Il giorno del sangue

Il 25 marzo c’è stata una rivolta nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer, in Sardegna.
E’ divampato un incendio, parte della struttura sarebbe ora inagibile. Le persone trattenute sono state ospitate temporaneamente nelle tende. Non abbiamo informazioni su cosa è avvenuto nelle settimane che sono seguite.
Due giorni prima il centro era stato visitato dalla deputata Francesca Ghirra, del partito dei Progressisti Sardi – Alleanza Verdi Sinistra, che ha poi presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno Piantedosi.
Il sito Nuove Radici ha dedicato un articolo ai Cpr, dopo la manifestazione che c’è stata a Milano per chiedere la chiusura dei centri rimpatri. Dentro ci sono vari brandelli di testimonianze dei migranti, con l’intento di fare impressione più che di chiarire le singole storie e i singoli dettagli.
Uno straniero imprecisato ha detto che in un centro imprecisato c’è stato un atto di autolesionismo di gruppo: in tanti si sono tagliati e macchiati la faccia e i vestiti di sangue. Lui è uscito dopo questi fatti.
Inoltre si dice che il centro è diviso in tre blocchi, A, B e C. Nel primo vengono messi i migranti più tranquilli, nell’ultimo quelli più problematici. Quando arriva un’ispezione da parte dei parlamentari, viene fatto visitare soltanto il primo blocco.
La testimonianza si riferisce probabilmente proprio al Cpr di Macomer. Viene citata Irene Testa, garante dei detenuti della Regione Sardegna, che ha chiesto addirittura l’intervento del Comitato di prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa.
L’articolo cita la Rete Mai Più Lager – No ai Cpr, che ha organizzato il corteo di sabato, l’associazione Naga, che raccoglie le testimonianze dei reclusi, e il consigliere regionale lombardo Luca Paladini, che di recente ha visitato il Cpr milanese, commissariato a causa di servizi non erogati da parte dell’ente gestore.
Sempre il 23 marzo c’è stato un tentativo di suicidio nel Cpr di Gradisca d’Isonzo, sventato da parte dei reclusi. Esiste un video concitato realizzato dai reclusi stessi.
A Roma il 3 marzo un migrante, Ousmane Sylla, è riuscito a togliersi la vita. Il nome e la notizia hanno ricevuto spazio sui siti di informazione, cosa che non è scontata visto che della morte di alcuni stranieri avvenuta negli ultimi anni si è saputo solo con parecchio ritardo, e solo perché risultava nelle statistiche diffuse a fine anno dall’ex Garante dei detenuti.
Quest’anno è in carica un nuovo Garante che incontra persone qua e là ma non ha ancora detto cosa ne pensa dei Cpr.
All’inizio di questo mese ha parlato col Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura in persona.
“Durante l’incontro i rappresentanti dei due organismi di garanzia hanno discusso su temi di comune interesse afferenti i rispettivi mandati” è tutto quello che dice il comunicato stampa, che elenca i nomi dei componenti italiani della delegazione ma non si degna di fare il nome della persona cha hanno incontrato.

