Intervista a Stefano Galieni

Il responsabile nazionale immigrazione del Partito della Rifondazione Comunista Stefano Galieni è stato intervistato da Laura Tussi di Italia Che Cambia. Il testo dell’intervista può essere letto sul sito di Rifondazione, senza foto del diretto interessato, ma con uno scatto di repertorio che mostra qualcuno davanti al cancello del Cpr sardo.
Come al solito non si parla di reati commessi dagli stranieri: chi si trova nel Cpr ha “la sola colpa di non essere in posssesso di un documento di soggiorno” e combatte una guerra per “diritti, dignità e lavoro”.
Il ruolo del Pd nell’apertura di questi centri, di quelo sardo in particolare, non viene citato in maniera esplicita. Ci si limita a dire che l’attuale governo, “come i precedenti”, intende investire per aprire altri Cpr in altre regioni.
Si accenna al fatto che i Cpr siano un business, ma senza fare riferimento diretto alla commissione d’inchiesta Cie/Cara, a guida Pd, che era stata istituita anni fa per far luce su questo aspetto, ma che decise di non trarre conclusioni.
Si parla di atti di autolesionismo, ma non vengono forniti dati. Non viene mai citato il Garante dei detenuti, che anni fa aveva chiesto di istituire un registro degli eventi critici che avvengono nei Cpr che fosse consultabile a distanza. Apparentemente la sua richiesta è rimasta inascoltata. Il garante che è rimasto in carica sette anni e dieci mesi ora ha concluso il suo mandato, mentre il suo successore finora non ha mai detto a nessuno come intende procedere: l’attuale maggioranza non ha voluto che venisse ascoltato dai parlamentari prima della sua nomina.
C’è qualche accenno all’inchiesta che ha portato al commissariamento del Cpr di Milano, dove l’ente gestore non forniva i servizi previsti, e si ricorda che solo i parlamentari hanno accesso ai centri, anche se non viene fatto il nome di un solo parlamentare che abbia esercitato questo diritto.
A Macomer sono in corso lavori per il raddoppio della capienza, all’interno di una struttura che era nata come carcere.
Il centro sarebbe gestito ora dalla cooperativa Ekene, che a quanto pare si occupa anche di quello di Gradisca d’Isonzo.
“E’ stata al centro di vicende giudiziarie legate all’accoglienza dei migrati”, si legge nell’articolo, ma non si entra nei dettagli.
Ai reclusi nel Cpr sardo sarebbe vietato anche usare i telefoni pubblici per segnalare all’esterno disagi, illegittimità e abusi, e non sarebbe consentito l’uso dei telefoni cellulari privati.
L’intervista a Galieni è stata pubblicata anche su Agoravox, con foto di un corteo.
E su Benvenuti Ovunque, comune-info.net, con foto della recinzione esterna del Cpr sardo.
All’inizio del mese Sardegna Reporter ha scritto che il deputato leghista Dario Giagoni ha visitato la struttura. Il sito ha pubblicato la foto di alcuni delegati.
Insieme con lui c’erano alcuni esponenti del sindacato ES Polizia.
“Il Cpr di Macomer può essere ritenuto un vero e proprio esempio virtuoso di gestione, un esempio reso tale grazie all’impegno e alla dedizione degli agenti presenti e di tutto il personale ivi operante”, ha detto il parlamentare.
Nessuno lo ha contraddetto direttamente.

Battibecco su La7

Elisabetta Gualmini del Pd e Carlo Fidanza di Fratelli d’Italia sono stati ospiti della trasmissione Omnibus di La7.
L’esponente di sinistra ha attaccato il governo accusandolo di cinismo per il fatto di voler affrontare il problema delle migrazioni in termini di rimpatrio e trattenimento per un anno e mezzo anche senza reato. Quello di destra ha ricordato che i centri di detenzione per migranti sono stati inventati a suo tempo da Napolitano, cioè dalla sinistra. “Adesso basta, sembra che noi vogliamo rinchiudere i migranti mentre voi siete anime belle come al solito”, ha detto Fidanza.
La notizia è stata riportata dal sito di Libero Quotidiano.
La destra si ricorda del fatto che la sinistra ha istituito i centri di detenzione solo quando deve controbattere le accuse di cinismo. Per il resto parla di furia immigrazionista, come se a sinistra fossero favorevoli ad accogliere tutti.
Del resto l’attuale opposizione fa ben poco per mettere in chiaro quale è la sua posizione. Non soltanto ha inventato la detenzione amministrativa, ma ha inventato anche l’attuale definizione di Cpr, proposta come alternativa umana ai Cie che erano il cavallo di battaglia della destra.
Quando il democratico Minniti era ministro sosteneva che i Cpr erano necessari per rimpatriare i criminali stranieri. Poi però i Cpr hanno continuato ad essere usati per trattenere i migranti incensurati, che avevano perso il permesso di soggiorno dopo aver perso il lavoro, o quelli che erano appena sbarcati. Ora la questione dei reati è completamente scomparsa. Come se non ci fossero anche criminali stranieri nei centri per i rimpatri e non si dovesse porre il problema se rimpatriarli o no.
Il Pd sta cercando in tutti i modi di demonizzare la destra sulla questione dei migranti. Ma non è detto che ci riuscirà, in mancanza di convincenti risposte alternative alle obiezioni degli elettori.
Pochi giorni fa la Gualmini, che al momento è parlamentare europea, è stata intervistata da Repubblica. Tra le altre cose, ha detto che è preoccupata dalla crescita nei sondaggi del Movimento 5 Stelle, che cerca di racimolare voti a destra dicendo no all’accoglienza indiscriminata.
Tutto qui. Chi l’ha intervista non le ha chiesto se la posizione del Pd sia quella dell’accoglienza indiscriminata.
Cioè: davvero se il Pd arrivasse al governo chiuderebbe tutti i Cpr, dopo averli istituiti?

