15 settembre LasciateCIEntrare

La campagna LasciateCIEntrare torna alla carica nel chiedere la trasparenza per quanto riguarda la gestione dei Centri di Permanenza per i Rimpatri. I giornalisti hanno chiesto di entrare nelle varie strutture il 15 settembre prossimo, grazie all’appoggio di alcuni parlamentari disposti a visitare i centri rimpatri qualificando i giornalisti come propri collaboratori.
Normalmente i rappresentanti della stampa possono chiedere di essere ammessi nei Cpr inviando una richiesta scritta tramite posta elettronica certificata, senza possibilità di parlare col responsabile delle autorizzazioni neanche per telefono. Spesso le e-mail vengono snobbate, ma in alcuni casi arriva una risposta negativa, contenente un rifiuto sulla base di pretesti “pretestuosi”, come si legge in un articolo pubblicato su Melting Pot. A uno dei giornalisti è stato risposto che “in considerazione di esigenze di tutela degli ospiti presenti nell’attuale contesto emergenziale sanitario non si ritiene opportuno consentire l’accesso”. “Quando riuscirò a entrare, grazie all’eurodeputata Eleonora Evi, voglio torgliermi la soddisfazione di verificare se le norme anti-covid sono rispettate all’interno del Cpr, con tante persone costrette a vivere assieme in spazi chiusi e affollati, e con che misure il ministero si prodiga per la tutela degli ospiti presenti”, ha scritto il giornalista.
L’iniziativa è stata appoggiata da una manciata di onorevoli. Oltre alle Evi, di Europa Verde, vengono citate Doriana Sarli e Yana Chiara Ehm, gruppo misto, più il senatore Gregorio De Falco (Centro Democratico), che da un po’ di tempo a questa parte ha preso a cuore la questione ed è già stato all’interno di qualche Cpr, consentendo l’accesso anche ad un’esponente della campagna LasciateCIEntrare (quando le autorità l’hanno permesso).
La campagna è nata oltre dieci anni fa, quando una circolare del ministro dell’interno Maroni vietava esplicitamente l’ingresso dei giornalisti all’interno dei centri di espulsione. Inizialmente si era gridato allo scandalo, poi l’interesse verso la questione è scemato. Anche perché spesso dai resoconti di queste visite non emerge niente di particolarmente nuovo e interessante. Più che di visite sporadiche ci sarebbe bisogno di un monitoraggio costante delle dinamiche che si vengono a creare nei Cpr, possibile anche senza entrare nei centri. Mentre i due opposti schieramenti continuano a ripetere che nei centri rimpatri ci finiscono solo i criminali, o solo persone che non hanno commesso reati, sarebbe interessante vedere costantemente statistiche precise contenenti i dati su quanti degli stranieri presenti hanno commesso reati in Italia e quanti no. Oppure in mezzo alle battaglie tra chi vuole alzare a sei mesi il tempo di permanenza massimo e chi vuole abbassarlo a tre mesi, si potrebbero esaminare i dati sul tempo di permanenza effettivo prima del rimpatrio, o sulla percentuale di rilasci per decorrenza termini. E in mezzo a tutti i discorsi sul sovraffollamento si potrebbero inserire aggiornamenti costanti sulle effettive presenze all’interno dei Cpr, messe in relazione col numero di stanze e di posti disponibili.
Invece nella cronaca compaiono spesso i comunicati superficiali emessi dalle forze dell’ordine al momento dell’accompagnamento al Cpr, di solito di uno straniero pregiudicato. Vengono elencati i reati commessi, senza entrare nel dettaglio (si parla di stupefacenti senza dire quali e in che quantità; di reati contro la proprietà senza spiegare quale proprietà; di violenza contro qualcuno senza spiegare contro chi e in quale contesto) e talvolta si parla genericamente di “accompagnamento ad un Cpr” senza dire quale. Al momento del rimpatrio o del rilascio, le autorità non emettono nessun comunicato, quindi l’opinione pubblica non si può rendere conto dei tempi di permanenza e dell’esito dell’operazione.

