Comunicato Berneri Bologna

Il circolo anarchico Camillo Berneri di Bologna ha scritto un comunicato sullo sgombero dell’Asilo occupato di Torino, che è stato pubblicato sul sito Zero In Condotta.
La questione è complessa perché lo sgombero è stato deciso a sostegno di un blitz contro una cellula accusata di inviare o collocare ordigni contro aziende coinvolte nella gestione dei centri per i rimpatri.
A Torino ci sono state varie iniziative a sostegno degli arrestati, e anche nel resto d’Italia sono state segnalate prese di posizione simili (Nulla da segnalare invece al corteo milanese di sabato contro Cpr e Salvini).
Secondo gli autori del comunicato bolognese, non sarebbe violenza bruciare un cassonetto o rompere una vetrina, ma mettere in galera qualcuno la cui colpa è quella di essere straniero e senza documenti (nessun riferimento alla strategia degli ordigni).
“La complessità del reale, fatta di sfruttamento e di un aumento della segmentazione economica e sociale che fa seguito al processo di ristrutturazione neoliberale di questi anni è difficile da comprendere e produce un malessere sociale che viene governato dagli stati invocando maggiore sicurezza”, si legge nel comunicato. “Ciò si traduce in un governo autoritario, uno stato di polizia, in cui il dissenso viene costantemente attaccato, represso, silenziato. Un clima soffocante, dove ai colpi sempre più pesanti di quell’economia dello sfruttamento continuo che è il sistema neoliberale si vuole rispondere col nazionalismo e il sovranismo, facendo appello a un presunto popolo”.
Ma lo stato di cose esistente non si limita all’opposizione tra stato-nazione e organismi sovranazionali. E non è detto che chi non sta col “popolo” che chiede sicurezza stia per forza di cose con le elite e con i tecnocrati, scrivono gli autori del comunicato.
Intanto sul fronte anarchico si segnala un altro blitz, che è scattato in queste ore in Trentino Alto Adige, attirando l’attenzione anche della cronaca nazionale.
“Arrestati sette attentatori anarchici”, titola il Corriere del Mezzogiorno. Di nuovo si parla di ordigni, tra cui quello spedito a ottobre scorso alla sede della Lega di Ala (Trento) prima di una visita del ministro Salvini.
Vengono perquisite non solo le abitazioni degli indagati, ma anche quelle di soggetti ritenuti vicini alla cellula.

