accompagna a livelli di criminalità molto alti”, scrive l’istituto.
Nel frattempo Internazionale ha riportato la notizia di un nuovo rapporto Onu che denuncia gli orrori in Libia, e che è stato diffuso pochi giorni prima del viaggio del premier Conte nel paese nordafricano che si è appena concluso.
Il rapporto è stato stilato sulla base delle testimonianze raccolte tra gennaio 2017 e agosto 2018, e si riferisce ad episodi relativi anche a più di un anno fa, che comunque sono rimasti impuniti.
Le autorità libiche non sono in grado di arginare il problema. Le milizie sono integrate nelle istituzioni. E le istituzioni talvolta sono loro complici, hanno scritto i funzionari dell’Onu.
Si parla di bruciature con ferri caldi, torture con cavi elettrici, richieste di riscatto. Perfino di esecuzioni sommarie.
Il premier Conte ha appena incontrato tutti i principali protagonisti della scena politica libica, gli stessi che hanno partecipato alla conferenza di Palermo il mese scorso, e ha auspicato che il 2019 sia l’anno della svolta.
E’ allo studio l’attivazione di un nuovo Accordo di Amicizia tra i Italia e Libia. Come quello che era stato firmato con Gheddafi prima di bombardarlo?

L’Italia rimanda la decisione sul Global Compact. La Tunisia contro i rimpatri unilaterali

Mentre altri stati hanno sottoscritto il Global Compact sulle migrazioni (che comunque non è vincolante) l’Italia ha rimandato la sua decisione.
Il ministro Salvini aveva detto che sarebbe stato il Parlamento a decidere se aderire, in maniera democratica, e il Parlamento si è occupato ieri della questione. Approvando una mozione congiunta Lega-Cinque Stelle che rimanda il tutto a quando si sarà valutata “l’effettiva portata” dell’adesione.
Scrivono i giornalisti che probabilmente la formula serve a mascherare una spaccatura interna al Movimento 5 Stelle, e quindi con la Lega. Mentre i leghisti sono assolutamente contrari, una corrente del Movimento, di cui fanno parte Fico e Conte, sarebbe favorevole. Quindi si sarebbe deciso di prendere tempo in attesa di una soluzione.
Nelle ultime ore il trattato è stato ratificato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con 152 voti a favore, 12 astenuti e 5 contrari, tra cui Ungheria e Stati Uniti.
Poche ore prima si era votato per un altro Global Compact, quello sui rifugiati. In quel caso l’Italia aveva votato a favore, suscitando le proteste di Fratelli d’Italia: “Chi e dove ha deciso il voto italiano?”, si era chiesta la leader Giorgia Meloni.
Intanto arrivano delle dichiarazioni vaghe dalla Tunisia che destano qualche preoccupazione. Il ministro degli Affari sociali del paese nordafricano ha detto che la Tunisia “rifiuta categoricamente” i rimpatri forzati e unilaterali da parte dei paesi di accoglienza. Dove, per paesi di accoglienza si intenderebbero i paesi che non vogliono l’accoglienza, ovvero che non sottoscrivono trattati internazionali.
“Il governo sostiene il loro diritto all’integrazione e all’ottenimento dei diritti nei paesi di accoglienza, ed è pronto a favorire il loro rientro qualora lo volessero”, avrebbe detto il ministro a proposito degli emigrati.
Tanto che il sito del Corriere ha scritto “Tunisi ferma i rimpatri”, anche se non sembra ci sia stato finora alcun cambiamento negli accordi bilaterali tra Italia e Tunisia.
Semmai è prevedibile che il Paese nordafricano si opporrà a qualsiasi tentativo di estendere il programma di rimpatrio proposto dal Governo Italiano. Salvini di recente si è rammaricato per il fatto che al ritmo di 50 rimpatri a settimana ci vorranno ottanta anni per “riportarli a casa” tutti.
Un tunisino con precedenti per droga e reati contro il patrimonio è stato rimpatriato due giorni fa, dopo aver scontato la pena nel carcere di Busto Arsizio.
A proposito di Global Compact, su Twitter sono in evidenza numerosi tweet di Casapound, che ha manifestato nei pressi di Montecitorio per opporsi alla ratifica del trattato (i leader hanno contestato anche la scelta di “spostare la polvere sotto il tappeto” con la decisione del rinvio), e quelli di Giorgia Meloni, che si rammarica per la bocciatura della mozione presentata dal suo schieramento.
Tra i favorevoli invece c’è Marco Furfaro, di area Sel, che rimane perplesso per come è stata gestita la situazione: prima Conte aveva annunciato il sì, poi si era detto che era meglio lasciare decidere il Parlamento. Il quale infine “decide di non decidere”: “Una vergogna, che ridicolizza il nostro Paese”, twitta lui, condividendo la foto della mozione che impegna il governo al rinvio, con firme di D’Uva e Molinari. Poco prima aveva condiviso un link ad una intervista della Boldrini al Manifesto, pubblicata ieri mattina, in cui l’ex presidente della Camera accusava il Governo di avere perso ogni credibilità in questo ambito.