Ilaria Cucchi contro i Cpr

La senatrice Ilaria Cucchi ha rilasciato varie dichiarazioni contro i Centri di Permanenza per i Rimpatri e contro il governo. “Ministro Salvini, si tolga quel crocifisso di dosso. Presidente Meloni, i Cpr vanno contro la legge degli uomini e contro la legge di Dio. Solo degli sprovveduti possono credere che il business dell’immigrazione sia solo quello degli scafisti”, ha scritto su La Stampa, a quanto riporta Open.
La Cucchi ha citato la multinazionale Ors Service Ag, che ha sede in Svizzera mentre in Italia ha solo una sede legale in uno studio di commercialisti e si affida a una società di lobbying per curare i suoi interessi in Parlamento. Ossia la gestione dei Cpr.
La senatrice descrive quello che ha visto nei centri per i rimpatri: i reclusi “vivono in gabbie, talvolta nel loro sterco, senza possibilità di comunicare con l’esterno. Sopravvivono giorno dopo giorno in attesa di poter capire il perché della lloro condizione. Sono abbandonati a sé stessi e se si ammalano è veramente un grave problema. Sembrano polli in un allevamento intensivo, con la differenza che, soffrendo spesso la fame, non ingrassano”.
Uno dei problemi è quello che vengono somministrati psicofarmaci in quantità industriali per evitare rivolte.
Una breve video-intervista alla Cucchi in cui si parla di questo argomento è visibile gratuitamente sul sito della Stampa, con un piccolo estratto delle immagini registrate all’interno di un centro rimpatri, con un’operatrice che spiega che il 90% dei trattenuti viene trattato con psicofarmaci altrimenti “sfasciano tutto”.
Nessuno chiede alla Cucchi se bisogna trovare un sistema diverso per rimpatriare i migranti che hanno commesso reati o se bisogna regolarizzarli. La questione reati non viene neanche accennata.
Pochi giorni fa l’Unità ha dedicato un articolo ai Cpr, visto che il governo ha intenzione di raddoppiarli di numero, e nel giro di due mesi sarà pronta la lista delle località nelle quali allestire quelli nuovi.
Anche questo quotidiano sottolinea la questione che si tratta di un business e dice che l’aumento del tempo di permanenza non incide sulla percentuale dei rimpatri.
Anche la destra ha spesso parlato di business, ma per quanto riguarda i centri di accoglienza. Anni fa, quando era emersa un’intercettazione nella quale qualcuno diceva che con i migranti ci si fanno più soldi che con la droga, il Parlamento aveva istituito una commissione d’inchiesta su Cie e Cara che doveva appunto fare luce su questo punto. Dopo anni di indagini, la commissione si è sciolta prima delle elezioni senza trarre conclusioni. Il presidente era un esponente del Partito Democratico.
Il tempo di trattenimento massimo di 18 mesi, come quello introdotto adesso dal Governo, è già stato in vigore tra il 2011 e il 2014.
Anche l’Unità cita Ors, come pure Gepsa, Engel e le cooperative Edeco-Ekene e Badia Grande. Ma non pubblica una tabella di quali centri gestiscono.
Le aste sono al ribasso, quindi bisogna tagliare sui costi. E nonostante questo si parla di profitti per le società che gestiscono i centri.
Viene anche sottolineato che lo Stato eroga soldi in base alla capienza effettiva: meno persone sono presenti, meno denaro arriva. L’interesse dei gestori sarebbe quello di avere centri al completo. Negli anni scorsi abbiamo visto gestori in difficoltà perché coi locali danneggiati non c’erano abbastanza trattenuti, quindi col rimborso fornito dallo Stato non era possibile pagare le spese fisse di gestione, che non dipendono dal numero degli ospiti.
Ma a differenza delle carceri il numero dei reclusi non supera mai la capienza prevista. E comunque non è il gestore che decide quante persone rinchiudere, perché di questo si occupano le autorità di pubblica sicurezza.
L’articolo non riporta la posizione politica del Pd, che in effetti ha istituito i centri di detenzione per i migranti e ha istituito i Cpr, contrapponendoli ai Cie di destra.
Ora che è all’opposizione, il partito sembra essere contrario, ma senza dare una spiegazione articolata.
Nei giorni scorsi la Gazzetta del Mezzogiorno ha riportato nel dettaglio i sette punti suggeriti dal Pd in contrapposizione ai piani che sono stati messi a punto dal Governo Italiano e dall’Europa. Il partito chiede: 1) la riforma del trattato di Dublino; 2) una Mare Nostrum europea; 3) accordi con Paesi terzi; 4) canali legali d’ingresso; 5) accoglienza diffusa; 6) riforma della Bossi-Fini; 7) tutela dei minori non accompagnati.
Per quanto riguarda gli accordi con Paesi terzi, si tratta di investire su progetti e politiche che consentano di fornire un’alternativa vera alle migrazioni. Si parla di cooperazione allo sviluppo e di gestione dei flussi migratori nella salvaguardia del rispetto di quei diritti umani che non possono rappresentare una variabile o una concessione.
Insomma, non si parla di accordi di rimpatrio. E non si entra nel merito del problema. Ad esempio, in Tunisia c’è una grave crisi economica. Ma c’è anche un regime autoritario non democratico. Bisogna finanziare il governo per bloccare i flussi? Bloccarli come? Finanziarlo come? E quanto?
Il discorso resta molto in superficie.
Giorgia Meloni intanto promette che gli aiuti europei alla Tunisia saranno sbloccati a breve.
E continua la polemica con la Germania sulle Ong, anche per via di un emendamento proposto a livello europeo al patto di migrazione e asilo.
Il fatto che la Germania finanzi delle Ong che soccorrono migranti nel Mediterraneo è stato citato anche da Elon Musk, che in questi giorni è stato al confine meridionale degli Stati Uniti per attirare l’attenzione sulla migrazione incontrollata dal Messico.
Per Fanpage si tratta di una “fake news” e di una “bufala”.
La stessa teoria sostenuta in queste ore da esponenti del governo italiano (Tajani). E da un esponente di quello tedesco, che si è detto fiero che questo contribuisca a salvare delle vite.
Un giornalista di Radio Radicale ha effettuato una verifica: in questi giorni ci sono tre navi Ong tedesche, ma nessuna di queste è finanziata dal governo tedesco.
L’unica nave che il governo tedesco finanzia è la Humanity 1, che è ormeggiata a Siracusa.
Riccardo Magi attacca Musk con arguti giochi di parole (“balle spaziali”), segnalandogli che la guardia costiera libica spara sulle imbarcazioni Ong, come dimostrerebbe un video di Sea Watch.
Radio Radicale pubblica un video della Ong di 39 secondi, in cui si vedono spari contro un barcone inquadrati da un velivolo. E in pochi fotogrammi in coda al filmato si vede una motovedetta e si sentono degli spari. Fine. Nessuna parola, nessuno contesto, nessuna data, nessuna dinamica.
Fanpage descrive nel dettaglio l’episodio, senza fornire date, ma non parla di spari contro la nave Ong che si trovava sul posto, la Louise Michel.