Bologna striscione contro Salvini. Critiche e appelli contro il decreto

A Bologna un collettivo universitario ha affisso un lungo striscione con la scritta “Salvini, Bologna ti odia! No al razzismo”.
La notizia è stata riportata dal Corriere della Sera, con tanto di foto.
Nell’articolo si descrive anche un manifesto con la faccia di Salvini puntata da un mirino e la scritta “Assassino / Prendilo di mira”.
Che potrebbe essere interpretato come un appello a qualche killer, ma che il Ministro ha interpretato diversamente, rispondendo su Facebook: “A Bologna i soliti figli di papà dei centri a-sociali mi mettono un mirino addosso con la scritta Assassino. Che pena”. Segue la sua proposta: “Credo che qualche mese di servizio civile o militare gli farebbe proprio bene. Che ne pensate?”
Ma al servizio militare non è dove insegnano alla gente a sparare? Sarebbe sconsigliato, in questo caso.
Una foto del manifesto è visibile sul sito ufficiale del collettivo, dove al momento ha totalizzato sette “mi piace”.
Nel comunicato del collettivo c’è scritto “da sempre ci siamo opposti, e continueremo a farlo, all’ondata di odio e xenofobia che Salvini vuole infrangere sulla società italiana”.
Insomma, si scrive “Bologna ti odia” per contrastare un’ondata di odio.
La contraddizione la nota il sindaco della città, Virginio Merola, che dice “Io certo non condivido la politica di Salvini, ma non ho bisogno di usare parole d’odio”. E ancora: “Bologna non odia e non minaccia nessuno. Chi lo fa è contro Bologna”.
Nel comunicato del collettivo si annuncia: “Siamo pronti a scendere in campo contro la riapertura del Cpr di Modena”.
Nei mesi scorsi, quando sembrava che le procedure per aprire la struttura modenese fossero bloccate, l’amministrazione comunale aveva proposto di aprire il centro a Bologna. Guadagnandosi le critiche degli antirazzisti, anche alla luce del fatto che il locale Cpr era stato chiuso anche grazie alle proteste dell’attuale sindaco. Ma ora che il ministro non è più Minniti ma Salvini, i politici locali stanno facendo un nuovo ripensamento, anche a proposito delle strutture attualmente operanti. Che col governo leghista rischiano di mutare la loro funzione da quella di accoglienza a quella di selezione ai fini del rimpatrio.
Il decreto approvato dal Governo (ma forse non ancora firmato da Mattarella) è stato duramente criticato proprio da Merola: il provvedimento, a suo dire “determinerà gli effetti opposti agli obiettivi dichiarati e si dimostrerà inefficace, producendo più clandestini. La combinazione dell’abolizione della protezione umanitaria con lo snaturamento del sistema Sprar” porteranno a “ripercussioni sulla sicurezza delle città, perché la clandestinità comporta il rischio di un aumento dei reati”.
Col ridimensionamento dello Sprar c’è la possibilità che a Bologna possa essere chiesto di ospitare un centro di grandi dimensioni che farebbe aumentare le tensioni sociali. Almeno, questo è ciò che teme l’attuale amministrazione.
Le obiezioni contro il decreto immigrazione-sicurezza di Salvini sono analizzate nel dettaglio in un articolo di Internazionale, che raccoglie tra l’altro l’opinione di Mario Morcone, ex capo gabinetto del Ministero dell’Interno ai tempi di Minniti, oggi presidente del Consiglio Italiano Rifugiati.
Uno dei nodi sottolineati dall’articolo è quello dei Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas). Ridimensionando lo Sprar, gli stranieri andrebbero a finire nei Cas, che sono strutture d’emergenza, con standard inferiori rispetto a quelli previsti dalla normativa europea.
Il presidente del Consorzio Italiano Solidarietà – Ufficio Rifugiati Gianfranco Schiavone spiega a Internazionale: “Di solito questi Cas sono gestiti da organizzazioni che preferiscono logiche speculative legate ai grandi numeri, e in passato sono stati anche protagonisti di inchieste giudiziarie che hanno ravvisato legami con la criminalità organizzata”. Non esiste un sistema efficiente di controllo della spesa dei centri straordinari, e questo favorisce l’interferenza delle mafie.
Poche ore fa, l’organizzazione internazionale EveryOne ha inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica per chiedergli di non firmare il decreto di Salvini, avendone rilevato “alcuni aspetti incostituzionali e lesivi dei diritti umani dei migranti, richiedenti asilo e profughi”.
Un comunicato è stato pubblicato sul sito di Articolo 21, con la parte finale dell’appello e una foto standard di una bambina africana, scattata chissà dove, chissà quando, non necessariamente in Italia.
In realtà la situazione dei minori non accompagnati non cambia: continueranno ad essere ospitati nell’ambito del sistema Sprar, hanno spiegato i siti d’informazione in questi giorni. Che però non fanno nessun riferimento alla situazione dei minori accompagnati.

Bologna, dibattito sul Cpr

In piena campagna elettorale, a Bologna si discute della proposta del sindaco di riconvertire l’hub in Centro di Permanenza per i Rimpatri, dopo che negli anni scorsi lo stesso sindaco si era battuto per trasformarlo da centro di espulsione a hub.
In un dibattito elettorale su Radio Città del Capo, l’esponente del Pd Luca Rizzo Nervo si è detto contrario alla proposta del primo cittadino: “Io ho un vizio: sono coerente”. “Ritengo la scelta del superamento del Cie una scelta giusta, e credo che se non meglio specificata la scelta di un centro per il rimpatrio rischia di ripetere qualcosa che abbiamo visto e io non vorrei rivedere in questa città”, ha detto il politico, ex assessore al welfare.
Su Facebook ha pubblicato un comunicato più dettagliato. Pur ammettendo la necessità di rimpatriare gli irregolari, ha scritto “Credo che prima di valutare ogni possibilità si debba specificare meglio la finalizzazione del Cpr”. Il centro dovrebbe servire solo per espellere chi costituisce una minaccia per il Paese, “e non già genericamente per l’espulsione di migranti in condizione di irregolarità, che richiederebbe l’ampliamento dei numeri e in conseguenza di ciò rischierebbe di riprodurre tutti i limiti drammatici che avevano portato alla scelta giusta di chiudere il Cie di via Mattei”.
Il sito di Radio Città del Capo riporta la posizione di altri esponenti locali del Pd, favorevoli al Cpr, e qualche frasetta di due esponenti di altri schieramenti che hanno partecipato al dibattito. La candidata 5 stelle ha detto una frase generica: “Questi problemi si risolvono con politiche dell’immigrazione che riescano a gestire il problema e su questo i governi precedenti hanno fallito”. La candidata forzista invece ha detto che i centri per i rimpatri “diventano ingestibili e fonte di criminalità”. La soluzione? “Queste persone devono essere rispedite a casa quando arrivano”. Non fa una piega. E quelli che sono già arrivati?