Centri rimpatri e pandemia, intervista LasciateCIEntrare

Il sito Pressenza ha pubblicato una lunga intervista ad Alda Re, esponente della campagna LasciateCIEntrare, sul modo in cui vengono gestiti i Centri di Permanenza per i Rimpatri nei giorni dell’emergenza coronavirus.
Gli ingressi nei centri sarebbero bloccati dal primo aprile, così come pure i rimpatri, a parte “un unico caso peraltro recentissimo” su cui non vengono forniti dettagli.
I cellulari verrebbero sistematicamente sequestrati a partire da gennaio.
Mancherebbero dispositivi di protezione individuale per impedire il propagarsi dell’epidemia tra gli ospiti, nonostante lo Stato abbia già erogato i relativi finanziamenti.
Dal Friuli, dopo due notti consecutive di rivolte nel centro rimpatri di Gradisca, non arrivano aggiornamenti se non le dichiarazioni di circostanza della deputata Pd Debora Serracchiani.
Nulla di nuovo a Ponte Galeria, dove pure era stato segnalato qualche disordine in occasione dell’inizio del ramadan.
E sempre collegato col ramadan dovrebbe essere l’episodio avvenuto due giorni fa all’hotel Capannelle di Roma, dove sono ospitati migranti in quarantena trasferiti lì da altri centri di accoglienza. Alcuni di loro sono positivi.
Il Garante dei detenuti sta diffondendo bollettini periodici in cui fornisce anche i dati relativi ai Cpr. Il prossimo è previsto per oggi. Intanto ha diffuso un dossier sul monitoraggio dei rimpatri forzati di 72 pagine, scaricabile dal sito ufficiale. Una semplice raccolta di dati riguardanti le procedure in un tutti gli stati europei, accatastati insieme e non sempre esaustivi. Ad esempio nella scheda relativa all’ispettorato delle prigioni del Regno Unito, alla voce “Anno di istituzione e riferimenti normativi” c’è scritto: “Organo indipendente (siamo sicuri? Palma se non sbaglio lo porta sempre come esempio di non indipendenza)”. Tipologia di organo: “Informazione non disponibile”. Numero di operazioni monitorate nel 2018: “Informazione non disponibile”.

Slibero, forse domani il responso. 20 giugno, giornata del rifugiato

Scrivono gli attivisti sulla pagina Facebook SLibero che forse il responso del giudice di pace arriverà domani. L’udienza si è già svolta, tra venerdì e sabato. Intanto continuano ad arrivare adesioni alla campagna che chiede la liberazione del ragazzo marocchino con problemi psichici che qualche settimana fa ha creato il panico alla mensa universitaria di Palermo, pronunciando frasi che erano state interpretate come minacce terroristiche da alcuni studenti.
Lo straniero si trova tutt’ora al Cie di Caltanissetta.
Il sito Meridionews ha dedicato un articolo alla campagna che si sta svolgendo sul web.
Una decina di giorni fa Arci e Cgil migranti erano andati in prefettura a chiedere che al ragazzo sia garantito il diritto alla salute e alle cure necessarie.
Anche la pagina Facebook di LasciateCIEntrare ha segnalato la vicenda, usando l’hashtag #sofianlibero anziché quello con la sola iniziale #slibero (come hanno fatto tutti gli altri).
Intanto prosegue anche la campagna LasciateCIEntrare: si sta organizzando una mobilitazione per il 20 giugno, in concomitanza con la Giornata Mondiale del Rifugiato indetta dall’Unhcr. Varie delegazioni presenti sul territorio cercheranno di visitare i centri per migranti, raccogliendo informazioni sul loro funzionamento, sulle criticità, o almeno su quali prefetture non autorizzano l’accesso e con quali motivazioni.
Gli esponenti della campagna non sono ancora riusciti ad entrare nei centri di smistamento per i migranti appena sbarcati, i cosiddetti hotspot, “centri ancora offlimits per la stampa e la società civile”.
Alla campagna aderiscono anche l’Ordine dei Giornalisti, la Fnsi e l’Usigrai.
L’anno scorso l’Unhcr aveva organizzato un grosso concerto gratuito il 20 giugno a Firenze, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione dei rifugiati.
La pagina Facebook dell’Unhcr in italiano è aggiornata costantemente, anche più di una volta al giorno.

