Milano, il sindaco non è stato avvisato

Il sindaco di Milano Beppe Sala ha postato sui social un comunicato molto polemico nei confronti del ministro dell’Interno Piantedosi, che aveva criticato alcune precedenti dichiarazioni sull’inefficacia del sistema dei rimpatri definendole “semplicistiche”.
“Chiedo a Piantedosi se non è semplicistico che il suo ministero faccia sapere che a Milano si farà un secondo Cpr, ovviamente attraverso un’agenzia stampa e senza degnarsi di una telefonata al sindaco di Milano”, ha scritto Sala. “Se non è semplicistico immaginare un secondo Cpr dopo la pessima gestione del primo (non lo dico solo io, ma anche la Guardia di Finanza). Se non è semplicistico immaginare un secondo Cpr senza sapere come sarà possibile effettuare tutti quei rimpatri millantati, per ora rimasti sulla carta”.
La notizia è riportata dal Giorno, che aggiunge anche dichiarazioni del sottosegretario all’interno Nicola Molteni, il quale, sempre a mezzo stampa, pressa Sala per fargli dire se è o non è favorevole a quest’idea estemporanea di secondo Cpr a Milano.
Idea che alcuni hanno scritto che era sotto esame da tempo, ma che a quanto pare neache il sindaco di Milano aveva mai sentito prima d’ora e in effetti è ancora molto vaga: non si sa dove verrebbe allestita questa seconda struttura.
La prima è commissariata dopo che la Guardia di Finanza ha constatato varie irregolarità nella gestione, con servizi che erano garantiti sulla carta ma di cui nella realtà non c’era traccia.
Sarebbe già uscito il bando per scegliere il nuovo gestore.
Le polemiche di questi giorni seguono vari episodi che hanno visto protagonisti agenti di polizia e migranti, tra cui l’accoltellamento del viceispettore Christian Di Martino.
Sempre Il Giorno ha scritto che Di Martino è “in costante ma lento miglioramento”, dopo che in un primo momento lo aveva dato “in fin di vita”.

Milano, da tempo revisto un secondo Cpr

Scrive Repubblica “che da molti mesi il ministro degli interni aveva inserito la Lombardia fra le regioni alle quali spettano due centri per il rimpatrio dei migranti clandestini”.
L’articolo è riservato agli abbonati. In realtà finora non è circolata nessuna informazione precisa a proposito del secondo Cpr a Milano, non risulta all’opinione pubblica nessun sopralluogo in qualche struttura possibilmente idonea, né è di dominio pubblico la lista di regioni alle quali spettano due centri.
In realtà non è di dominio pubblico neanche la lista di quelle a cui spetta un centro. Si sa che si sono svolti sopralluoghi in varie località d’Italia in vista dell’apertura di nuovi Cpr, ma non si sa di preciso quanti e fra quanto tempo.
La decisione ufficiale era attesa già per l’inizio dell’anno, ma tarda ad arrivare. Si sospetta che il governo stia attendendo di incassare voti alle prossime europee e amministrative, prima di dare qualche dispiacere ai suoi elettori che vogliono il centro rimpatri solo a condizione che sia allestito altrove.
Non sono circolate particolari dichiarazioni dell’ex vicesindaco di Milano, ora deputato, Riccardo De Corato, uno di quelli che sarebbero favorevoli senza dubbio al Cpr.
Alla fine di aprile, dopo l’omicidio di un diciottenne a colpi di pistola, aveva sollevato alla Camera il problema delle periferie di Milano “allo sbando e in mano alla criminalità organizzata e a delinquenti. Tra l’altro, aveva segnalato che “diversi poliziotti sono stati aggrediti da stranieri”. Problema che ora è diventato d’attualità dopo che negli ultimi giorni ci sono stati due episodi del genere. In un caso un agente è rimasto ferito gravemente, nell’altro un agente ha sparato ad un migrante.

