Confusione sui Cpr albanesi

Dopo l’accordo tra Italia e Albania per l’apertura di alcuni centri per migranti, nessuno ha capito di preciso di cosa si tratta.
Il Fatto Quotidiano titola: “‘Non so se l’accordo funzionerà. Nel solo Cpr mai più di 3 mila’ – Il premier allbanese e i migranti: ‘Decide Roma: come dice Meloni però se 18 mesi è il tempo di trattenimento non gestiremo mai 36 mila arrivi l’anno'”.
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Un altro articolo sullo stesso quotidiano però diceva che l’iter sarrebbe durato solo 4 settimane, non 18 mesi, e che le persone ospitate nei due centri da 3mila posti sarebbero state fino a 39mila.
La confusione riguarda la differenza tra centri per i rimpatri, in cui ci dovrebbero essere persone la cui domanda di asilo è già stata respinta, e centri di altro genere, in cui vengono portati migranti sbarcati da poco che hanno appena presentato la loro richiesta d’asilo.
Il ministro Piantedosi ha spiegato che i centri che verranno allestiti in Albania saranno come quello di Pozzallo-Modica. Che quando è finito nelle cronache perché alcuni giudici avevano disapplicato le norme approvate dal governo, era stato chiamato Cpr dai giornalisti.
In effetti si dice che questo centro sia al momento vuoto, quindi le procedure non riescono a funzionare neanche sul territorio italiano. Come funzioneranno sul territorio albanese, che è extraeuropeo e forse richiede aggiustamenti alle normative per la messa a punto delle procedure?
Il costo di queste strutture è ovviamente più alto di quelle da allestire sul territorio italiano, perché bisogna prevedere trasferte delle forze dell’ordine, delle commissioni e del personale che servirà per gestirlo. I motivi per cui è stata fatta questa scelta sono principalmente due. Il primo è di immagine. Il governo conta sul fatto che quando i migranti diranno alle loro famiglie di essere stati sbarcati in Albania anziché in Italia, si spargerà la voce e i flussi migratori si interromperanno. Il secondo riguarda la reazione delle popolazioni locali. Neanche gli amministratori di destra sono intenzionati ad accettare un centro del genere sul proprio territorio. Così, per non perdere elettori, il governo deve inventarsi qualche soluzione creativa, visto che non basta dire “non vogliamo immigrati” per farli magicamente sparire.

Cpr in Albania molto costosi

Il piano del governo di aprire centri di permanenza per migranti in Albania continua ad essere attaccato da tutte le parti.
Scrive Huffington Post che i due centri costeranno più di 10 in Italia. Lo Stato italiano dovrà versare ben 16,5 milioni di euro solo per il primo anno di attuazione del protocollo.
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E’ gratis invece un articolo del Fatto Quotidiano che prova a fare delle stime plausibili sulle percentuali dei rimpatri, ma non riesce ad immaginare i dettagli: bisognerà a ggiungere indennità di trasferta per polizia, magistrati, interpreti, mediatori culturali, sanitari, psicologi e infermieri, e bisognerà anche fare qualche modifica alla normativa, visto che l’Albania si trova non soltanto fuori dal territorio italiano, ma addirittura fuori dal territorio dell’Unione Europea.
Il motivo di questa scelta bizzarra è presto detto: il governo non nuvole scontentare le amministrazioni locali del suo stesso schieramento, che mai e poi mai vogliono strutture per migranti sul loro territorio, e non considerano il fatto che non basta la volontà per far scomparire magicamente coloro che sono arrivati e continuano ad arrivare.
La destra conta di mettere i migranti in una posizione scomoda, in maniera che facciano arrivare la notizia al loro Paese, che non si sbarca in Italia, per fermare così i flussi.
In realtà sono molti coloro che affrontano la rotta balcanica nonostante le difficoltà, quindi è possibile che questo deterrente non funzioni lo stesso.