LasciateCIEentrare incontra il Garante nazionale dei detenuti

Una delegazione della campagna LasciateCIEntrare, composta dalla coordinatrice Gabriella Guido e dalla giornalista Raffaella Cosentino, ha incontrato il Garante nazionale dei diritti dei detenuti Mauro Palma, per discutere delle condizioni di accesso ai centri per migranti.
Insieme con loro c’era anche Vittorio Di Trapani, in rappresentanza di Fnsi e Usigrai, e i componenti dell’ufficio del Garante, Daniela De Robert, giornalista, ed Emilia Rossi, avvocatessa.
Al momento i giornalisti che vogliono entrare in un centro per migranti devono presentare una richiesta al Ministero dell’Interno, la cui risposta arriva dopo un tempo eccessivamente lungo rispetto ai fatti di cronaca che devono essere raccontati. Talvolta, la risposta può essere negativa, senza che il rifiuto sia stato motivato.
Secondo quello che scrivono gli attivisti di LasciateCIEntrare, il Garante si sarebbe “impegnato ad attivarsi per chiedere al Ministero dell’Interno che vengano stabilite regole chiare, trasparenti e valide per tutto il territorio nazionale e per tutte le strutture interessate, sia pubbliche che private. In particolare le autorizzazioni devono arrivare in tempi certi, sufficientemente rapidi da assicurare il diritto di cronaca, e gli eventuali dinieghi devono essere compiutamente motivati”.
Comunque i siti web di informazione non riportano nessuna dichiarazione precisa del Garante. Il quale apparentemente non ha neanche un sito web per diffondere i suoi eventuali comunicati.

Accogliere: la vera emergenza

E’ stato presentato al pubblico la settimana scorsa il rapporto “Accogliere: la vera emergenza”, realizzato nell’ambito della campagna LasciateCIEntrare.
149 pagine, scaricabili gratuitamente dal sito, che riassumono le attività svolte nell’ultimo anno. Con queste conclusioni: “Il sistema accoglienza in Italia non funziona, è fronte di business, è pensato in maniera tale da non produrre inclusione sociale e mantiene gli ospiti, soprattutto i più vulnerabili, in condizioni di non raggiungere una propria autonomia”. Un sistema che secondo gli attivisti andrebbe “ripensato in maniera strutturale, nella definizione dei percorsi, degli standard minimi da garantire ai richiedenti asilo, della definizione degli spazi di accoglienza, dei rapporti tra istituzioni ed enti gestori”.
Oltre al rapporto su Centri di Identificazione ed Espulsione ne è stato preparato un altro (118 pagine) riguardante i Centri di Accoglienza Straordinaria, dal titolo “InCAStrati”, strutture “il cui elenco comleto non è ancora stato reso pubblico”.
L’obiettivo è quello di ottenere trasparenza sugli enti gestori e sugli appalti di questi centri, e sul numero di migranti ospitati.
Finora gli attivisti sono riusciti a visitare ben 32 Cas, a seguito delle segnalazioni ricevute dai migranti.
La campagna si è occupata anche di hotspots, strutture che “non avendo ancora alcuna base legale […] diventeranno, per ragioni di controllo, simili ai Cie. […] Il destino di chi vi verrà rinchiuso non sarà regolato da norme definite ma dalla discrezionalità di autorità amministrative, dunque dalle Prefetture e dalla Questure, o dagli Enti Gestori”.
Il rapporto contiene anche un giudizio sulla Commissione d’inchiesta sui centri per migranti: “La Commissione … sta agendo, per quanto ci è dato sapere, in maniera estremamente prudente nonostante abbia un ruolo definito e limitato nel tempo, tanto che non potrà garantire la necessaria continuità nell’azione di controllo capillare sul vasto e frammentato sistema dell’accoglienza. E mentre questo sistema muta giorno dopo giorno, la Commissione non ha ancora, a nostro avviso, comunicato un impegno e una volontà tali da proporre elementi di discontinuità col passato”. Secondo gli attivisti “sarebbe necessario che tale organismo […] si recasse con maggiore frequenza nelle zone critiche di cui è pieno il Paese, per conoscere meglio le condizioni di vita e le dimensioni quantitative di un disastro annunciato”. In generale “la politica nazionale sta dimostrando una pressoché totale inadeguatezza nell’affrontare con un minimo di progettualità tali tematiche, senza restare confinata alle misure di carattere unicamente repressivo, le uniche sulle quali sembra possibile raggiungere un accordo a livello europeo”.
Del resto “la politica europea, malgrado gli sforzi di singoli esponenti, è stretta fra gli egoismi nazionali, influenzati da fattori che coinvolgono tutti gli Stati: la crescita di forze xenofobe e populiste e l’incapacità di elaborare proposte da rendere funzionali e utili a tutto il territorio dell’Unione”.
Riferendosi alla questione del prelievo delle impronte digitali estorto con il prolungamento del trattenimento amministrativo, Fulvio Vassallo Paleologo scrive nel rapporto: “Si tratta di una forma di violenza morale inaccettabile, di una prassi di polizia del tutto priva di basi legali”, vietata dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ma già c’è chi chiede che si usi la forza per prendere le impronte agli stranieri…
Paleologo chiede anche che venga riconvertito in centro di prima accoglienza l’attuale hotspot di Lampedusa. La permanenza nel centro dovrebbe durare non più di 72 ore. “Dovrà interrompersi la prassi tuttora in corso di mantenere a tempo indeterminato in uno stato di trattenimento nel centro dell’isola quanti subito dopo lo sbarco rifiutano di farsi prelevare le impronte digitali”.
E scrive ancora: “Si ribadisce la più netta opposizione verso la militarizzazione della prima accoglienza, con le limitazioni all’accesso alle zone portuali di sbarco, come si sta verificando da mesi nel porto di Catania”.
Alla base delle resistenze dei migranti a fornire le proprie impronte, ci sarebbe “l’iniquo Regolamento di Dublino”, non la volontà di delinquere.
Il rapporto denuncia “il fallimento dei piani di rilocazione dall’Italia verso altri paesi europei”. A seguito del quale bisognerebbe modificare il Regolamento di Dublino prevedendo il diritto di asilo europeo.
Nelle 149 pagine del documento ci sono i resoconti delle visite nei Cie, nei Cpsa, nei Cara, negi Cas, nei centri per minori, nei centri informali. Con storie drammatiche, descrizioni di degrado e mala gestione, ed esempi di scarsa trasparenza.
Gli attivisti hanno già iniziato a raccogliere il materiale per il rapporto dell’anno prossimo. Sperando di poter raccontare storie diverse, che parlino di accoglienza e intergrazione. “Ma siamo realisti”, commentano amaramente, la società italiana si è “imbarbarita e incattivita”, per cui “difficilmente si saprà rispondere in maniera intelligente e adeguata alla sfida che si presenta”.