Visita al Cpr di Macomer

La deputata Francesca Ghirra, di Alleanza Verdi Sinistra, ha visitato il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer. La struttura è stata resa in parte inagibile da un incendio appiccato dai reclusi lunedì scorso.
A quanto pare i casi di tutti trattenuti sono seguiti dallo stesso avvocato d’ufficio.
Nel centro è presente anche un cittadino statunitense non meglio precisato. “Cosa ci fa lì?”, si chiede l’onorevole. “Così come è incomprensibile la permanenza di un cittadino somalo titolare dello status di rifugiato politico e quindi regolarmente presente sul territorio a prescindere dall’avere con sé un documento scaduto”.
Nel corso degli anni la struttura ha ospitato un cittadino rumeno e uno lettone.
La struttura “è del tutto inadeguata ad ospitare gli stranieri in attesa di un ipotetico rimpatrio visto che presenta gravi caratteristiche di obsolescenza e incuria”.
E’ divisa in tre blocchi che possono ospitare 50 persone che alloggiano in celle aperte da due o quattro posti (si tratta di un ex carcere).
“Alcune delle persone migranti incontrate durante il sopralluogo presentavano seri problemi di salute del tutto incompatibili con la permanenza nella struttura, sia di tipo fisico che psichiatrico”, dice la Ghirra, che ha chiesto risposte al ministro dell’Interno.
Il sito Report Sardegna ha riportato le dichiarazioni della parlamentare, con foto della diretta interessata. Da quando il centro è stato aperto non sono mai circolate foto dell’interno.
Non si hanno statistiche sulla provenienza dei reclusi, sulla loro pericolosità sociale, sul tempo che hanno trascorso dietro le sbarre. Il termine di 18 mesi è puramente teorico. La gran parte dei migranti dovrebbe essere rimpatriata o rilasciata nel giro di tre-sei mesi, ma i dati non interessano a nessuno.
Lo stesso testo è stato pubblicato anche da Youtg.net, con foto del Cpr visto dall’esterno.
Visto che parte della struttura sarebbe inagibile, alcuni dei reclusi potrebbero essere trasferiti o rilasciati. I mass media non riportano nessuna dichiarazione ufficiale da parte del gestore.
Si era detto che tramite le immagini di videosorveglianza sarebbe stato possibile identificare coloro che avevano appiccato fuoco ai materassi. Non se ne è saputo più niente.
Nessuna immagine dell’incendio o dei danni è circolata in questi giorni.

Incendio al Cpr di Macomer. Parla la Garante regionale

La garante regionale delle persone private della libertà della Sardegna Irene Testa ha rilasciato alcune dichiarazioni dopo che si è saputo che c’è stato un incendio nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer.
Il suo comunicato è stato riportato dal sito Alghero Live, con foto di repertorio della diretta interessata.
La Garante ha scritto due mesi fa al Comitato prevenzione della tortura Onu per chiedere una visita al centro, ma non ha ricevuto risposta.
“La situazione esplosiva non è da imputarsi certamente alla gestione ma al decreto Cutro e al regolamento Lamorgese. Chi deve rimanere di fatto in condizioni detentive per 18 mesi senza poter svolgere nessun tipo di attività all’interno del centro e senza avere commesso alcun reato viene preso dalla disperazione e scoramento, situazioni che poi sfociano in gesti disperati. Purtroppo ogni eventuale ulteriore pressione e richiesta di repressione dei comportamenti più a rischio, in questo contesto, poco potranno fare verso le criticità se non si affronterà il problema alla radice”.
Il comunicato si conclude così, senza nessun approfondimento.
Mancano i dati sugli stranieri reclusi: non si sa quanti ce ne siano all’interno, quanti di loro siano pregiudicati, quanti sono stati fermati in Sardegna e quanti nelle altre regioni, e da quanto tempo si trovano all’interno della struttura.
Il tempo di 18 mesi è solo il limite massimo. Possibile che la maggioranza dei reclusi sia dentro da meno di sei mesi, o di tre. Ma questo chi dovrebbe dirlo? Il gestore o il garante. Ma non lo dicono.
Per quanto riguarda l’assenza di attività, abbiamo sentito qua e là proposte assurde. Qualcuno pensa di risolvere il problema concedendo per esempio la possibilità di giocare a pallone in attesa del rimpatrio. Forse è un miglioramento, ma non è detto che sia la soluzione del problema. Nessuno ha chiesto un parere ai reclusi.
Gli schieramenti politici non vengono neanche nominati nel comunicato. Il Cpr sardo è stato aperto su iniziativa di un ministro dell’Interno del Partito Democratico, Marco Minniti, che intendeva scoraggiare gli arrivi dalla parte occidentale del Mediterraneo. Non si hanno dati, quindi non si può sapere se abbia funzionato o no.
Il centro è stato allestito in un ex carcere in disuso. Non sono mai circolate immagini degli ambienti interni. Nel riportare la notizia dell’incendio, la Tgr risolve con una fotografia di due furgoni dei carabinieri visti attraverso un cancello.
I danni non sono stati quantificati.
I rivoltosi sarebbero quattro o cinque. Un blocco è stato evacuato.
“Per risalire agli autori saranno vagliate le immagini della videosorveglianza”. Di solito le immagini della videosorveglianza non vengono mai distribuite ai mass media, per cui il grosso dell’opinione pubblica non sa o non si rende conto di quello che è successo.
Silenzio come al solito da parte del nuovo Garante nazionale dei detenuti, che da quando è entrato in carica non si è ancora espresso sull’argomento.