Il Governo potrebbe impugnare la sentenza di Catania

Il Governo ha fatto sapere che forse impugnerà la sentenza del tribunale di Catania che ha stabilito il rilascio di alcuni migranti trattenuti in una struttura a Pozzallo, provincia di Ragusa, che a quanto si dice è stata equiparata ai Centri di Permanenza per i Rimpatri.
La giudice è stata attaccata personalmente dai giornali sulla base dei post che aveva condiviso su Facebook e che ora sono stati rimossi. E’ stata difesa dal presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati.
Il Post ha riportato la notizia senza nominare nessun esponente dell’opposizione.
Il Fatto Quotidiano dedica a questa storia i titoli di apertura sul sito, con vari articoli collegati.
In uno si smontano alcune dichiarazioni della Meloni, che aveva messo in discussione le motivazioni della sentenza, elencandole. Ma gli argomenti citati dalla Meloni non hanno nulla a che vedere con le motivazioni. Le caratteristiche fisiche favorevoli ai cercatori d’oro vengono citate, ma non sono determinanti quanto invece la considerazione che il richiedente asilo non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda, e che il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale ex articolo 13 della Costituzione.
Inoltre la sentenza dice che la normativa interna italiana sarebbe incompatibile con quella europea.
In particolare con la direttiva 2013/33, articoli 8 e 9, che vietano espressamente il trattenimento di chi non può sovvenire alle proprie necessità.
Quello che viene messo in discussione è il fatto che le norme emanate dall’attuale governo non prendono in considerazione la storia personale del singolo migrante, ma si limitano a fare distinzioni in base al Paese di provenienza e al denaro posseduto invece di entrare nel merito della richiesta stessa.
La giudice poi non ha mai detto che la Tunisia non sia un Paese sicuro, ma solo che anche chi proviene da un Paese sicuro potrebbe avere diritto di protezione.
Il sito pubblica accanto all’articolo anche le tre sentenze contestate, che riguardano tre diversi migranti e che sono uguali tranne nella parte introduttiva.
Il Fatto riporta anche una dichiarazione generica della Schlein che si scaglia contro il Governo: “E’ la destra che scrive leggi palesemente incostituzionali e poi se la prende coi giudici che fanno il loro lavoro”.
Alcuni consiglieri del Csm hanno chiesto l’apertura di una pratica a tutela della giudice di Catania, ma non si dice a cosa potrebbe portare.
Ad accanirsi contro la giudice è stato anche il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che ha chiesto al ministro della Giustizia un’ispezione nei confronti della procura di Catania.
Salvini intanto è alle prese con il processo in cui rischia una condanna a 15 anni per avere tentato di impedire uno sbarco quando era ministro dell’Interno.