In arrivo un secondo Cpr a Milano

Un politico intervistato da TgCom24, che non ne riporta il nome, ha detto: “Col ministro Piantedosi siamo al lavoro per realizzare un secondo Cpr a Milano. Sono strutture fondamentali per garantire la sicurezza dei cittadini italiani e per allontanare dal territorio italiano altamente pericolosi”.
Le dichiarazioni arrivano in risposta a quanto detto dal sindaco Beppe Sala sul fatto che il governo non starebbe facendo abbastanza in materia di provvedimenti di espulsione, dopo che un clandestino ha accoltellato un poliziotto.
Il cittadino marocchino che è stato arrestato non era stato rimpatriato per mancato riconoscimento da parte delle autorità del Paese d’origine, dice il servizio.
Fanpage nega che i Cpr avrebbero risolto il problema in questo caso, come invece sostiene Salvini.
Il sito ha intervistato Maurizio Ambrosini, sociologo e professore all’università Statale di Milano, che ha detto che “i Cpr non sono lo strumento adatto per curare le malattie psichiche”.
“Il ministro Salvini forse dovrebbe chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno se non sono stati capaci di aprire altri Cpr. Chi gli impedisce di mettere un immigrato con un decreto di espulsione nel Cpr? C’è forse un potere di veto di qualche Ong o operatore umanitario alla detenzione? Sono esattamente loro che hanno potere, risorse, mezzi legislativi e agenti a disposizione per mettere tutti gli stranieri che credono nei Cpr”, dice l’intervistato.
Il quale nota che se negli ultimi giorni c’è stata attenzione a come venivano trattati gli italiani arrestati all’estero (Ilaria Salis in Ungheria, Matteo Falcinelli negli Stati Uniti), in Italia ben pochi si interessano alle condizioni di trattenimento di stranieri che non hanno commesso reati e che vengono rinchiusi nei Cpr.
Nei centri per i rimpatri, a differenza delle carceri, non ci sono corsi di formazione, attività di lavoro, sportive e di assistenza spirituale, nota il professore.
C’è poi il problema della mancanza di accordi con i Paesi d’origine, per cui si rischia di dover trattenere una persona per 18 mesi per poi rilasciarla “arrabbiata, scombussolata e disperata”, nonché ancora irregolare.

Milano, chiusa l’inchiesta sul Cpr

La procura di Milano ha chiuso l’inchiesta sul Centro di Permanenza per i Rimpatri di via Corelli.
Ora si attende la richiesta di rinvio a giudizio per le persone indagate, i gestori della struttura, che a quanto scrive La Stampa sarebbero accusati di avere presentato documentazione contraffatta anche alle prefetture di Salerno, Avellino, Lecco, Brindisi e Taranto.
L’ipotesi è che il gestore faceva risultare sulla carta tutta una serie di servizi che poi non venivano erogati. Inoltre anche i servizi di base lasciavano molto a desiderare: pessima qualità del cibo, letti e bagni fatiscenti, assenza di mediazione linguistica e di assistenza sanitaria.
C’è sempre la questione dei soldi sullo sfondo, che non viene mai approfondita granché dai mass media: non veniva versato il Tfr e pure parte della retribuzione, in certi casi. Inoltra il fatto che ai migranti non venivano permesse visite mediche è spiegato a volte con la mancanza del denaro necessario.
Visto che nel corso degli anni la cosa si è ripetuta in vari centri italiani e si è detto che era lo stato che ritardava i pagamenti al gestore, sarebbe spontanea la domanda: in questo caso la Prefettura pagava regolarmente?
Il quotidiano riporta i nomi degli indagati e quelli delle società Engel e Martinina, e le dichiarazioni di un avvocato in base alle quali uno degli accusati “fornirà i dovuti chiarimenti documentati, riservandosi di essere sentito dagli inquirenti e depositare apposita memoria corredata delle prove della sua difesa”.
L’indagine va avanti da mesi: ancora non è pronta una memoria difensiva? Ancora non sono state rilasciate dichiarazioni pubbliche per cercare di chiarire la situazione?
Il Cpr milanese è commissariato, ma gli attivisti che monitorano la situazione non hanno notato molti cambiamenti in positivo. Il problema a loro dire non sarebbe il cattivo comportamento di una persona, ma il sistema in sé che così come è concepito non può funzionare nel rispetto dei diritti umani.
L’amministratore giudiziario non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche per cercare di rassicurare qualcuno, e la stampa tuttora non viene ammessa nei centri. Ogni tanto ci entra qualche politico, che rilascia qualche dichiarazione che lascia il tempo che trova.
L’attuale governo ha già fatto svolgere dei sopralluoghi in vista dell’apertura di nuovi Cpr nelle regioni che ne sono sprovviste.
Si pensa che l’annuncio ufficiale delle località scelte sarà dato dopo le europee, per evitare di scontentare gli elettori prima delle elezioni.