Viareggio, un accompagnamento al Cpr

Un trentenne marocchino fermato in un hotel a Viareggio è stato accompagnato dalla polizia al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer in Sardegna.
L’uomo ha un precedente penale, una rapina risalente al 2018.
La notizia è stata riportata da La Gazzetta Di Viareggio, con foto di repertorio di uno straniero che viene imbracato su un aereo.
Possibile che l’accompagnamento sia avvenuto col traghetto, ma nessuno ha verificato. E’ stato scelto il Cpr di Macomer perché evidentemente non erano disponibili posti nei centri presenti sulla penisola. Negli ultimi tempi ci sono state varie rivolte che hanno reso inagibili le strutture, ma né i garanti dei detenuti né i politici che le hanno visitate si sono premurati di dare un quadro aggiornato e complessivo della situazione.
Il Governo ha intenzione di aprire nuovi Cpr nelle regioni che ne sono sprovviste. La Toscana non ne ha mai avuto uno, come pure la Liguria, l’Umbria, le Marche, l’Abruzzo… Si sono già svolti dei sopralluoghi, e si attendeva la lista già alla fine dell’anno scorso. Siamo già a marzo e ancora non è arrivata nessuna comunicazione ufficiale. Il fatto è che popolazioni e politici locali di solito sono contrari ai Cpr, inclusi gli amministratori di destra che vorrebbero semplicemente che la struttura fosse costruita altrove. Così il governo temporeggia, per non danneggiare i partiti che lo appoggiano nelle elezioni locali che si stanno svolgendo sul territorio. E tra qualche mese ci saranno anche le elezioni europee.
Il Cpr di Macomer è stato aperto dal centrosinistra come deterrente per gli irregolari che sarebbero sbarcati in Sardegna a partire dal Mediterraneo occidentale. Viene usato anche per ospitare in attesa di rimpatrio gli stranieri fermati nelle altre regioni. Purtroppo nessuno ha raccolto statistiche in proposito.
A settembre l’Ansa ha scritto che si sarebbero svolti lavori per aggiungere 32 nuovi posti ai 50 già disponibili.
Il centro è stato allestito in un ex carcere, lontano dal centro abitato e da tutti i porti di sbarco e aeroporti della Sardegna.
Nessuno ha verificato quanto tempo ci vuole per trasferire uno straniero da Viareggio a Macomer.
Secondo i dati diffusi in passato, questo centro aveva una bassissima percentuale di rimpatri e lunghi tempi di permanenza.
Uno straniero per cui non è possibile ottenere il rimpatrio può essere trattenuto fino a 18 mesi consecutivi, prima di essere rilasciato senza permesso di soggiorno, col rischio quindi di essere riportato dentro al controllo successivo.
Non si conoscono però i dati reali: quando è entrato lo straniero che si trova lì dentro da più tempo?
Apparentemente i giornalisti non hanno mai visitato la struttura. le uniche foto che circolano sono quelle del cancello d’ingresso, visto da fuori.