Cpr, regioni escluse

Un articolo pubblicato da Affari Italiani e firmato da un avvocato e da un professore nota che le Regioni sono state completamente escluse dal decreto del Governo in materia di Centri di Permanenza per i Rimpatri. Non hanno più nessuna possibilità di intervento, neanche di natura consultiva. Qualunque decisione verrà presa dal governo, sarà imposta dall’alto.
Il decreto governativo prevede di valorizzare, in primo luogo, immobili già esistenti nella scelta della località in cui allestire il Cpr. Finora nessuna decisione precisa è stata comunicata. Circolano delle ipotesi, ma sempre a livello ufficioso. Ad esempio in Veneto è circolato il nome di una località in provincia di Rovigo, di cui le amministrazioni locali hanno detto che non è adatta in quanto l’edificio è in condizioni fatiscienti, dovrebbe essere abbattuto e ricostruito, e perfino la strada di accesso non è più funzionale.
Scrive Rainews che nella regione ci sono stati sopralluoghi a Venezia, Verona e Treviso. Già ai tempi in cui il minstro dell’Interno era il leghista Maroni, oltre dieci anni fa, si era detto che in Veneto sarebbe stato aperto un centro di espulsione. Non se ne fece niente, vista l’opposizione delle amministrazioni locali, che tendono ad essere contrarie a prescindere, anche senza capire bene di che cosa si tratta. In effetti non è che i sindaci siano contrari ad allontanare dal territorio gli stranieri che delinquono, solo che preferiscono mandarli in Cpr situati altrove.
La Tgr veneta ha dedicato un servizio all’apertura del Cpr in regione, ora data per scontata. Abbondano le inquadrature dei piedi di migranti, che non vengono intervistati.
Nel video compare Zaia, che si limita a dire che coi centri per i rimpatri si rimpatriano pochi stranieri, e un amministratore locale di cui non compare il nome, che chiede genericamente chiarezza.
Nell’articolo sottostante si parla vagamente di lavori di adeguamento delle strutture dell’ex area militare dell’aeroporto Allegri di Padova, e di rassicurazioni che la struttura non verrà trasformata in un centro di accoglienza intensiva. Lì sarebbero presenti anche migranti che in estate erano stati accolti in due palestre scolastiche.
Insomma, si accavallano frammenti di informazione e dichiarazioni che non danno risposte alle domande fondamentali, che apparentemente non vengono neanche poste.
Possibile che nessuno abbia chiesto a Zaia se vuole o no un Cpr in Veneto? Possibile che non abbia ancora un’opinione nel merito?
Le dichiarazioni del presidente della regione sono state riportate anche da Alto Vicentino Online, senza spingersi troppo oltre.
Il Tg di La7 ha dedicato un servizio alla questione, titolando in maniera vaga sul “collocamento sul territorio” che “divide sindaci e governatori”.
La giornalista riporta le dichiarazioni del governo, in base alle quali il trattenimento di un anno e mezzo per i migranti, anche se non hanno commesso reati, non è un problema per i diritti perché lo prevede una cornice europea.
Nel video appare il presidente della Toscana, nettamente contrario all’apertura del Cpr.
Nelle sue parole viene ribadita l’esigenza di accogliere tutti i migranti anziché espellerli. Neanche se commettono reati gravi? Al momento le opposizioni hanno scelto di ignorare questa questione, che invece era cruciale quando stavano al governo e hanno istituito i Cpr al posto dei Cie voluti dalla destra.
Al momento il Pd dice genericamente che i rimpatri possono essere efficaci solo con accordi coi Paesi di partenza. Dichiarazioni che non toccano minimamente gli aspetti pratici. Se un Paese di partenza, ad esempio la Tunisia, accetta quattro voli settimanali di rimpatrio, e i tunisini che hanno speso tutti i loro soldi per la traversata non vogliono tornare indietro, li si può rimpatriare con la forza? Facendoli passare da dove? Il Pd è favorevole a fare accordi coi Paesi di partenza? Che ne pensa del fatto che il governo italiano considera Paesi sicuri la Tunisia e la Nigeria? E se un tunisino o un nigeriano commettono crimini in Italia non possono essere rimpatriati? E dopo che hanno scontato la pena bisogna dar loro la cittadinanza o mandarli via?
La sinistra lascia tutti questi punti nel vago, e chi se ne avvantaggia è la destra, che diffonde la propaganda che dice che l’opposizione è dalla parte dei criminali.
Nel video viene citato il governatore del Friuli Venezia Giulia Fedriga, che dice che i Cpr servono per ospitare stranieri che hanno precedenti molto gravi. Fatto che è vero solo in parte: nei centri per i rimpatri finiscono in massa migranti appena sbarcati di nazionalità di qualche Paese “sicuro” come la Tunisia. Peccato che non esistano statistiche in proposito, quindi ognuno la pensa come vuole.
Il servizio nomina anche il presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini, Pd, solo per fargli dire che i grandi hub hanno fallito e ci vuole l’accoglienza diffusa. Ma l’accoglienza diffusa non c’entra niente con l’organizzazione dei rimpatri. In teoria nei Cpr ci dovrebbe finire chi ha perso il diritto all’accoglienza. Ancora confusione.
Un tempo l’Emilia Romagna aveva due centri di espulsione, a Modena e Bologna. Da tempo sono chiusi entrambi, e non si è ancora parlato di riaprirne uno. Ma se non lì, dove?
A quanto si dice, la lista delle strutture da inaugurare sarà pronta nel giro di due mesi.
Il governo ha stabilito che le procedure saranno accelerate in quanto affidate al ministero della Difesa.
Scrive Il Mattino che nei Cpr finiranno anche minorenni dai sedici anni in sù.
E per chi mente sull’età sarà previsto il rimpatrio.