Accogliere: la vera emergenza

La campagna LasciateCIEntrare ha preparato un rapporto sui centri di accoglienza per migranti dal titolo “Accogliere: la vera emergenza”.
Una conferenza stampa di presentazione è stata fissata per giovedì della settimana prossima, presso la sede della Fnsi (il sindacato dei giornalisti) a Roma.
Il quadro che viene fuori, dopo un anno di visite a Cie, Cara, Cas, hotspot, centri per minori non accompagnati e Sprar “è a dir poco desolante”, si legge nel comunicato stampa. “Il sistema accoglienza in Italia non funziona, è fronte di business, è pensato in maniera tale da non produrre inclusione sociale e mantiene gli ospiti, soprattutto i più vulnerabili, in condizioni di non raggiungere una propria autonomia”.
Il sistema andrebbe ripensato in maniera strutturale.
La situazione viene definita grave anche dal punto di vista della trasparenza e della gestione degli appalti e dei servizi, come risulta dalle risposte evasive, o “non-risposte”, che le prefetture e il Ministero hanno inviato a seguito di richieste ufficiali di accesso agli atti.
Intanto sul fronte della cronaca si segnala un nuovo incendio al Cie di Torino, appiccato da alcuni migranti in segno di protesta.
Due stranieri non meglio precisati sono stati condotti in isolamento. Due locali sarebbero inagibili.
All’esterno del centro si è svolto un presidio di solidarietà da parte di alcuni attivisti.