Monza, due accompagnamenti al Cpr

Due stranieri sono stati accompagnati in due diversi Centri di Permanenza per i Rimpatri per ordine del Questore di Monza e Brianza.
Uno è un trentunenne albanese arrestato insieme ad altre 43 persone nel 2018 in un’operazione nel corso della quale sono stati sequestrati 48 kg di eroina, quasi 2 di cocaina, 1 di marijuana, 3 pistole, un silenziatore, 30mila euro e numerose autovetture di grossa cilindrata.
Lo straniero è stato accompagnato al Cpr di Milano.
Un 34enne tunisino invece è stato portato al Cpr di Macomer. Tra i suoi precedenti penali, anche lo stupro di una sua ex fidanzata che aveva costretto a un rapporto sessuale minacciandola con un coltello.
La notizia è riportata da Teleradio News, senza foto e nomi dei due stranieri in questione.
Quando gli attivisti chiedono la chiusura dei Cpr, dicono sempre che si tratta di strutture in cui vengono rinchiusi stranieri che non hanno commesso reati, ma evitano sempre di commentare notizie come questa.
Dal Cpr milanese non sono arrivati aggiornamenti di rilievo, di recente. Da quello di Macomer all’inizio del mese scorso sono arrivate le foto di un sopralluogo effettuato da questore, comandanti di carabinieri e guardia di finanza, sindaco, questore e prefetto in vista dei lavori di ampliamento.
La struttura, allestita all’interno di un ex carcere, ha una capienza di una cinquantina di posti che dovranno essere raddoppiati.
I giornalisti non sono mai potuti entrare a fotografare gli ambienti all’interno, neanche prima che venissero riempiti di stranieri.
Secondo i dati diffusi, la struttura è la più inefficiente d’Italia quanto a numero di rimpatri, ma nessuno ne ha mai spiegato il motivo.
A giugno 2020 nel Cpr di Macomer ci fu una protesta da parte dei reclusi e un uomo si è cucito la bocca. Non si è mai saputo niente di più preciso. Il deputato leghista Eugenio Zoffili aveva annunciato un’interrogazione per fare chiarezza. Non si sa come è andata a finire.
Mesi prima aveva già chiesto di mettere fine alle aggressioni contro le forze dell’ordine nel centro rimpatri.

Foggia, il killer della tabaccaia era già stato in un Cpr

Il cittadino marocchino che a fine agosto ha assassinato una tabaccaia a Foggia era già stato in un Centro di Permanenza per i Rimpatri, quello di Macomer in Sardegna, ma poi il suo trattenimento non era stato convalidato e ne era stato deciso il rilascio.
La notizia è stata riportata dal Giornale e ha destato un qualche scalpore a livello locale: se l’uomo fosse rimasto nel centro e fosse stato rimpatriato, non sarebbe avvenuto l’omicidio.
Lo straniero era già stato condannato per rapina in passato, e anche per questo era stato portato al Cpr alla fine del 2020, tre anni prima dell’omicidio.
Un servizio di TgCom24 dice che gli accordi col Marocco funzionano, ma non fornisce dati. I dati diffusi dal Garante dei detenuti dicono che all’epoca del lockdown il 99% dei marocchini veniva trattenuto inutilmente, visto che il Paese aveva chiuso completamente le frontiere. Nel corso del 2021 su 420 marocchini trattenuti ne furono rimpatriati soltanto 4. Quasi nessuno ha messo in evidenza questi dati, in questi anni.
Il Cpr sardo è un dei più inefficienti d’Italia. Nel 2020 ha rimpatriato solo 37 persone su 175 transitate, il 21%. L’anno dopo ha fatto anche di peggio: 35 su 197, il 17,8%. Nessuno ha mai spiegato perché. E nessuno è mai neanche entrato a fotografare i locali del centro, allestito in un ex carcere molto lontano dai porti e dagli aeroporti dell’isola.
In questi giorni si sono svolti dei sopralluoghi nel centro di Macomer in vista dell’ampliamento della struttura.
I lavori verranno svolti da una “ditta romana” che si è aggiudicata l’appalto, che la Tgr sarda ha preferito non nominare.
Il raddoppio dei posti era stato deciso nel lontano 2018.
Così come non viene nominato di solito il gestore del centro.
Comunque la decisione di convalidare o no il trattenimento non dipende dalla magistratura, ma dal giudice di pace.
Nel corso del 2022, secondo i dati diffusi dal Garante dei detenuti, il 49% dei trattenuti nei Cpr è stato rimpatriato. Nel 25% dei casi il trattenimento non è stato convalidato dall’autorità giudiziaria. Nel 13% dei casi il rilascio è avvenuto allo scadere dei termini. Nell’8% dei casi è stato deciso il rilascio per altri motivi. In meno del 2% dei casi gli stranieri sono stati riconosciuti richiedenti protezione internazionale. Gli altri si sono allontanati arbitrariamente (46 persone su oltre 6mila) o sono stati arrestati (50) o sono deceduti (5).
I siti di informazione non specificano in base a quale motivazione l’assassino di Foggia era stato rilasciato.