“5mila euro per evitare il Cpr”

I siti di informazione hanno riportato la notizia che il governo ha istituito una “tassa sulla libertà”, pagando la quale i migranti possono “evitare i Cpr”.
Queste parole sono state usate anche da Quotidiano Nazionale, che però già dal primo paragrafo mette in chiaro che non si tratta di una tassa ma di una cauzione, e che “non riguarda in alcun modo i soggetti trattenuti nei centri di permanenza e rimpatrio, i Cpr”, ma solo i richiedenti asilo provenienti da Paesi sicuri: Tunisia, Ucraina, Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio, Marocco, Senegal…
Nel caso in cui lo straniero si allontani indebitamente, spiega l’articolo, il prefetto del luogo dove è stata prestata la garanzia finanziaria procede all’escussione della stessa. L’articolo dice però anche che i 5mila euro devono assicurare al migrante la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale, della somma occorrente al rimpatrio e di mezzi di sussistenza minimi per la durata di un mese.
Il Pd è insorto contro il governo, dicendo che si tratta di una crudeltà e che si chiedono 5mila euro a chi fugge da discriminazione, guerre e torture. Il fatto che si parla di Paesi sicuri non è preso in considerazione.
Riccardo Magi di Più Europa parla di “scafismo di Stato, una tangente discriminatoria, classista e disumana. Ci sarebbe da vergognarsi solo per averlo pensato”. Magi dice anche che la Corte di Giustizia europea tre anni fa ha già sanzionato una misura analoga introdotta dall’Ungheria.
La foto accanto all’articolo mostra anonimi migranti, con cui i giornalisti non hanno parlato.
Intanto trapelano nuovi dettagli sul piano Cpr approvato dal Governo. Sarà il ministero della Difesa ad allestire le nuove strutture, che quindi saranno equiparate a basi missilistiche e navali o ai poligoni di tiro, e quindi potranno avvalersi di una corsia veloce nell’effettuare i lavori.
Non si dice nulla di nuovo invece a proposito delle località in cui queste strutture dovranno essere aperte. Probabilmente alcune sono già state individuate, ma si aspetta a comunicarle per mettere l’opinione pubblica di fronte al fatto compiuto. Anche perché a livello locale molte amministrazioni comunali e regionali sono già in subbuglio, hanno già manifestato la loro contrarietà. Oppure non hanno ancora capito di cosa si tratta, come la Campania che ha fatto sapere di avere già dei centri di accoglienza. Ma accoglienza e rimpatrio sono due concetti opposti, e questo a molti non è ancora chiaro.