Processo Enukidze

Scrive Radio Blackout che al processo per la morte di Vakhtang Enukidze al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Gradisca D’Isonzo il poliziotto che ha coordinato le indagini avrebbe parlato di un possibile pestaggio avvenuto nel carcere di Gorizia.
I fatti risalgono al gennaio del 2020. In questi giorni nessun sito di informazione ha riportato aggiornamenti sull’argomento.
Lo straniero era stato arrestato nel Cpr del Friuli Venezia Giulia, forse per una rissa avvenuta durante un tentativo di rivolta o di autolesionismo. Nel giro di pochi giorni era stato riportato al centro rimpatri dove poi si era sentito male. Si era parlato anche di una possibile “overdose di sostanze xenobiotiche unita a una broncopolmonite”.
Secondo le prime testimonianze degli altri reclusi, poi rimpatriati, ci sarebbe stato anche un pestaggio nel Cpr, all’inizio, ma la tesi non è sostenuta nel processo.
Ai mass media nazionali questa storia interessa poco. Mentre le prime pagine degli ultimi giorni sono state dedicate alla situazione dei prigionieri italiani in Ungheria o negli Stati Uniti d’America, le condizioni degli stranieri reclusi in Italia non interessano a nessuno.
Radio Blackout ha parlato di questa storia nel corso di una trasmissione di una ventina di minuti dedicata al Cpr di Gradisca, dopo l’evasione di tre trattenuti negli ultimi giorni e di un altro il mese scorso.
La trasmissione può essere ascoltata per intero sul sito.
Si fa il nome della cooperativa Ikene, che gestisce il Cpr di Gradisca e anche quello di Macomer, in Sardegna. Si ricordano le informazioni raccolte di recente dagli attivisti, in base a cui nelle offerte fatte dalle aziende per ottenere gli appalti verrebbero promessi improbabili servizi che poi non sarebbero offerti realmente ai trattenuti, come corsi di vario genere.
Si è parlato addirittura di una postazione per i videogiochi, anche se i giornalisti non hanno avuto il coraggio di dire chi e dove aveva fatto questa proposta.
Tra le altre cose, nel programma si è anche segnalato un aggiornamento recente che riguarda il contrasto all’immigrazione clandestina: l’ente dell’aviazione civile avrebbe vietato i voli dei velivoli che cercano di avvistare i migranti in mare per indirizzare i soccorsi.

Palazzo San Gervasio, Uil: stabilizzare l’ordine

Il sito Oltre Free Press pubblica un breve comunicato sindacale di Uil Fpl, dopo che un’infermiera è stata aggredita da un migrante trattenuto nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio durante un trasferimento in ospedale sull’ambulanza.
Oltre a esprimere solidarietà alla persona aggredita, il sindacato suggerisce “l’allocazione di risorse aggiuntive per indennità specifiche e la stabilizzazione dell’ordine presso il Cpr di Palazzo San Gervasio.
Quante risorse aggiuntive? Come si stabilizza l’ordine? Tutto rimane nel vago.
Nella foto si vedono alcune tende attraverso le sbarre.
La Gazzetta del Mezzogiorno pubblica dichiarazioni del direttore generale dell’Azienda Sanitaria provinciale di Potenza, che da un lato ha annunciato “un tavolo di lavoro per studiare sistemi di protezione dalle aggressioni per il personale sanitario e un confronto con i sindacati sulla sicurezza”, dall’altro ha minimizzato dicendo che si tratta di un caso isolato, che poteva succedere ovunque. L’anno scorso non c’è stata nessuna aggressione fisica in tutta la regione, al massimo qualche intemperanza verbale.
Non si entra nel merito delle criticità del Cpr. La foto è quella di un muro.