Macomer, il Cpr raddoppia

Il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer, in Sardegna, aumenterà la capienza da 50 a 100 posti grazie ad uno stanziamento di 7 milioni di euro deciso del Ministero dell’Interno.
Lo scrive l’Unione Sarda. La foto è quella solita dei militari di guardia al cancello d’ingresso. L’articolo contiene anche dichiarazioni del sindaco Riccardo Uda, che si chiede quali saranno le contropartire per il territorio, e un rapido riferimento ad imprecisati “movimenti Non Cpr”, che domenica scorsa hanno protestato di fronte alla struttura, incitando i reclusi a ribellarsi, cosa che è successa nella stessa giornata con incendio di 25 materassi, per fortuna senza feriti.
Nell’articolo manca qualunque riferimento ai motivi per cui c’è gente che si oppone ai Cpr. Al fatto che le condizioni all’interno possano essere disumane, con scarsa assistenza medica, legale e psicologica, tanto che molti dei migranti finiscono in cura con psicofarmaci anche senza una diagnosi da parte del medico specialista.
Né vengono specificate quali sono le contropartite chieste dal territorio, tenuto conto che si tratta di un centro chiuso, per cui 50 o 100 migranti sono in stato di detenzione e non circolano sul territorio.
E nemmeno si nota il fatto che il Cpr sardo è quello con la percentuale più bassa per quanto riguarda il numero di rimpatri. Nessuno ha spiegato le cause, e il fatto di aumentare la capienza potrebbe addirittura peggiorare questo dato. Se un Paese accetta un rimpatrio a settimana, e il tempo di permanenza massimo previsto dalla legge è limitato (3-4 mesi), aumentare il numero dei reclusi di quella nazionalità senza aumentare il numero dei rimpatri significa che un numero maggiore di persone sarà rilasciato allo scadere dei termini.
Una delle criticità dei Cpr è che la stampa non può entrare a verificarne le condizioni. Dopo l’incendio di domenica, non sono nemmeno circolate le foto dei danni. Si sa che i manifestanti che hanno incitato i reclusi dall’esterno risultano indagati, ma non è stato detto neanche quanti sono, a parte il fatto che non si sa se abbiano una sigla di riferimento ben precisa.
Il Cpr sardo è stato l’unico aperto su iniziativa dell’allora ministro dell’Interno Marco Minniti, esponente del Partito Democratico.
All’epoca, mentre la destra era preoccupata per il fatto che il centro avrebbe portato migranti liberi di circolare per il Paese, il Pd rassicurava la popolazione dicendo che si trattava di un centro di detenzione. Che poi era uno dei motivi per cui lo stesso partito si opponeva ai centri di espulsione, quando stava all’opposizione, ed è lo stesso motivo per cui vi si oppone ora, che è tornato all’opposizione.