18 mesi nei Cpr

Come annunciato, il governo ha deciso di aumentare il tempo massimo di trattenimento nei Centri di Permanenza per i Rimpatri, portandolo a 18 mesi, il massimo consentito dalla normativa europea.
Trattenere una persona un anno e mezzo prima di rilasciarla sul territorio italiano non vuol dire peggiorare le cose? Rallentare le procedure?
Il fatto è che al momento solo la metà dei trattenuti viene effettivamente rimpatriata. Secondo i dati diffusi dal Garante dei detenuti relativi all’anno scorso, in 3.154 casi su 6.283 persone transitate nei Cpr, ossia il 49%. Negli altri casi il trattenimento non viene convalidato dall’autorità giudiziaria, gli stranieri vengono dimessi per altri motivi, vengono riconosciuti richiedenti protezione internazionale, sono arrestati, si allontanano arbitrariamente, muoiono. Oppure vengono dimessi perché non identificati allo scadere dei termini: 869 casi, 13% rispetto al totale.
L’ipotesi è che trattenendoli per un periodo più lungo rispetto agli attuali 3-4 mesi ci sia la possibilità di ottenere la collaborazione dei Paesi di provenienza e riuscire a rimpatriarli, infine. Inoltre la misura si combina con un altro provvedimento approvato dal Governo, che prevede l’aumento dei Cpr, contando di aprirne almeno uno per ogni regione. Se aumentano il numero degli stranieri trattenuti ma non aumenta il numero di rimpatri accettati dal Paese di provenienza, devono aumentare anche i tempi di trattenimento per evitare che questo si concluda con un rilascio. Chiaramente aumentano anche i costi per lo Stato senza ottenere un risultato migliore, ma il vantaggio è che si tengono lontani dalla strada degli stranieri che hanno commesso o potrebbero commettere dei crimini.
L’ipotesi della sinistra è che gli stranieri non commetterebbero crimini se venissero regolarizzati, ma questo è vero solo in una parte dei casi, e lo schieramento si rifiuta di ammettere che ci sono degli stranieri che hanno commesso reati mentre erano in situazione di regolarità. Si rifiuta di ammettere che bisogna rimpatriare gli stranieri pericolosi, e così perde voti, anche se quella era la linea seguita quando era in maggioranza.
La leader del Pd Schlein ultimamente si è schierata a favore delle Ong che operano il soccorso in mare e ha attaccato la premier Meloni per non aver ottenuti risultati tangibili nel contrasto all’immigrazione, come aveva promesso. Nonostante le aspettative e le misure restrittive, i numeri dei nuovi arrivati sono notevolmente più alti rispetto agli anni scorsi.
La Schlein chiede di puntare sulla “redistribuzione obbligatoria delle responsabilità sull’accoglienza dignitosa tra tutti i Paesi europei”. Che significa mantenere i confini chiusi, impedendo ai migranti di arrivare in Italia in sicurezza, ma poi accogliere quelli che arrivano lo stesso in violazione delle regole e a rischio della vita, riconoscere che sono un peso e tentare di sbarazzarsene rifilandoli agli altri Stati europei, inclusi quelli governati dalla destra come l’Ungheria, che non li vuole e in effetti non è la destinazione scelta dai migranti stessi che aspirano ad andare da tutt’altra parte.
Intanto dopo Lampedusa ci sono stati anche disordini a Porto Empedocle, dove qualcuno ha scavalcato la recinzione ed è fuggito dalla tensostruttura.
Il fatto che tutti i centri siciliani siano pieni ha portato al blocco dei trasferimenti da Lampedusa, col risultato che il numero dei migranti sul posto torna a salire.