Palazzo San Gervasio, infermiera aggredita

Un’infermiera è stata aggredita da uno dei trattenuti del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio.
L’uomo era in evidente stato di alterazione psicofisica, e ha percosso violentemente la donna sull’ambulanza che lo stava trasportando in ospedale.
L’autista del mezzo e le forze dell’ordine sono intervenuti immediatamente.
La notizia è riportata sul sito della Tgr Basilicata, con foto di repertorio della recinzione del Cpr.
Non è stata resa nota l’identità dello straniero, non si sa da quanto tempo stava lì dentro, quando è arrivato in Italia, se aveva precedenti penali.
L’articolo si conclude con un generico comunicato di generici sindacati di categoria che genericamente chiedono di coinvolgere i lavoratori allo scopo di individuare adeguate misure di prevenzione e protezione. Che significa che non hanno la minima idea di cosa potrebbero chiedere in un caso come questo.
Spesso gli stranieri tentano l’evasione durante il trasporto o la permaneza in ospedale. Secondo i dati di due anni fa le evasioni erano quasi una a settimana, ma nessuno ha mai analizzato i dati nel dettaglio. Il più delle volte la notizia di allontanamenti dal Cpr non viene neanche data ai mezzi di informazionee.
E’ risaputo che molti dei trattenuti hanno dei problemi psichici, alcuni causati proprio dalla permanenza al Cpr. In molti ricevono un trattamento a base di psicofarmaci, somministrati senza il parere dello specialista. Tuttavia non si tratta di una terapia mirata ad ottenere la guarigione, bensì di un metodo per stordire i trattenuti ed evitare che creino problemi, organizzando rivolte ed evasioni di massa.
Gli attivisti segnalano questa situazione da tempo, senza ottenere praticamente niente. Il Governo, anche su pressione dell’Europa, è intenzionato ad aprire nuovi Cpr nelle regioni che ne sono sprovviste. Sono già stati svolti dei sopralluoghi, ma la lista delle località scelte non è stata ancora comunicata, visto che anche gli elettori di centrodestra sanno che i centri rimpatri sono luoghi sgradevoli che danneggiano l’immagine del posto in cui si trovano e possono creare fastidi ai residenti.
Si suppone che il governo attenderà l’esito delle prossime elezioni europee prima di comunicare le proprie scelte.
Si vota tra un mese.

Canelli, migrante ucciso in una rissa

Un diciottenne proveniente dal Gambia è morto il 2 maggio, dopo essere stato aggredito a Canelli, nell’astigiano.
Gli aggressori sarebbero altri richiedenti asilo di origine pachistana ospitati nello stesso Cas, a pochi chilometri di distanza, che avrebbero usato bastoni e catene.
Uno di loro è stato sottoposto a fermo dai carabinieri.
La notizia è stata riportata da Avvenire, con una foto di repertorio di stranieri spalle al muro controllati da agenti in tenuta anti-sommossa.
L’articolo prosegue parlando delle condizioni dei Cpr, così come descritte in un’inchiesta del Tavolo Asilo e in un dossier di Altreconomia.
Rainews pubblica la foto della vittima, Nafugi Manneh, e dice che l’aggressore è un trentaquattrenne.
Un secondo aggressore è stato denunciato per rissa aggravata.
La politica resta fuori da queste notizie. Coloro che si oppongono ai Cpr non dicono se bisogna tentare di rimpatriare in qualche modo gli stranieri denunciati per rissa, o se bisogna regolarizzarli.
Nel servizio realizzato dalla Tgr Piemonte si ricostruiscono i motivi che hanno portato all’aggressione: una banale lite per l’uso della cucina, portata alle estreme consenguenze dalla mancanza di dialogo tra il gruppo degli africani e quello degli asiatici.