Richiedente asilo accusato di furto

Un richiedente asilo diciottenne originario della Nuova Guinea è stato arrestato a Bologna con l’accusa di furto. Il ragazzo è entrato in un appartamento in cui dormivano due ventiduenni senegalesi, afferrando i due smartphone dal comodino. I derubati lo hanno inseguito per i campi e hanno allertato il 113. Il giovane era ospite dell’hub di via Mattei (l’ex Cie bolognese, nel quale in questi giorni si stanno svolgendo i lavori di ampliamento, con l’allestimento di una tendopoli con altri 300 posti).
Intanto il vicedirettore del Resto del Carlino, rispondendo a un lettore, si è schierato apertamente per la chiusura dei porti alle navi straniere e Ong che trasportano clandestini. Chiede inoltre una distinzione severa tra migranti economici e profughi in fuga da guerre, e auspica un’alleanza dei paesi Onu per l’Africa, così come si è fatto per l’Afghanistan. (Invadere l’Africa?) Il lettore scriveva: “Quanti europei sono fuggiti dai loro paesi dopo le due guerre mondiali? Se non c’è l’amore verso il proprio Paese può forse nascere per uno Stato diverso come tradizione, cultura, religione?”. Gli si poteva rispondere che quando in Italia c’era la dittatura un sacco di fuoriusciti Italiani si rifugiarono in Francia, ad esempio, per non parlare degli ebrei allontanatisi dalla Germania per scampare all’Olocausto. Evidentemente al giornale non ci hanno pensato.
Il consigliere leghista Umberto Bosco ha diffuso un comunicato nel quale si oppone alla proposta di aprire un secondo hub metropolitano e alla più equa ripartizione degli arrivi auspicata dalla Giunta: bisogna invece trovare il coraggio di fissare un limite inderogabile agli arrivi, dice. Si devono scongiurare le partenze e rimpatriare chi non ha i requisiti.
Nei comunicati pubblicati sul suo sito web, Bosco fa spesso riferimento all’Islam.
All’inizio di giugno ha espresso preoccupazione per la presenza a Bologna di “luoghi di culto mascherati da associazioni”. “Se le istituzioni locali, come fa il Comune di Bologna, perseverano nel tollerare e sponsorizzare l’aggregazione dei fedeli islamici, le probabilità che da questi assembramenti nascano terroristi non possono che aumentare”. Accanto all’articolo, una vignetta raffigura l’islam moderato come un’enorme bomba alla quale i radicali accendono la miccia.
A settembre commentava l’apertura al dialogo interreligioso da parte del presidente delle comunità arabe in Italia che aveva promosso l’apertura delle moschee ai cristiani. “Perché solo ai cristiani? Perché non invitare altre categorie? Per esempio le associazioni di metallari (Bataclan)”. Secondo lui era in corso un tentativo da parte delle organizzazioni islamiche di stipulare un sodalizio con le gerarchie cattoliche “nella speranza che queste giochino un ruolo di mediazione e favoriscano il riconoscimento istituzionale della religione islamica”. “Non è un caso che a Bologna la comunità islamica non chieda la moschea, ma il sindaco di centrosinistra e il Vescovo premano per dargliela lo stesso”.
Intanto in cronaca nazionale è in primo piano la vicenda dei sindaci dei Nebrodi che hanno deciso di tenere un presidio permanente di fronte all’hotel Canguro di Sinagra (Me), nel quale sono ospitati 50 migranti. “Vanno spostati al più presto”, dicono.
Sul fronte politico, si allontana l’approvazione dello ius soli. Il premier Gentiloni ha ammesso che non ci sono le condizioni per approvare il provvedimento entro la fine dell’estate.