Domani il governo approva aumento Cpr

Domani il governo approverà un pacchetto sicurezza nel quale verranno decise alcune misure che riguardano i migranti. Tra queste, l’aumento del numero dei Centri di Permanenza per i Rimpatri che dovranno raddoppiare. L’obiettivo è quello di cui si parla da almeno un decennio, prima col ministro dell’Interno Maroni, poi col ministro Minniti: aprirne uno in ogni regione. Finora si è andati avanti a piccoli passi, anche per l’opposizione da parte delle popolazioni e amministrazioni locali, mentre ora si dovrebbe procedere in maniera più spedita affidando le procedure al ministero della Difesa.
Non si è ancora detto nulla a proposito delle località nelle quali verranno allestiti i nuovi centri. Si sa soltanto che a Macomer, in Sardegna, stanno per iniziare lavori di ampliamento per garantire almeno 32 nuovi posti che si aggiungono ai 50 già occupati.
Sky Tg 24 ha scritto che molti dei Cpr esistenti al momento “versano in condizioni di degrado”, ma non ha spiegato in cosa consistono queste condizioni e quali sono le cause.
Tra gli altri provvedimenti attesi, il ritorno a 18 mesi di reclusione massima all’interno dei centri rimpatri. Una misura che già in passato è stata contestata: nei Cpr non c’è nulla da fare per tutto il giorno. Trattenere in queste strutture per un anno e mezzo stranieri che non hanno commesso reati da un lato è considerato ingiusto, dall’altro è considerato inutile visto che spesso se il rimpatrio non è possibile nei primi mesi non è possibile neanche in seguito, e infine è considerato causa di rivolte, che sono appunto uno dei fattori che aumentano il degrado in queste strutture. Nel corso delle rivolte vengono incendiati i materassi, divelte le finestre, danneggiati i tubi dell’acqua e del riscaldamento, col risultato che alla fine i reclusi stanno peggio di prima.
Il Partito Democratico è stato di recente molto agguerrito sulla questione del soccorso in mare, un po’ meno rispetto alla questione dei Cpr, anche perché sono stati istituiti col suo appoggio, quando Minniti era ministro.
Il Fatto Quotidiano ha intervistato il responsabile immigrazione del partito, Pierfrancesco Majorino, il quale ha detto che 130 mila sbarchi da inizio anno non sarebbero troppi, se fossero gestiti. “Il numero è certamente alto, ma potremmo assorbirlo a livello italiano ed europeo. Però manca un grande piano di accoglienza diffusa”.
Se i flussi proseguissero a questo ritmo, arriverebbero un milione e mezzo di persone in dieci anni.
Majorino riconosce un solo errore al Pd: quello di non aver cambiato la Bossi-Fini quando aveva i numeri per farlo. C’è stata paura di scontentare l’opinione pubblica. Si sta lavorando per avanzare una proposta in proposito, in futuro.
Altre proposte riguardano: un piano nazionale per l’accoglienza diffusa, il superamento del regolamento di Dublino e una missione Mare Nostrum europea.
Accoglienza diffusa significa coinvolgere anche i piccoli comuni nell’organizzare l’ospitalità dei nuovi arrivati.
Salvini scarica sull’Europa la responsabilità dell’aumento dei flussi migratori.
Intanto si prepara alla campagna elettorale per le elezioni europee.
La Meloni ha discusso col presidente francese Macron di possibili iniziative nel Mediterraneo per tentare di impedire il transito, quello che in campagna elettorale veniva chiamato “blocco navale”.
La Germania intanto ha riattivato il meccanismo di solidarietà, a fronte dei numeri drammatici registrati in questi giorni a Lampedusa.

Meloni vuole tornare a 18 mesi di trattenimento nei Cpr

Scrive Askanews che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato che lunedì verrà approvato l’aumento del tempo di permanenza massimo nei Centri di Permanenza per i Rimpatri a 18 mesi, il massimo consentito dalle attuali normative europee.
Questo signfica che uno straniero irregolare potrà essere trattenuto in un centro in cui non è prevista nessuna attività nel corso delle giornate per un anno e mezzo al massimo. Trascorso questo periodo, se non è stato possibile il rimpatrio, lo straniero sarà rilasciato senza essere regolarizzato, col risultato che ad un successivo controllo potrà essere riportato al Cpr per un altro trattenimento di un anno e mezzo, senza possibilità di regolarizzarsi.
In passato la destra aveva già alzato il tempo di permanenza massimo nei centri di espulsione, provocando le proteste di chi sosteneva che se nei primi tre mesi di trattenimento non è possibile rimpatriare lo straniero, difficilmente sarà possibile farlo nei mesi successivi.
La Meloni ha anche annunciato il “potenziamento” dei centri per i rimpatri, “in modo che chiunque entri illegalmente in Italia sia effettivamente trattenuto in queste strutture per tutto il tempo necessario alla definizione della sua eventuale richiesta di asilo”.
Che è una dichiarazione fuorviante: nei centri rimpatri ci dovrebbe finire gente la cui richiesta di asilo è già stata respinta. La premier ha anche detto che per i richiedenti asilo il tempo previsto di 12 mesi non sarà modificato.
L’articolo non nomina nessun esponente dell’opposizione che si opponga a questo progetto di trattenimento di massa con poche prospettive di successo e grandi rischi di rivolte o di sedazioni collettive.
La segretaria del Pd Schlein ha attaccato il Governo per le norme che ostacolano il soccorso in mare da parte delle Ong. Tuttavia la sua posizione è facilmente attaccabile da parte della destra. La Schlein non ha proposto di abolire i confini e consentire ai migranti di prendere il traghetto, ma solo di accogliere tutti quelli che violano le norme esistenti sull’immigrazione. Inoltre circolano solo frammenti di dichiarazioni e prese di posizione. Apparentemente non c’è nessuna riflessione sulle cause dell’immigrazione e sulle sue soluzioni. Non c’è neanche un discorso sugli stranieri pericolosi, quelli che commettono reati. Possono essere rimpatriati o no? Il tema a sinistra viene ignorato.
In molti hanno deriso la Meloni perché in campagna elettorale ha usato lo slogan del “blocco navale” mentre ora che è arrivata al governo non ne parla più. Il risultato è che è tornata a parlarne, ottenendo l’appoggio anche del presidente francese Macron.
Avvenire anticipa che i nuovi centri per i rimpatri verranno allestiti in località “a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. La decisione sarà imposta dall’alto. Della realizzazione se ne occuperà il ministero della Difesa.
Per quanto riguarda la situazione in Tunisia, si fa notare che l’Europa non ha ancora fornito gli aiuti che il Paese si aspetta, anche perché il presidente non si è ancora piegato ai diktat del Fondo Monetario Internazionale.
Vari politici hanno fatto vaghe allusioni ad una “regia” dietro l’attuale emergenza immigrazione.
La Meloni ha invitato la Von Der Leyen a Lampedusa, a constatare il fatto che c’è un problema che richiede una soluzione.