Iniziati i lavori per il Cpr in Albania

Sono iniziati i lavori per il centro migranti che dovrà sorgere in Albania.
Lo scrive Domani, in un articolo riservato agli abbonati.
A quanto pare il centro sorgerà “a pochi metri dagli ombrelloni”, a “Shengjin, destinazione di turismo balneare”. Una brutta notizia per tutti gli amministratori liguri che stanno protestando contro il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Diano Castello, a loro dire troppo vicino alle spiagge di Diano Marina. A quanto pare al governo non importa molto di questi dettagli, anche se non è detto che si regoli nello stesso modo in Italia e Albania.
Il motivo per cui è stato scelto di aprire queste strutture all’estero è quello che gli elettori di centrodestra che sono favorevoli ai rimpatri non vogliono il Cpr sul proprio territorio. Vogliono che sia aperto altrove, senza mai specificare dove. Il posto ideale sarebbe lontano da qualunque centro abitato e vicino a un aeroporto. Ma non troppo vicino, per evitare che in caso di evasione i migranti possano invadere le piste.
L’altro motivo per cui si è scelta l’Albania è psicologico. Se i migranti racconteranno in patria che anche riuscendo a sbarcare in Italia si viene portati lontano dall’Italia, forse i loro connazionali rinunceranno a partire. Tesi tutta da dimostrare.
Huffpost ha scritto due giorni fa che il piano di costruzione dei centri migranti in Albania è in ritardo rispetto a quanto si prevedeva. Sarebbero potuti essere pronti prima delle elezioni europee, invece i lavori sono appena cominciati.
Del resto il piano di apertura dei Cpr in Italia è completamente fermo. Forse i motivi sono politici: i sopralluoghi ci sono già stati, ma prima di comunicare le decisioni prese si aspetta di incassare i voti alle europee che si terranno il mese prossimo.
Secondo il sito, i lavori per i centri albanesi potrebbero essere completati in autunno, anche se non c’è una data certa.
Dice l’articolo che il centro di Shengjin sarà destinato solo all’identificazione e alla raccolta delle domande d’asilo. L’altro, nella base di Gjader, sarà suddiviso in due parti: 880 posti sono destinati a chi attende il riconoscimento della protezione internazionale, e 144 sarebbero destinati al centro rimpatri. A cui si aggiunge un piccolo carcere per una ventina di detenuti al massimo.
Gjader si trova a meno di venti chilometri dalle spiagge di Shengjin, verso l’interno.

A Gradisca l’interazione con i gamer?

Nei giorni scorsi era circolato un brandello d’informazione in base al quale in uno dei Centri di Permanenza per i Rimpatri ci sarebbe stata una Playstation, anche se nessuno era in grado di dire se fosse mai stata messa a disposizione dei reclusi. Il comunicato era stato pubblicato anche sul sito della Cgil. Non si diceva di quale centro si trattava.
Ora un articolo di Huffpost ci lascia pensare che si tratta del Cpr di Gradisca, in Friuli Venezia Giulia. Riassumendo un’indagine effettuata dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione e da Altreconomia, l’articolo dice che “il Cpr friulano è gestito dalla stessa società che gestisce l’omologa struttura di Macomer in Sardegna. Nel documento in cui si racconta come saranno accolti e gestiti gli ospiti si parla di corsi di bricolage, di attività di pittura con annessa addirittura una mostra, dell’installazione di una postazione per i videogiochi e – fantascienza – di ‘interazione con la comunità dei gamer’. Il tutto in collaborazione con le istituzioni”.
L’articolo non cita nessun nome di persona che avrebbe tentato di vedere se esiste o no questa postazione per videogiochi, né riporta dichiarazioni in proposito da parte dell’ente gestore.
A quanto si sa nei Cpr non si svolgono attività di nessun genere, con gravi conseguenze sulla salute mentale dei trattenuti. Spesso non c’è neanche assistenza dal punto di vista religioso, non ci sono spazi per distrarsi con una partitella di calcio, c’è un cortile vuoto tra le sbarre, e una sala mensa quando non è stata devastata nel corso delle rivolte.
Attività come quelle elencate possono forse andare bene per chi deve essere avviato verso l’integrazione, ma nei Cpr vengono trattenuti stranieri destinati ad essere rimpatriati, nel giro di poche settimane con divieto di reingresso, anche se in effetti l’attuale governo ha aumentato il tempo massimo di trattenimento a 18 mesi, un anno e mezzo da trascorrere al momento senza svolgere nessuna attività.
A differenza del carcere, non è neanche presente una biblioteca, che sarebbe il primo locale a prendere fuoco. Ai reclusi non vengono date neanche penne o matite, che potrebbero essere utilizzate per ferire qualcuno, figuriamoci organizzare corsi di bricolage.
Nel tempo libero i reclusi, almeno quelli che non sono del tutto storditi dagli psicofarmaci somministrati dal medico generico senza parere specialistico, qualcosa da fare ce l’hanno: organizzare rivolte o evasioni.
L’ultima evasione è avvenuta proprio a Gradisca: in tre sono riusciti a far perdere le loro tracce. Le loro foto non sono state diffuse, né i loro nomi, né i loro eventuali precedenti per far capire se sono pericolosi o no.