Sindaci contrari ai Cpr

Rainews scrive che il sindaco di Prato Matteo Biffoni ha detto che “il tema dei migranti non si risolve con i centri per il rimpatrio”, e che il presidente dell’Anci ha chiesto di ampliare il Sistema Accoglienza e Integrazione per minori stranieri non accompagnati.
Tutto qui.
Il governo si riunirà oggi per decidere nuove misure straordinarie contro l’immigrazione. I provvedimenti verranno inseriti in un emendamento al decreto Caivano già approdato in Senato, per accelerare i tempi di approvazione.
Si preannuncia l’aumento del numero dei Cpr anche coinvolgendo nel loro allestimento il Ministero della Difesa, e l’aumento del tempo di permanenza massimo che salirà a 18 mesi, limite fissato dall’Unione Europea.
Il sito non riporta reazioni da parte delle opposizioni in Parlamento, presumibilmente contrarie.
La Schlein ha rilasciato qualche vaga dichiarazione in cui accusa la Meloni di prendere in giro il Paese.
“La verità è che non ha soluzioni, calcoli elettorali sulla pelle dei più fragili”, è un virgolettato inserito in un titolo sul sito di Repubblica.
La segretaria del Pd ha accusato la destra di non avere mai battagliato in Europa per una condivisione dell’accoglienza tra tutti i Paesi.
Gli alleati della Meloni sono quelli che costruiscono muri, e che hanno ostacolato una riforma del regolamento di Dublino, ha detto.
La Von Der Leyen è stata a Lampedusa insieme con la premier italiana, e ha presentato un piano in 10 punti per fronteggiare l’emergenza.
Si parla del coinvolgimento dell’agenzia Frontex per gestire il fenomeno, e di pressioni verso gli Stati europei per agevolare i ricollocamenti.
Si parla anche di corridoi umanitari per danneggiare i trafficanti.
Il decimo punto riguarda la Tunisia, principale Paese di provenienza delle barche dirette in Italia, verso cui non sono stati ancora sbloccati i fondi Ue, per motivi che non vengono specificati.
L’Agi ha scritto che la Meloni spinge per sostenere il bilancio tunisino “indipendentemente dall’Fmi”.
Il Fondo Monetario Internazionale ha posto delle condizioni impopolari per lo sblocco dei fondi, che sono state rifiutate dal presidente tunisino.
Il quale è sotto accusa per le sue politiche autoritarie e si dice anche razziste.
Le ultime notizie dal Paese nordafricano parlano di un’operazione di sgombero di un accampamento abusivo di migranti a Sfax.