A settembre nuovo pacchetto sicurezza

La premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno Piantedosi si sono incontrati per mettere a punto le basi del nuovo pacchetto sicurezza che verrà presentato a settembre. Si parla di aumento del personale delle forze dell’ordine, ma anche di espulsioni rapide e nuovi Cpr. Finora circolano solo informazioni vaghe. Se ne saprà di più dopo la pausa estiva.
Al Manifesto sono preoccupati. Approfittando del clamore per episodi come l’omicidio di Iris Setti a Rovereto, uccisa da un immigrato che già si sapeva essere un violento con problemi mentali, il Governo prenderà provvedimenti restrittivi nei confronti di tutti gli irregolari, inclusi i migranti economici.
La Schlein ignora completamente la questione criminalità, ma si concentra sui naufragi in mare, nell’ultimo dei quali si sono contate 41 vittime partite da Sfax, in Tunisia. “Servono vie legali e sicure per l’accesso all’Unione Europea e a tutti i suoi Stati membri … Ed è necessaria una missione istituzionale europea di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, una Mare Nostrum europea per salvare le vite prima che sia troppo tardi”.
Inoltre “Bisogna porre fine all’esternalizzazione delle frontiere che sta violando diritti fondamentali delle persone, fatta anche attraverso cinici accordi con Paesi che non garantiscono diritti e democrazia”.
Il sito del Partito Democratico riporta le prese di posizione di numerosi esponenti, tutti schierati nella stessa direzione.
Tra gli altri, l’europarlamentare Pietro Bartolo ha commentato la notizia del naufragio, notando che a Lampedusa l’hotspot è stracolmo, quindi gli accordi con Tunisia e Libia non funzionano. Anche lui chiede canali regolari d’ingresso e missione europea di soccorso.
Per quanto riguarda il delitto di Rovereto, il Pd regionale non fa altro che difendere il sindaco e tentare di deviare le lamentele contro il governo. “Siamo disgustati dallo sciacallaggio di chi non perde mai occasione di strumentalizzare e cavalcare i fatti di cronaca per ragioni elettorali. Ricordiamo come le accuse della mancata sicurezza sul territorio, fino a cinque anni fa, erano indirizzate unicamente al governo della provincia, mentre guarda caso oggi le responsabiltà starebbero tutte sulle spalle del sindaco”, hanno scritto in un comunicato. Il sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, è candidato presidente alle prossime provinciali.
Si tratta in pratica di un assist al centrodestra, che si rivolgerà appunto al Governo provinciale e nazionale per chiedere una stretta sugli immigrati, e verrà accontentato.
A seguito di quello che è successo è rispuntata l’ipotesi di aprire un centro rimpatri in Trentino Alto Adige, al confine tra le due province. Finora però non si è ancora mosso niente.