Rapporto Caritas-Migrantes

E’ stato presentato ieri a Roma, alla presenza del Ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge e del presidente della Commissione del Senato per i Diritti Umani Luigi Manconi, il XXIII rapporto immigrazione redatto da Caritas e Fondazione Migrantes. Tra le altre cose nel rapporto si parla anche di centri di espulsione, che sono stati definiti solo un “sedativo delle ansie di chi percepisce la presenza dello straniero irregolarmente soggiornante, o dello straniero in quanto tale, come un pericolo per la sicurezza”. In realtà la Caritas ritiene che i Cie non siano efficaci, ed auspica la chiusura di questi luoghi “il più presto possibile”.
La notizia è stata riportata anche dal sito del Fatto Quotidiano, con foto di repertorio delle dita di uno straniero attraverso le sbarre (evidentemente non erano disponibili foto dei responsabili della Caritas e di Migrantes). Nonostante nell’articolo sia specificato chiaramente che l’alternativa ai Cie è l’identificazione in carcere per gli stranieri che hanno commesso reati, gran parte dei commenti ricevuti sono molto ostili nei confronti della proposta, della Caritas, e della Chiesa in generale.
Nel frattempo a Roma sta proseguendo la protesta nel Cie di Ponte Galeria. Chi ha visitato il centro ha riferito di aver trovato i manifestanti con le bocche cucite “nei loro letti, coperti, come tante larve”. Sono debilitati, ma fortemente motivati ad andare avanti. La portavoce della campagna LasciateCIEntrare ha fatto appello alle istituzioni perché intervengano al più presto.
Su Repubblica la giornalista Raffaella Cosentino, che a questa campagna ha aderito, ha scritto un articolo in cui racconta che i Romeo e Giulietta di Ponte Galeria stanno per essere rilasciati. Si tratta di una coppia di tunisini fuggiti all’estero perché i parenti di lei erano contrari al loro matrimonio. Rischiavano il rimpatrio, lei aveva tentato il suicidio per la disperazione, tempo fa, dopodiché era stato loro consentito di incontrarsi periodicamente per brevi momenti. In realtà la notizia è abbastanza vaga: nell’articolo si dice con certezza che “tra poco i due vedranno aprirsi i cancelli del Cie”, ma non si sa per quale destinazione. L’articolo è stato intitolato “I Romeo e Giulietta tunisini liberati dal Cie”, come se fosse già successo.
A visitare il Cie di Ponte Galeria, oltre ad alcuni deputati, c’erano anche due consiglieri di Sinistra Ecologia e Libertà del Comune di Fiumicino, le cui dichiarazioni sono state riprese da Terzo Binario. Sel chiede di rivedere le norme che regolano il funzionamento dei Cie e di abolire la Bossi-Fini.
Della delegazione faceva parte anche la deputata Ileana Piazzoni, che ha diffuso un comunicato in cui chiede di mantenere alta l’attenzione politica sulla battaglia per l’abolizione dei Cie.
Il sito del Corriere della Sera riporta alcuni stralci di una lettera che due migranti hanno consegnato alla delegazione, nel tentativo di coinvolgere le autorità europee ed ottenere un permesso che permetta loro di raggiungere i propri familiari in un paese in cui i loro diritti siano rispettati.

La risposta dell’Ugl

Dopo la presa di posizione del locale segretario del Pd Parlavecchio e del sindacato di polizia Siulp, che chiedevano l’apertura di un Centro di Identificazione ed Espulsione in Umbria, un altro sindacato, l’Ugl polizia, ha espresso la sua opinione in proposito. Sostenendo che in Umbria non bisogna aprire nessun Cie, anche per evitare che clandestini di altre regioni vengano portati sul posto. Si rischierebbe in tal caso “un’invasione di clandestini e criminali” nella regione.
La notizia è stata riportata sul sito Perugia Today, con la solita vecchia foto di clandestini e forze dell’ordine tra le sbarre di un centro di espulsione.
Alcuni sindacalisti dell’Ugl hanno già incontrato il segretario locale del Pd per confrontarsi con lui, e spiegargli le loro proposte. Si è parlato, tra l’altro, di attivare una sinergia tra tutte le forze di polizia che spesso resta solo sulla carta. Si è notata la scarsa efficacia della legge Bossi-Fini, e si è commentata la notizia che il Ministero dell’Interno attiverà voli charter dall’aeroporto di Sant’Egidio per portare i clandestini al Cie di Trapani.
Nel frattempo è arrivata una presa di posizione critica da parte del Vaticano. Nel presentare il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante, il presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, cardinale Antonio Maria Vegliò, ha dichiarato che i Cie non sono “né un esempio né un ideale”, e che “molti centri non funzionano o dovrebbero funzionare meglio”. Le sue dichiarazioni sono state riprese dall’Asca, in un articolo di quattro righe, senza foto.
Per finire, segnaliamo che è stata indetta per il 5 ottobre a Roma l’assemblea della campagna LasciateCIEntrare, nata con lo scopo di semplificare le procedure per l’accesso dei giornalisti nei centri di espulsione. La notizia è nascosta nelle ultime tre righe di un lungo comunicato, scritto dalla coordinatrice della campagna, Gabriella Guido, pubblicato su Articolo 21 con la solita immagine di repertorio di anonimi stranieri dietro le sbarre, e il titolo “Cie, cosa si aspetta a chiuderli?”
Scrive la Guido che di 13 centri ufficialmente aperti sul territorio nazionale, ne sarebbero rimasti attivi soltanto 6, a causa delle rivolte che hanno reso inagibili tutti gli altri.
Secondo il comunicato, inoltre, un 24enne marocchino sarebbe in coma da oltre un mese, per essere caduto “dal Cie di Gradisca d’Isonzo”. Lo stesso Cie dal quale in questi giorni sono evasi tre stranieri, di cui si sono perse le tracce.
Ricordiamo che all’inizio di quest’anno sono stati stanziati dei fondi per l’apertura di due nuovi Cie nel sud Italia, in Campania e Basilicata. I centri però non saranno pronti ad entrare in funzione prima della fine del 2013.