Pd Trentino: Cie fallimentari. Emilia Romagna, forse Cie a Modena

Oggi al consiglio provinciale di Trento si discuterà della possibile apertura di un Cie sul territorio, come vorrebbe il Ministro dell’Interno Marco Minniti.
Due consiglieri del Partito Democratico durante il question time chiederanno alla giunta “quale sia la posizione sulla possibilità che anche nella nostra provincia venga istituito un Cie, e come si possa ritenere conciliabile la presenza di un centro di detenzione amministrativa con le politiche di accoglienza diffusa adottate dalla Provincia nei confronti dei profughi e dei richiedenti asilo”.
I consiglieri fanno notare che “l’esperienza dei Cie si è rivelata fallimentare sia sotto il profilo del rispetto della dignità delle persone trattenute nei centri, sia sotto il profilo dell’efficacia funzionale, sia sotto il profilo dei costi, tanto da portare alla chiusura di 7 centri su 12”.
Anche la giunta della provincia di Trento è del Pd.
Intanto arrivano indiscrezioni dall’Emilia Romagna, secondo le quali il Cie non dovrebbe aprire a Bologna, ma forse a Modena. Il sindaco di Bologna, anche lui del Pd, ha sempre definito la chiusura del locale Cie come uno dei successi più importanti ottenuti dalla sua amministrazione.
Un’altra indiscrezione riguarda il nome dei nuovi centri di espulsione: si chiameranno “Centri per il rimpatrio degli immigrati irregolari”. In parte si tratta di un’operazione di facciata, per marcare le distanze da un progetto considerato fallimentare dagli stessi esponenti del Pd, in parte dovrebbe essere lo specchio di qualche differenza concreta rispetto al passato. Se finora nei centri di espulsione potevano finire anche stranieri incensurati, come la badante o il bracciante in nero, i nuovi Cie dovrebbero accogliere solo gli stranieri considerati pericolosi, come per esempio i pregiudicati.

Oggi consiglio comunale a Bologna

Scrive Emilia Romagna News che oggi si riunirà il consiglio comunale di Bologna in seduta ordinaria. Prima di affrontare la discussione su cinque delibere, si esaminerà il tema “Sicurezza in città, ruolo dell’hub di via Mattei e possibile riapertura del Cie”. La richiesta è partita dalla consigliera Lucia Borgonzoni, della Lega Nord.
Due settimane fa c’è stato un botta e risposta tra la consigliera e il sindaco della città, Virginio Merola, il quale rivendica la chiusura del Cie come “una delle azioni più importanti che abbiamo fatto come amministrazione nel mandato precedente”. La Borgonzoni gli contestava “fantasiose ricostruzioni storiche” a proposito dell’accordo di Dublino3, che, “ricordo al primo cittadino, è stato sottoscritto da Enrico Letta, con Angelino Alfano ministro dell’Interno ed Emma Bonino agli Esteri. Se si vuole parlare di un fenomeno come quello legato all’immigrazione e all’accoglienza, prima di pontificare bisognerebbe studiare. I problemi non si risolvono con piccoli slogan, per di più sbagliati”.
Merola aveva detto, secondo quanto riporta l’agenzia Dire, che la convenzione di Dublino era stata “firmata da un governo di centrodestra, dove c’era anche la Lega”.
Secondo Wikipedia esistono tre versioni del regolamento di Dublino: la prima entrata in vigore alla fine degli anni novanta, la seconda adottata nel 2003, quando il Presidente del Consiglio italiano era Silvio Berlusconi, e la terza nel 2013, con Enrico Letta Presidente del Consiglio da due mesi.