Preoccupati da Libia e Tunisia

Il Governo che è stato eletto per fermare gli sbarchi si trova alle prese con sbarchi in aumento rispetto agli anni passati e cerca di fare quello che può per ottenere dei risultati. Si cercano accordi con gli Stati di provenienza, e abbiamo visto spesso ministri italiani in giro per il nord Africa a cercare di mettere a punto un piano comune. Si cerca di coinvolgere l’Unione Europea, e abbiamo sentito di riunioni su riunioni per decidere le misure da mettere in atto.
Ora si è parlato di nuovo di immigrazione nel Consiglio dei Ministri. A preoccupare sono le situazioni che si sono venute a creare in Libia e in Tunisia. La Libia è sempre un Paese instabile, la Tunisia è in crisi economica, alle prese col solito ricatto del Fondo Monetario Internazionale che chiede di applicare misure impopolari in cambio di aiuti. E dove per giunta tutta la pressione che l’Europa ha messo addosso al presidente si è rivelata controproducente: quando il presidente ha annunciato che vuole usare il pugno duro contro i migranti che attraversano il Paese è iniziata la corsa per tentare di fuggire verso l’Europa prima possibile.
Il Manifesto ha pubblicato un articolo in cui si accenna alla questione migranti e alla Tunisia, ma il discorso economico rimane molto nel vago: ci si limita a dire che si attende che “Tunisi si decida ad avviare le riforme promesse”, senza specificare quali sono le richieste internazionali.
Dall’Italia arriveranno fondi per le imprese tunisine, ma scrive HuffPost che non si tratta certo di una idea risolutiva (“Al vertice di governo sui migranti manca l’ideona”, è il titolo).
Globalist ha dedicato un articolo alla situazione dei migranti in Tunisia in questi giorni.
Il sito si sofferma su temi collegati al cambiamento climatico: i periodi di siccità che si sono verificati negli ultimi cinque anni hanno avuto un impatto negativo anche sull’agricoltura. Manca ‘acqua per irrigare in tutto il Paese.
L’articolo accenna lontanamente alla questione del Fmi, limitandosi a riportare che secondo il Governo italiano fa parte di una strategia di lungo periodo.
Il presidente in passato aveva definito l’interessamento di Fmi e Banca Mondiale “un’ingerenza”. Ora invece avrebbe chiesto quei soldi.
Il discorso sul fatto che le condizioni imposte dalle istituzioni internazionali sarebbero molto impopolari come sempre resta sempre sullo sfondo.
Si parla dei Fratelli Musulmani, verso i quali i politici italiani nutrono diffidenza ma che sarebbe uno schieramento relativamente moderato, e dei soliti diritti Lgbt, che c’entrano sempre anche senza entrare nel merito.
Lo schieramento dei Fratelli Musulmani, chiamato Ennahda, ha attaccato più di tutti gli altri il presidente Saied, accusandolo di golpe per i fatti di luglio 2021.
Sulla situazione in Libia invece non si prospettano cambiamenti. Gli ultimi aggiornamenti sono i consueti rapporti di persone in pericolo sui barconi al largo del Paese.
La Geo Barents di Medici Senza Frontiere si sta recando a salvare 500 persone in acque internazionali, racconta Rainews, che mostra una mappa con delle linee viola che indicherebbero il limite della zona Sar libica a nord del luogo segnalato. Il soccorso insomma spetterebbe alle autorità del Paese nordafricano, ma gli attivisti non sono d’accordo perché in quel caso i migranti sarebbero riportati a sud, in centri in cui si violano i diritti umani e da cui arrivano storie spaventose.
Sos Mediterranee ne ha soccorsi quasi un centinaio, con la sua nave Ocean Viking.
I servizi segreti parlano di oltre mezzo milione di migranti che potrebbero dirigersi in Europa a partire dagli Stati del nord Africa.