Contro il documento programmatico sui Cie

Raffaella Cosentino ha scritto un articolo sul sito di Repubblica in cui riporta molte dichiarazioni rilasciate da Michele Passione, dell’Unione Camere Penali, nel corso di una conferenza stampa organizzata dalla campagna LasciateCIEntrare.
L’incontro aveva lo scopo di rendere note le perplessità da parte di alcune associazioni nei confronti del documento programmatico preparato dalla task force del Ministero dell’Interno che ha visitato i Centri di Identificazione ed Espulsione.
L’articolo è stato pubblicato senza foto della conferenza stampa, ma con uno scatto di repertorio di un anonimo straniero dietro una rete metallica.
L’Unione Camere Penali ha visitato finora tre centri di espulsione: Milano, Roma e Gradisca d’Isonzo.
Secondo l’Ucp il trattenimento nei Cie è “assimilabile ad un ergastolo bianco”. Chi dopo 18 mesi di trattenimento non è stato identificato, viene rilasciato ma resta irregolare. Al successivo controllo delle forze dell’ordine, finirà di nuovo in un Cie.
Secondo la coordinatrice della campagna LasciateCIEntrare, Gabriella Guido, il documento della task force “manifesta la totale ignoranza delle effettive criticità della detenzione amministrativa”. Bisognerebbe invece chiudere i Cie e istituire una commissione mista tra associazioni e parlamentari per trovare un sistema diverso per identificare gli stranieri da espellere.
Gli avvocati baresi che hanno presentato una richiesta di chiusura urgente del Cie di Bari perché viola i diritti umani ed è nei fatti un carcere “extra ordinem” stanno ancora aspettando una risposta. La sentenza era attesa ad agosto 2012 ma, a quanto scrive Repubblica, il giudice non si è ancora pronunciato.

LasciateCIEntrare a Gradisca

Prosegue la campagna LasciateCIEntrare. Due deputati, Andrea Sarubbi del Pd e Carlo Monai dell’Idv hanno visitato il Cie di Gradisca, ottenendone una pessima impressione. La notizia è stata riportata da Il Piccolo, senza una foto dei due onorevoli, ma con un’immagine di repertorio di stranieri qualsiasi.

Gli onorevoli hanno raccontato che a Gradisca non si può utilizzare la mensa, nè il campo di calcio, né è ammesso l’uso dei cellulari.

I problemi che riguardano i dipendenti del Cie non sono stati risolti. I deputati segnalano un ritardo nel pagamento degli stipendi dei lavoratori di Connecting People che sfiora i due mesi. C’è malcontento anche tra le forze di polizia. “Ogni volta che faccio ritorno a Gradisca registro un depauperamento”, ha dichiarato Monai.

Il sito Agoravox riporta una dichiarazione di Sarubbi a proposito del “trionfo degli psicofarmaci”, tra cui il Rivotril, “la droga dei poveri, che va come il pane”.

A Gradisca, nota Agoravox, è passato pochi giorni fa Matteo Renzi, per il suo tour elettorale. Il candidato alle primarie del Pd però non ha fatto nessun riferimento alla presenza in città del centro di espulsione.

Il sito Cinema Italiano invece segnala che Alexandra D’Onofrio ha riunito in un unico documentario intitolato “La vita che non Cie” tre cortometraggi incentrati sulla vita nei centri di espulsione.

Le immagini si riferiscono al Cie di Trapani Chinisia (ora chiuso), a quello di Torino, e alla situazione di una famiglia di immigrati marocchini smembrata da un’espulsione.

Sempre in questi giorni è stato diffuso sul web un altro cortometraggio sul tema dei Cie “In nome del popolo italiano“, realizzato da Gabriele Del Grande e Stefano Liberti, ed altri ancora verranno diffusi a breve.