Domani, il piano Piantedosi è inutile

Domani ha pubblicato un articolo firmato dalla giurista Vitalba Azzolini in cui si dice che il piano Piantedosi che prevede l’apertura di nuovi Centri di Permanenza per i Rimpatri è inutile.
Non basta aumentare i trattenimenti se non cambiano gli accordi di rimpatrio verso i Paesi d’origine, perché questo significherebbe tenere rinchiuso un maggior numero di persone che poi verrebbero rilasciate alle scadere dei termini.
Gli accordi bilaterali di rimpatrio vengono fatti dall’Italia con ciascun Paese di provenienza. Alcuni sono più efficenti, come quello con la Tunisia che prevede un massimo di due (talvolta quattro) voli settimanali. Altri lo sono meno. Con altri Paesi non ci sono accordi.
Comunque, se uno Stato accetta solo un rimpatrio a settimana, non avrebbe senso trattenere in un Cpr 100 stranieri di quella nazionalità, perché servirebbero due anni per rimpatriarli tutti, mentre le leggi attuali prevedono un tempo di trattenimento massimo di pochi mesi, allo scadere dei quali lo straniero viene rilasciato.
Vero che la Meloni sta trattando con gli Stati di provenienza per aumentare il numero dei rimpatri accettati. Ed è vero che anche l’Europa sta lavorando in questo senso, per ottenere accordi che valgano per l’intero continente. Ma l’articolo questo aspetto non lo considera, così come non riassume il contenuto degli accordi attuali.
Si limita a dire che l’Italia considera “Paesi sicuri” verso cui effettuare i rimpatri 16 Stati, ma non li elenca.
Comunque molte associazioni hanno contestato la lista stabilita dal Governo, visto che comprende Paesi autoritari o in cui sono in atto rivolte armate.
Il Giornale ha dedicato un articolo all’audizione del direttore esecutivo di Frontex Hans Leijtens davanti alla Commissione Diritti umani del Parlamento europeo, in cui sarebbe emersa l’impossibilità di bloccare l’immigrazione in maniera efficace.
Tra le altre cose si è parlato di Libia: per l’Europa il Paese non sarebbe sicuro, eppure si continua ad avvisare la guardia costiera Libica ogni volta che si avvista un barcone diretto in Europa nella sua zona di competenza.
Frontex non collabora poi con la Tunisia, che è uno dei principali luoghi di partenza dei migranti presenti in Italia, e che secondo gli attivisti non sarebbe comunque un porto sicuro dove sbarcare i migranti intercettati.
L’articolo considera deludenti i numeri riguardanti i rimpatri gestiti da Frontex, che hanno riguardato solo una piccola parte dei non aventi diritto a restare in Europa.
Nulla di nuovo sul fronte del Pd, che una decina di giorni fa si è limitato a presentare un’interrogazione sui sequestri delle imbarcazioni Ong che operano soccorso in mare, ma senza fare un discorso complessivo riguardante la situazione. La crisi in Africa si risolve trasferendo tutta la popolazione in Europa? Se uno straniero commette reati deve essere rimpatriato?
Alle ultime elezioni politiche ha vinto la destra. Chissà se il Pd sta riducendo il suo svantaggio, almeno su questo fronte.