Oxfam: 120 mila migranti diventeranno irregolari nei prossimi anni

In occasione della giornata internazionale dei migranti che ricorreva ieri, la ong Oxfam ha diffuso un rapporto in cui afferma che 120 mila migranti diventeranno irregolari nel giro dei prossimi 2 anni a causa del decreto sicurezza.
70 mila sono le pratiche arretrate che saranno esaminate dalle Commissioni Territoriali secondo le nuove disposizioni di legge, a cui si aggiungerebbero 30 mila permessi per motivi umanitari non rinnovati, e oltre 20 mila non rilasciati.
La notizia viene riportata da Redattore Sociale, e ripresa da vari siti web.
Nelle ultime ore ci sarebbero state indicazioni verbali da parte del Governo ai Prefetti per sospendere momentaneamente le revoche dell’accoglienza in attesa di una circolare ministeriale in proposito, per evitare di mettere troppe persone in strada abbandonate a sé stesso proprio a ridosso dell’approvazione del decreto.
Gli arrivi intanto non si sono fermati: da ottobre oggi sarebbero “oltre 2 mila”, secondo l’associazione, che prevede “un drammatico incremento del conflitto sociale, della marginalità, del risentimento, della povertà”.
Oxfam ha diffuso anche le testimonianze di alcuni degli stranieri che rischiano di essere tagliati fuori, tra cui un africano vittima di traumi fisici e psicologici nelle carceri libiche.
Un video promozionale (con musichetta di sottofondo per creare empatia) è stato diffuso su Youtube da Oxfam con la testimonianza dello straniero in questione e di uno degli attivisti che si sta occupando della sua situazione.
Un altro filmato mostra la storia di una donna fuggita dalla Nigeria mentre era incinta. Sua figlia è nata appena arrivata in Italia. Lei ha diritto all’accoglienza solo perché è stata trasferita dal Cas allo Sprar prima del 5 ottobre. Dopo il decreto Salvini, casi come il suo saranno esclusi dall’accoglienza.
La giornata dei migranti è passata pressoché sotto silenzio sui mass media e nella società. Non si segnalano iniziative di rilievo. Vari siti hanno riportato un comunicato di un “Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina Diritti Umani”, in cui si racconta che la data del 18 dicembre è stata scelta nel 2003 per commemorare la morte di 28 lavoratori del Mali che morirono nel 1972 stipati in un camion che viaggiava nel tunnel del Monte Bianco in direzione della Francia.
Intanto l’Italia ha votato a favore del Global Refugee Compact all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che da qualcuno è stato confuso col Global Compact sui migranti, il patto che è stato firmato nella conferenza che si è tenuta nei giorni scorsi a Marrakech a cui l’Italia non ha partecipato.
La Lega è contraria alla firma a quest’ultimo documento, e vuole che se ne discuta democraticamente in Parlamento, dove voterà contro e spera di convincere il Movimento 5 Stelle a fare altrettanto. Nel Movimento c’è però una corrente, riconducibile a Conte e Fico, che sarebbe intenzionata a votare a favore. Qualcuno dice che l’Italia attenderebbe di vedere come si metteranno le cose nei paesi che hanno già firmato, ma l’inizio della discussione in Parlamento era prevista per ieri sera.
Il Refugee Compact è stato respinto soltanto da due Stati: gli Stati Uniti e l’Ungheria.
Un articolo che spiega in maniera molto dettagliata cosa prevede questo accordo e che differenza c’è col Global Compact è stato pubblicato sul sito Today.
Scrive il sito che anche un esponente leghista si è espresso a favore, pur lamentando il fatto che il Parlamento italiano non sia stato informato prima della decisione italiana di votare sì.
Il Fatto Quotidiano dice che la discussione alla Camera sul Global Compact di Marrakech si svolgerà oggi. E che Casapound ha annunciato iniziative nei dintorni di Montecitorio, ieri e oggi.
Giorgia Meloni due giorni fa ha pubblicato un tweet polemico contro il voto che c’è stato alle Nazioni Unite. “Apprendo che le Nazioni Unite hanno approvato il Global Compact sui rifugiati, preludio di quello sui migranti”, ha scritto la parlamentare, linkando un articolo del Giornale. “Apprendo anche che il governo italiano ha votato a favore. Scusate, ma chi e dove ha deciso il voto italiano?”.
Ieri parlando della giornata dei migranti e del vertice di Marrakech, il sito Futuro-Europa provava a chiarire la differenza tra migranti e rifugiati, due termini che di recente vengono “erroneamente usati come sinonimi”: “Il migrante è colui che volontariamente lascia il proprio Paese per andare a cercare lavoro e condizioni di vita diverse e migliori. Il rifugiato è un essere umano che ‘temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o no vuole, a causa di tale dipore, avvalersi della protezione di tale paese’ (art. 1 della convenzione di Ginevra del 1951)”.