Incendio a Macomer

Prima Pagina News riporta un comunicato del sindacato Equilibrio Sicurezza Polizia che racconta che c’è stata un incendio di 25 materassi nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer, in Sardegna.
L’episodio non è degenerato in una sommossa. I fatti sono avvenuti in concomitanza con una manifestazione di una quindicina di persone all’esterno, intitolata “I Cpr si chiudono sul fuoco”. I poliziotti avrebbero voluto che l’autorizzazione fosse stata negata, visto quello che sarebbe potuto succedere, ossia danni più ingenti alle cose e alle persone.
Secondo il segretario generale del sindacato, Vincenzo Chianese, nel centro sono anche presenti delle criticità che le autorità hanno sottovalutato. Ad esempio in passato c’era una porta con la serratura difettosa. La Prefettura era stata informata ma non è intervenuta prontamente, così che uno straniero imprecisato è potuto fuggire, nei mesi scorsi. Questa storia non è arrivata sui mass media, non si sa chi sia il fuggitivo né si dice se sia stato riacciuffato.
La foto accanto all’articolo è quella di un pullman che entra nella struttura.
Mancano dati sul funzionamento del centro: la composizione della popolazione reclusa, la loro provenienza e nazionalità, la percentuale dei rimpatri. Per parecchio tempo il Cpr di Macomer è stato uno dei più inefficenti d’Italia in quanto a numero di rimpatri, ma nessuno ne ha mai spiegato i motivi.
Mancano anche informazioni su chi siano i protagonisti della manifestazione antagonista, arrivati da varie città d’Italia.
La Tgr sarda ha riportato la notizia dell’incendio con foto di alcuni furgoni dietro le recinzioni del centro, e ha scritto che alcuni dei manifestanti sono indagati per istigazione a delinquere.
Secondo il sito tra la manifestazione e l’incendio sono passate alcune ore.
L’articolo non cita il sindacato Es Polizia ma solo una dichiarazione del prefetto Dionisi che minimizza: non è stata una sommossa ma un piccolo atto dimostrativo.

Da Gallarate a Macomer

Un ventunenne camerunense senza fissa dimora che si era sistemato in un’area verde a Gallarate è stato accompagnato in aereo dalla polizia al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Macomer in Sardegna.
Lo straniero è in Italia dall’agosto dell’anno scorso. Era stato allontanato dalle strutture di accoglienza a causa dei suoi comportamenti violenti nei confronti degli altri ospiti. Una volta in strada aveva rifiutato qualsiasi tipo di assistenza, da parte dei servizi sociali e anche da parte della comunità camerunense.
Per il suo trasferimento è stato necessario il coinvolgimento di oltre dieci agenti nel corso della giornata, proprio a causa del suo carattere irascibile.
Il comunicato della polizia dice che lo straniero resterà nel Cpr “fino alla definizione della sua richiesta”.
In Lombardia esiste un Cpr, a Milano, ma evidentemente non aveva posti a disposizione, e non c’erano altri centri più vicini in cui ci fossero posti disponibili.
Il Cpr sardo è stato aperto per fungere da deterrente nei confronti degli stranieri in arrivo dal Mediterraneo occidentale. Eppure accoglie anche persone che si trovavano sulla penisola, anche se non sono mai state diffuse statistiche precise in proposito.
Quello di Macomer è il centro rimpatri che secondo i dati è caratterizzato dal tempo di permanenza più lungo e dalla percentuale di rimpatri più bassa. Nessuno ne ha mai spiegato il motivo.
Il comunicato della polizia è stato ripreso anche dal sito Varese Noi, sempre con foto di repertorio (il montante posteriore di un’auto della polizia).
Il Camerun è un Paese un po’ instabile. Pochi giorni fa il calciatore del Paris Saint-Germain Kylian Mbappé lo ha visitato per avviare alcuni progetti di beneficenza, ma i giornalisti sono rimasti colpiti dalla scorta consistente che gli è stata fornita per scongiurare il rischio concreto di rapimento con richiesta di riscatto. C’erano agenti dai modi spicci e perfino un mezzo corazzato.