La destra e le lobby

A quanto pare Elly Schlein a La Repubblica Delle Idee ha detto che la destra ha scelto di proteggere interessi economici legati alle lobby.
Il Giornale ha risposto con un articolo in cui scarica sulla sinistra la responsabilità di avere aperto le porte del Parlamento ai lobbisti.
La sala delle lobby di Montecitorio infatti sarebbe stata aperta nel 2017, quando al governo c’era Gentiloni.
L’articolo nomina Telos Analisi e Strategie, che sarebbe consulente di Ors, la multinazionale svizzera che gestisce il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer in Sardegna.
I lobbisti dicono di avere l’obiettivo di “rappresentare un quadro dettagliato e veritiero della situazione nei centri gestiti da Ors in Sardegna”. “Un quadro che il governo di sinistra sembrerebbe aver solo letto sulle carte della società mediatrice”, scrive il Giornale, dato che a quei tempi “le sfilate politiche nei Cpr non convenivano”.
In questi giorni si parla in lungo e in largo di un rapporto della Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili, che quest’anno si è concentrata sui gestori dei Cpr a partire proprio da Ors. Il pdf può essere scaricato gratuitamente dal sito ufficiale. Vari articoli sull’argomento sono stati pubblicati da La Bottega Del Barbieri.
Un filmato con immagini riprese nella conferenza stampa di presentazione più qualche intervista a margine è stato pubblicato sul sito del Fatto Quotidiano.
Normalmente i direttori dei Cpr rifiutano interviste con la stampa. Per l’opinione pubblica i nomi delle società coinvolte non sono riconducibili a nessuna faccia e a nessuna dichiarazione.
La cronaca segue questo settore distrattamente. A volte i siti web locali ripubblicano i comunicati delle questure che annunciano i trasferimenti al Cpr. Ma le singole storie non vengono approfondite, le statistiche precise escono raramente, e non ci sono comunicati al momento dell’effettivo rimpatrio o del rilascio.
Il ministro dell’Interno Piantedosi non esclude cambiamenti per quanto riguarda le dinamiche di gestione dei centri per i rimpatri, nel caso in cui l’affidamento ai privati dovesse rivelarsi palesemente inadeguato, ma per ora non è intervenuto direttamente, anche se la stampa di destra gli attribuisce il merito dell’esclusione di alcune aziende che avevano vinto le gare d’appalto ma che per un motivo o per l’altro non erano adeguate.
A breve potrebbe essere annunciata l’apertura di nuovi centri in regioni che non ne hanno mai avuto uno, come la Toscana, o non ce l’hanno più, come la Calabria.
Il Governo ha l’obiettivo di triplicare i rimpatri.
E c’è anche la possibilità di aprire nuovi hotspot o ampliare quelli esistenti. Progetto che la sinistra annuncia con un certo allarmismo. Oggi le Ong pretendono di sbarcare i migranti nel porto sicuro più vicino, che di solito è Lampedusa, ma poi ci si lamenta se il centro ospita oltre il triplo dei migranti previsti, con i materassi in eccesso buttati per terra nei corridoi o nei cortili.
Però l’idea di ampliare l’hotspot viene considerata inquietante, come pure costringere le navi di soccorso a lunghe deviazioni.