Domani Minniti a Bologna

Domani il Ministro dell’Interno Marco Minniti sarà a Bologna. Incontrerà il sindaco per discutere di varie questioni, tra le quali l’apertura di un centro di espulsione. Il piano di Minniti, reso noto alla vigilia di Capodanno, è quello di aprire un Cie in ogni regione, con capienza massima di cento posti, nelle vicinanze di un aeroporto. Finora i dettagli dell’operazione non sono stati ancora messi a punto. A Bologna c’era un Cie, in via Mattei. Al momento è stato riconvertito in hub, ovvero centro di smistamento dei migranti. “Non si può sostituire con un Cie un hub che funziona egregiamente e che è stato pilota in Italia”, ha detto il sindaco Virginio Merola. “Non bisogna inseguire un allarme con uno strumento inadeguato”.
Merola ha dichiarato che “a Bologna c’è un’incompatibilità ambientale” con il Cie, “non c’è il clima per fare sperimentazioni.
Pochi giorni fa a Bologna c’è stato un corteo dei centri sociali (un centinaio di persone, secondo Repubblica) per dire no alla riapertura del Cie, approfittando anche del fatto che 100 rifugiati provenienti dal centro di Cona (Venezia) sono stati portati proprio nell’hub regionale, dopo la rivolta seguita alla morte di una ragazza ivoriana, e alle polemiche sul presunto ritardo nei soccorsi.
Lo stesso giorno, a pochi minuti di distanza, c’è stato però un presidio di Lega Nord e Fratelli d’Italia per chiedere invece la riapertura del Cie. Molta gente arrivata nell’hub, dicono, “è fuggita sul territorio anche prima di essere identificata ed avere i primi screening sanitari”. Persone che poi sarebbero state viste a chiedere l’elemosina o a spacciare.

Riapertura Cie, le reazioni

L’articolo pubblicato dal Messaggero due giorni fa in cui si parla della riapertura dei Cie ha suscitato qualche preoccupazione a Bologna, una delle città indicate come possibile sede di un nuovo centro di espulsione.
I parlamentari del Partito Democratico Sandra Zampa e Sergio Lo Giudice hanno annunciato interrogazioni al Governo per chiedere quali sono le vere intenzioni in proposito.
Il Cie bolognese è stato chiuso nel 2013 su insistenza del sindaco, il democratico Virginio Merola.
I centri sociali Tpo e Làbas hanno già pubblicato un comunicato diretto al nuovo Ministro dell’Interno nel quale affermano: “Bologna non è candidabile ad ospitare un Cie”.
L’articolo del Messaggero dice di basarsi su presunte indiscrezioni del Viminale. Al suo interno c’è una lista dei Cie aperti sul territorio italiano che suscita qualche sospetto di non essere aggiornata: vi appare ancora il centro di espulsione di Trapani, che risulta convertito in hotspot da circa un anno, mentre non compaiono altre due strutture che in questi mesi sono state indicate dalle cronache come destinazione dei clandestini da espellere.
L’articolo è disponibile online a pagamento. Firenze Post ne ha pubblicato una versione gratuita, con qualche ritocco.

Bologna, rubati novemila euro all’hub

Il 31 agosto scorso sono stati rubati 9.000 euro dall’ufficio del personale della cooperativa che gestisce il centro di smistamento profughi di Bologna. La denuncia è stata sporta due giorni dopo, ma sui mass media è arrivata soltanto ieri. In quelle ore concitate il personale della struttura era impegnato nell’accoglienza di 750 profughi appena arrivati, per i quali era stato necessario allestire altre quattro tende in più oltre a quelle già montate. Sul caso indagano i carabinieri. A quanto pare non sono stati rilevati segni di effrazione: è possibile che i ladri fossero entrati in possesso delle chiavi, in qualche modo. Il denaro serviva per il “pocket money”, ovvero doveva essere distribuito ai migranti per le piccole spese a loro scelta (2 euro e mezzo al giorno).

I giorni di Ismaila

Il sito del Corriere ha pubblicato un’intervista con un profugo senegalese minorenne: Ismaila, 17 anni, ospite dell’hub di Bologna.
Il giovane è arrivato nel centro il 23 luglio. La traversata del Mediterraneo è durata 4 giorni. Prima però c’è stato un lungo viaggio attraverso il Mali e la Libia.
“Ce l’ho fatta, mi sono salvato. Non ce l’ha fatta mio padre, io sono arrivato qui da solo”, dice.
Vorrebbe andare in Francia o in Belgio. Intanto studia l’italiano, visto che il trattato di Dublino lo costringe a stare qui.
Il sabato prova ad avvicinarsi ai ragazzi italiani, ma quelli si allontanano. “Forse pensano che gli chieda l’elemosina”.