Monza, accompagnamenti ai Cpr

La questura di Monza e Brianza ha disposto l’accompagnamento nei Centri di Permanenza per i Rimpatri di diversi cittadini stranieri.
Si tratta di un cinese, un egiziano e tre marocchini, accompagnati nei Cpr di Roma e Macomer.
A loro carico avevano vari precedenti penali.
Il cinese aveva contattato una quattordicenne tramite social e app di messaggistica e l’aveva minacciata per convincerla ad avere rapporti sessuali con lui.
L’egiziano, sessantaduenne, era stato condannato per lesioni personali e atti persecutori nei confronti dell’ex moglie e dei figli.
Uno dei marocchini aveva ospitato un parente evaso dal carcere di Reggio Emilia. E aveva rubato una bicicletta.
Un altro dei marocchini ha ingoiato delle pile per evitare l’accompagnamento al Cpr, ma dopo la medicazione veniva lo stesso considerato idoneo.
La foto sul Cittadino di Monza e Brianza mostra un poliziotto di spalle. Mancano i nomi, quindi dal punto di vista dell’informazione la storia finisce qui. Le autorità non emettono comunicati al momento del rimpatrio o del rilascio.
Non si saprà mai l’esito del trattenimento (solo nella metà dei casi si conclude con il rimpatrio) né i tempi necessari.
Gli attivisti continueranno a dire che chi finisce nei Cpr non ha commesso reati.
Dopo un reportage di Altreconomia che ha messo in evidenza l’uso eccessivo di psicofarmaci nei Cpr, e i servizi di alcune trasmissioni tv, Piazza Pulita e Striscia la Notizia, di recente è uscito un nuovo rapporto della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili che si concentra sugli enti gestori, aziende private, a volte multinazionali, che si aggiudicano l’appalto in gare al ribasso e che per ottenere profitti devono risparmiare a più non posso sui servizi offerti.
Il pdf si scarica gratuitamente sul sito dell’associazione. La conferenza stampa di presentazione c’è stata presso i locali della Camera dei Deputati. Un filmato è disponibile sul sito del Fatto Quotidiano.
La rappresentante della Cild dice che “quasi nessuno” è criminale all’interno del Cpr. In effetti mancano statistiche in proposito, quindi è un’affermazione che non può essere smentita. Anche se c’è chi dice che oltre la metà di chi si trova nei Cpr ha precedenti penali.
“Spero che in questo momento tragico di potenziamento di questo sistema il centrosinistra provi a capire come contrastarlo per non portare avanti delle politiche che siano la rincorsa delle politiche di destra quando poi si troveranno a governare il Paese, ma delle politiche di garanzia”, ha detto la rappresentante della Cild.
Sia la definizione di cos’è un Cpr sia il piano di aprirne uno in ogni regione sono stati sostenuti dal centrosinistra quando era al governo.
La Cild ha chiesto ai parlamentari di esercitare il loro diritto ad eseguire visite ispettive all’interno dei centri.
Non si sa quali parlamentari hanno assistito alla conferenza.
Tempo fa il parlamentare Aboubakar Soumahoro, eletto con Alleanza Verdi Sinistra ma allontanato dopo varie inchieste e polemiche che lo hanno riguardato, aveva visitato il Cpr di Ponte Galeria e aveva trovato alcuni minorenni, che solo in seguito sono stati trasferiti nelle strutture apposite. Da cui alcuni di loro hanno fatto perdere le proprie tracce nel giro di poco tempo e non si sa che fine abbiano fatto.
In pochi hanno notato questa storia. Non si sa neanche come ci erano finiti nel centro.
Soumahoro pochi giorni fa ha twittato che è stato in Africa a indagare le ragioni dell’immigrazione. Il risultato è un misero filmato di 12 secondi in cui lui dice “E’ tutto deserto” senza specificare neanche in quale Stato si trova.
Il sito di Lasciatecientrare non ha pubblicizzato il rapporto di Cild, ma ha scritto qualcosa a proposito della strage di Cutro, attingendo a un’inchiesta di Lighthouse Reports, consorzio internazionale di giornalisti a cui ha aderito anche il quotidiano italiano Domani.
La tesi è che le autorità abbiano sottovalutato i segnali di pericolo: il sovraffollamento dell’imbarcazione e le cattive condizioni meteo.
Viene fornito il link ai materiali e i contatti di coloro che possono rilasciare interviste sull’argomento, in inglese e in italiano.