Anche la Camera approva il decreto Cutro. Pd contro i Cpr

La Camera ha approvato definitivamente il decreto Cutro, che è stato chiamato così a seguito del clamore per un naufragio avvenuto nella località omonima, in Calabria, nel quale sono annegate un centinaio di persone. Il decreto ha ben poco a che vedere col soccorso in mare, ma riguarda la cancellazione della protezione speciale e l’apertura di nuovi centri per il rimpatrio.
Fanpage ha intervistato in proposito il senatore del Pd Antonio Nicita.
Il quale ha criticato l’esistenza dei Cpr, ovviamente senza ricordare che è stato il suo partito ad istituirli, né l’intervistatore glielo ha fatto notare
“L’idea del governo è quella di creare grandi centri che rischiano però di aumentare le situazioni di alienazione”, dice il senatore, anche se in realtà il Governo ha detto l’opposto. “Sentiamo spesso storie terrificanti dai centri per il rimpatrio. Tutti gli sforzi che abbiamo tentato di fare, facendo entrare nei centri psicologi, traduttori e mediatori per cercare di migliorare quelle condizioni salterebbero e le situazioni diventerebbero ingestibili”.
In realtà i governi successivi a quello che ha istituito i Cpr hanno già tagliato i fondi per queste attività. Il Cpr di Torino è già stato chiuso a seguito dei danneggiamenti subiti nel corso delle rivolte. Quindi in effetti la situazione non è che sia stata molto gestibile, finora.
“Questo crea un problema dalla prospettiva dei diritti umani. Tenere le persone ammassate lì, in attesa di verifiche, di espulsioni che poi tanto non arrivano, creerebbe una posizione critica sul rispetto dei diritti umani”, dice il politico democratico.
A parte il fatto che nella metà dei casi il trattenimento si conclude con un rimpatrio, resta fuori dal discorso la questione dei reati commessi dagli stranieri. Per la destra, immigrazione e criminalità sono collegate; per limitare la criminalità bisogna espellere gli irregolari, prima o dopo che abbiano commesso reati. Quando la sinistra era al governo, non era contraria ad espellere i criminali stranieri; i Cpr erano stati istituiti apposta, salvo poi essere usati per ospitare le stesse categorie di persone che finivano prima nei Cie voluti dalla destra e sempre demonizzati. E ora che il Pd è all’opposizione? Vuole trovare un sistema più umano per espellere gli stranieri che commettono crimini o vuole regolarizzare tutti, se possibile? Il partito non dice niente, i giornalisti non fanno domande. Il risultato è che la propaganda di destra trova campo libero quando afferma che l’opposizione è a favore dell’illegalità.
Intanto il governo prosegue per la sua strada. Il piano col quale la destra è stata eletta si basa sulla convinzione che si possono evitare morti nel Mediterraneo scoraggiando le partenze. Prima di tutto bisogna eliminare le possibilità per gli irregolari di stabilirsi in Italia. Poi bisogna rendere sempre più difficile l’attraversamento del Mediterraneo. Dopodiché bisogna spargere la voce il più possibile. Organizzando apposite campagne nei Paesi di origine e di provenienza. Scrive Fanpage: “In realtà il governo non ha mai spiegato in che modo intenda concretamente convincere persone disperate che fuggono da fame e guerra, spesso con i loro bambini, a non mettersi in viaggio in cerca di un futuro migliore. Meloni ignora, o fa finta di ignorare, che queste persone sono perfettamente consapevoli dei pericoli che li aspettano in queste traversate dall’esito incerto, ma scelgono comunque di investire tutto quello che hanno in questi viaggi perché un’alternativa semplicemente non ce l’hanno”.
I migranti morti a Cutro provenivano dalla Turchia, un Paese che non è distrutto dalla guerra e che non è in condizioni da terzo mondo, a quanto si dice.
L’Unione Europea, anni fa, ha fornito alla Turchia i soldi per bloccare le partenze.
Ora i turchi vorrebbero rivedere l’accordo del 2016. E insistono ancora per entrare nella Ue.
Accordi simili sono stati presi o si vorrebbero prendere con gli Stati del nord Africa, inclusa la Libia dove la situazione di guerra civile spinge in molti a non considerarla un Paese sicuro.
Anche in questo caso, gli accordi risalgono ad un governo appoggiato dal Pd. Nel partito convivono tre posizioni: quella di chi pensa che gli accordi siano il solo modo per partecipare alla gestione dei centri di detenzione per migranti ed evitare che avvengano violazioni dei diritti umani (ed è la stessa posizione della Meloni); quella di chi pensa che gli accordi erano giusti quando sono stati firmati mentre ora le condizioni sono cambiate e bisogna smettere di rinnovarli; e quella di chi pensa che firmare quegli accordi è stato un errore già a suo tempo.
Il senatore intervistato da Fanpage dice, in proposito: “Anche dagli errori dei governi di centrosinistra noi abbiamo imparato che non è con un rinnovo che si risolvono tutti i problemi sui flussi migratori. Se avere degli accordi significa semplicemente creare dei lager in Libia, evidentemente questa non è una soluzione”.
“Ovviamente restano da costruire politiche europee con i Paesi africani e il meccanismo di redistribuzione volontaria dei migranti”, dice Nicita.
Non è chiaro che politiche si possano costruire con Paesi come la Libia, e la questione della redistribuzione resta molto nel vago. Che significa “volontaria”? Che se Ungheria o Francia non accettano migranti non bisogna mandargliene? O che se li accettano bisogna mandargliene anche se i migranti stessi vorrebbero andare altrove?
La linea attuale del Pd è quella di non rinnovare gli accordi con la Libia. Che genera malumori all’interno dello stesso partito: alcuni deputati hanno lasciato l’aula al momento di votare una mozione in proposito nell’ambito della discussione sul decreto Cutro, denunciando il fatto che la nuova linea è stata dettata dall’alto senza nessuna discussione interna.
Il cambiamento di fronte dello schieramento è stato notato in un articolo del Foglio.
Le prime pagine intanto sono occupate dalla nuova scaramuccia tra il governo italiano e quello francese.
I francesi non vogliono altri migranti e si lamentano per il fatto che l’Italia non riesca a far calare la pressione al confine nei pressi di Ventimiglia.
Huffington Post parla di ottanta respingimenti al giorno e dice che ci sono Ong che si occupano di assistere i migranti in attesa che provino a passare il confine in treno o con la complicità dei passeur. Lo Stato in questi anni ha fatto il possibile per evitare la creazione di grosse baraccopoli di migranti in attesa, trasferendo a sud il numero maggiore possibile di migranti trovati in zona.