L’Onu critica i Cie

La relatrice speciale dell’Onu sulla tratta di esseri umani, Joy Ngozi Ezeilo, ha presentato alla stampa le conclusioni preliminari della visita svolta in Italia dal 12 settembre scorso.
Lo riporta Diario del Web. Un’intervista con la Ezeilo è stata realizzata da Radio Vaticana. Entrambi i siti hanno pubblicato accanto all’articolo una foto di repertorio di anonimi stranieri. Per vedere una fotografia della Ezeilo bisogna andare sul sito dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (Ohchr), dove c’è anche una lunga biografia della relatrice (in inglese).
La Ezeilo ha dichiarato che i Centri di Identificazione ed Espulsione sono delle prigioni, in cui le condizioni di detenzione sono rese più dure da carenti condizioni sanitarie, ambiente duro, e scarsa assistenza.
Manca da parte degli italiani la consapevolezza che chi fornisce alcuni servizi sessuali o di manodopera sia vittima di uno sfruttamento degradante e disumano.
Dare la priorità alla sicurezza delle frontiere senza un’adeguata attenzione agli obblighi internazionali dell’Italia di rispetto dei diritti umani “si rivela un modo inefficace e insostenibile per contrastare l’orribile fenomeno della tratta delle persone, soprattutto donne e bambini”, ha detto la relatrice.
Il tipo più diffuso di sfruttamento è quello a fini sessuali, seguito dallo sfruttamento lavorativo, presente in particolare nel sud del paese e nei settori agricolo ed edilizio. Un terzo settore, in crescita, è quello dell’accattonaggio da parte dei bambini, soprattutto rumeni.
Le vittime di tratta provengono soprattutto dall’Africa e dall’Europa orientale.

L’Italia ha fornito armi ai regimi

Qualche tempo fa (ottobre 2011) Amnesty International ha messo a punto un rapporto in cui analizza la fornitura di armi a cinque stati che poi le hanno probabilmente utilizzate in attività contrarie ai diritti umani. C’è un solo stato che ha rifornito tutti e cinque i paesi. L’Italia.
In gran parte dei casi la trasparenza su questo tipo di commercio riguarda soltanto il valore in denaro dello scambio. E’ impossibile risalire al tipo di arma venduta, e all’uso che ne è poi stato fatto. In alcuni casi il velo viene squarciato, come nel caso di una fornitura di 7500 pistole e 3700 fucili venduti dall’Italia alla Libia nel 2009. Il traffico non era stato catalogato alla voce vendita armi da guerra, ma visto che dopo c’è stata la guerra civile, non è difficile immaginare come siano state utilizzate quelle armi.
L’opinione pubblica ha potuto conoscere tutto questo solo grazie ad un errore avvenuto a Malta, dove sono stati diffusi dati che sarebbero dovuti rimanere segreti.
Uno degli stati che viene monitorato è l’Egitto, che l’Italia avrebbe rifornito con quasi cinquanta milioni di euro di armi piccole e relative munizioni.
Al momento in Egitto si è giunti alla seconda fase delle elezioni. I partiti islamici sarebbero sempre in netto vantaggio. Ci sono state vittime nel corso delle recenti manifestazioni di protesta.
Verso molti degli stati protagonisti di repressioni sanguinose è scattato un embargo nel commercio di armi. “Troppo poco e troppo tardi”, ha commentato la portavoce di Amnesty International. Secondo lei bisognerebbe valutare prima e meglio le probabilità che le armi in vendita possano essere utilizzate per compiere o facilitare violazioni dei diritti umani, e in caso di risposta positiva, bloccare immediatamente questo tipo di trasferimenti.
Nei giorni scorsi il governo italiano ha cominciato a riallacciare i rapporti con la Libia, ripristinando anche alcuni punti del vecchio trattato che legava l’Italia col regime di Gheddafi. Fondi libici, bloccati durante la guerra, sono stati sbloccati. Siamo sicuri che non riprenderanno anche le vendite di armi?