Cpr, prolungamento dei tempi di detenzione

Il tempo massimo di detenzione all’interno dei Centri di Permanenza per i Rimpatri è stato allungato di 45 giorni.
Finora era di tre o quattro mesi, a seconda della nazionalità del recluso e della sua situazione personale.
Secondo l’Asgi e il garante dei detenuti si tratta di un provvedimento slogan, che non soltanto non aumenterà la percentuale di rimpatriati, che dovrebbe essere intorno al 50%, ma la abbasserà addirittura.
Infatti il numero di rimpatri dipende dagli accordi col Paese d’origine. Se, poniamo, la Tunisia accetta solo due voli di rimpatrio da quaranta posti ciascuno ogni settimana, rinchiudere un numero maggiore di tunisini non aumenterà neanche di una unità il numero di rimpatriati.
Aumenterà soltato la sofferenza dei trattenuti.
Anche perché si dice che se il rimpatrio non è possibile nei primi 90 giorni, difficilmente potrà avvenire in seguito. Col risultato che dopo circa cinque mesi di detenzione lo straniero potrebbe essere rilasciato con ordine di tornare al proprio Paese per conto suo. Ossia resta in Italia, ma in clandestinità, col rischio di essere catturato di nuovo e riportato al Cpr per un nuovo periodo di cinque mesi, anche senza avere commesso ulteriori reati.
Il Manifesto ha pubblicato un articolo in proposito, contenente soltanto le opinioni di chi è contrario. Senza nominare esponenti del Pd, se non Minniti e Orlando che quando erano al governo avevano lanciato un piano di apertura di un centro rimpatri in ciascuna regione italiana, che era già stata un’idea del leghista Maroni e che è tuttora il progetto del governo a guida Fratelli d’Italia.
I dati spesso restano nel vago. Già negli anni scorsi la destra aveva aumentato a sei mesi il tempo di permanenza nei centri di espulsione, ma non sono circolate statistiche precise su quante persone erano state rimpatriate nel primo trimestre e quante nel secondo.
I numeri più recenti ci dicono che l’anno scorso sono stati rimpatriati 2.308 tunisini. Divisi in 52 settimane viene una media di 44 persone a settimana. Se gli accordi prevedono ottanta rimpatri settimanali, ci sarebbe in effetti un margine di miglioramento. Ma il quotidiano non dice di preciso cosa è previsto dagli accordi. Si limita a dire che funzionano quelli con Tunisia, Albania, Marocco, Egitto, Nigeria e Georgia, fornendo poi alcuni dati aggiornati, ma non tutti. Ad esempio manca quello relativo alla Nigeria.
Di recente è stato detto che la Nigeria è un Paese sicuro, come la Tunisia, provocando l’ira della Boldrini, secondo la quale in Nigeria è attiva l’organizzazione terroristica Boko Haram mentre in Tunisia c’è un presidente che sta affamando il suo stesso popolo.
Bisognerebbe quindi bloccare i rimpatri, anche se la parlamentare non dice esplicitamente che vuole regolarizzare anche gli stranieri che hanno commesso reati gravi.
Per quanto riguarda l’apertura dei nuovi Cpr, il dibattito si è acceso solo in Toscana, dove sono state individuate due possibili località. Il Pd locale è nettamente contrario e scarica la colpa sulla destra. La destra risponde che i primi sopralluoghi ci sono stati quando al governo c’era Mario Draghi, appoggiato dal Pd, ma si guarda bene dal ricordare che i Cpr stessi sono stati istituiti dal Pd per portare avanti il piano Maroni sotto falso nome.
Per quanto riguarda le notizie dall’estero, in Nigeria si parla di frequenti estorsioni da parte dei miliziani. Otto studentesse sono riuscite a fuggire e sono tornate dalle loro famiglie. E’ caccia ai rapitori.
In Tunisia invece si parla dell’arresto di un leader islamico, che ha suscitato la preoccupazione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, che chiedono il rispetto del pluralismo politico.
Il presidente tunisino è sotto accusa da più parti per un colpo di stato ai danni del parlamento avvenuto nel 2021. Cionostante è un interlocutore del governo italiano, che spera di ottenere un aiuto nel blocco dei flussi migratori dall’Africa, mentre il Fondo Monetario Internazionale vorrebbe tanto prestargli dei soldi, in cambio delle solite ristrutturazioni dell’economia interna del Paese.
Il presidente è convinto che se adottasse ulteriori misure impopolari scoppierebbe la rivoluzione, ed è disponibile in alternativa a cercare appoggio tra i Brics, ossia a schierarsi con Russia e Cina.
Le notizie di ieri dicono che l’Europa sta lavorando a un sostanzioso pacchetto di assistenza macro-finanziaria, condizionato però all’accordo con l’Fmi. Che “sembra sempre più lontano”, a quanto scrive Eu News.

Magi chiede spiegazioni a Piantedosi

Il segretario di +Europa presenterà un’interrogazione al ministro dell’Interno Piantedosi per chiedere spiegazioni riguardo all’uso massiccio di psicofarmaci nei Centri di Permanenza per i Rimpatri, dopo che un’inchiesta di Altreconomia ha diffuso per la prima volta dati precisi in proposito.
Il politico è stato intervistato sull’argomento dal Manifesto.
Ha anche ipotizzato la possibilità di incriminare penalmente coloro che somministrano i farmaci senza prima farsi firmare un consenso informato da parte dei pazienti. I quali comunque non sono stati sottoposti a visita psichiatrica, ma solo ad un controllo da parte del medico generico. Se anche avessero patologie psichiatriche, dice Magi, non dovrebbero trovarsi nei Cpr.
Il politico racconta anche che all’inizio dell’anno si è aperto un processo per omicidio colposo contro il direttore e un’operatore interno del Cpr di Gradisca, in relazione alla morte di un cittadino straniero causata, a suo dire, “da un edema polmonare dovuto ad un mix di psicofarmaci”.
I mass media non stanno seguendo l’evolversi della situazione. A differenza del caso Soumahoro, dove le foto delle persone indagate sono state pubblicate sui giornali prima ancora del rinvio a giudizio, qui non si sono mai viste foto degli accusati.
Magi ricorda che prima di Piantedosi anche Minniti aveva puntato all’apertura di un Cpr in ogni regione. Ma non ricorda che ancora prima era Maroni ad avere pensato la stessa cosa. Eppure dopo anni e anni il progetto non è mai decollato: sono solo sette le regioni italiane dotate di Cpr, per un totale di nove strutture funzionanti. Un’ottava regione, il Piemonte, è momentaneamente rimasta senza Cpr dopo che il centro è stato devastato nel corso di varie rivolte.
La presentazione del rapporto di Altreconomia ha attirato l’attenzione anche della senatrice Ilaria Cucchi, che di recente si sta interessando al caso Abdel Latif, che riguarda uno straniero morto nel reparto psichiatrico di un ospedale dove era stato portato a causa del suo comportamento nel Cpr di Roma. La Cucchi, il cui fratello è morto in ospedale dopo essere stato arrestato, ha detto che intende fare luce anche su questa vicenda.
L’inchiesta di Altreconomia e le prese di posizione di Magi e Cucchi hanno attirato l’attenzione anche di Repubblica, che ha dedicato un articolo alla notizia (riservato agli abbonati).
Magi ha pubblicato un breve comunicato di 10 righe su Facebook e un paio di foto ricordo scattate alla conferenza stampa.
L’inchiesta di Altreconomia può essere acquistata sul sito al prezzo di 3,49 euro.

Zanella: monitorare i Cpr

La parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra ha detto in una video-intervista a Nove Colonne che si augura che venga costituito in questa legislatura un gruppo per monitorare la situazione nei Centri di Permanenza per i Rimpatri.
Il filmato dura meno di due minuti, tocca anche la tragedia di Cutro e non approfondisce la proposta.
Nelle sue precedenti legislature la Zanella faceva parte di un gruppo del genere, di cui l’opinione pubblica non si è praticamente accorta.
I motori di ricerca restituiscono un resoconto di vent’anni fa su un’interrogazione presentata al ministro dell’Interno su una roulottopoli che era stata allestita a Bari Palese per ospitare coloro che avevano chiesto asilo e venivano trattati come clandestini.
All’epoca i centri di espulsione si chiamavano ancora Centri di Permanenza Temporanea. Il nome venne cambiato in Cie nel 2008 da un governo di centrodestra, e in Cpr nel 2017 da un governo appoggiato dal centrosinistra.
Melting Pot non nominava il ministro dell’interno in carica nel 2003. Era Pisanu, di Forza Italia. Non si sa se abbia mai risposto all’interrogazione, che chiedeva il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti.
Un esponente di Alleanza Sinistra Verdi, Marco Grimaldi, ha visitato il Cpr di Torino a novembre scorso, insieme al fratello di Moussa Balde, il migrante che si è tolto la vita nella primavera del 2021.
Il Cpr torinese ora risulta chiuso a seguito dei danneggiamenti subiti in una serie di rivolte avvenute nel mese di febbraio.
Di recente la Zanella ha presentato un esposto alla procura insieme ad altri politici tra cui Nicola Fratioianni per indagare sui fatti che hanno portato al naufragio di Cutro, nell’ipotesi che le istituzioni abbiano sottovalutato il rischio che era evidente, commettendo il crimine di omissione di soccorso.
Pochi mesi fa, Zanella e Fratoianni hanno dovuto gestire gli attacchi contro il partito seguiti all’inchiesta che ha coinvolto alcuni familiari del deputato Soumahoro. Hanno reagito con sollievo alla decisione del diretto interessato di autosospendersi dal gruppo.
In realtà Soumahoro si è lamentato per assenza di solidarietà umana e supporto politico da parte dei suoi compagni di partito.
La capogruppo Zanella invece è rimasta delusa per assenza di comunicazione più diretta e meno burocratica da parte di Soumahoro.
La polemica mediatica su questa storia si è spenta, per il momento.
L’ultimo tweet di Soumahoro è di quattro giorni fa, per esprimere dolore per la morte di due operai vicino Sermoneta, Latina.
“Gli incidenti sul lavoro sono una ferita per la nostra democrazia”, scrive il parlamentare, senza aggiungere proposte concrete.
La Zanella avrebbe un account Twitter, senza bollino, ma l’ultimo aggiornamento è un retweet della Boldrini di due mesi fa che segnalava la notizia di attrici costrette a spogliarsi durante i provini. Il penultimo retweet risale a tre mesi fa, ed era dedicato a un manifestante iraniano condannato a morte.
Nessuno Tocchi Caino aveva scritto a gennaio che l’uomo sarebbe finito in coma a causa delle torture.