Milano, associazioni chiedono al sindaco di pretendere la chiusura del Cpr

Alcune associazioni hanno chiesto al sindaco di Milano di pretendere la chiusura del Centro di Permanenza per i Rimpatri.
Della lista fanno parte ActionAid, Altreconomia, Antigone, Asgi, Cild, Mai Più Lager – No Cpr, Melting Pot e Naga.
La notizia è riportata da Askanews con foto del sindaco Sala.
Il 17 e 18 maggio si svolgerà al Teatro Officina un convegno sulla detenzione amministrativa.
Negli ultimi giorni ci sono stati alcuni episodi di cronaca a Milano che hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica. Un poliziotto è stato accoltellato da un migrante ed è stato ricoverato in gravi condizioni, un altro ha sparato a un migrante. Il Governo ha reagito annunciando la possibile apertura di un secondo Cpr. Il sindaco ha protestato perché non era stato avvisato. Nessuno sa però dove dovrebbe sorgere di preciso questa struttura, possibile che l’idea sia nata sul momento e che non ci sia stato nessun sopralluogo. Intanto il primo Cpr è commissariato, dopo un’indagine della Guardia di Finanza su alcuni servizi che non sono stati garantiti ai reclusi. La gara per assegnare la gestione a una nuova società non si è ancora conclusa.
Gli attivisti sono preoccupati per la situazione dei diritti umani all’interno del Cpr.
Non dicono però se bisogna rimpatriare in qualche modo gli stranieri che creano problemi o se bisogna dare loro la cittadinanza o il permesso di soggiorno.
I politici hanno rilasciato varie dichiarazioni a effetto sull’argomento.
Milano Today riporta quella di Fracesca Cucchiara di Europa Verde che dice che nei Cpr “si è detenuti in una struttura simile a un carcere senza avere commesso reati”.
In realtà una parte di coloro che si trovano nei Cpr i reati li hanno commessi eccome, solo che non circolano notizie in proposito visto che politicamente non interessano.
Alessandro Giungi del Pd ha detto: “Se proprio volete aumentare i rimpatri dovreste aumentare gli accordi” con i Paesi d’origine. Non è chiaro però se sia favorevole ad aumentare i rimpatri.
I Cpr sono stati istituiti proprio dal Pd per rimpatriare gli stranieri che hanno commesso reati.

Milano, il sindaco non è stato avvisato

Il sindaco di Milano Beppe Sala ha postato sui social un comunicato molto polemico nei confronti del ministro dell’Interno Piantedosi, che aveva criticato alcune precedenti dichiarazioni sull’inefficacia del sistema dei rimpatri definendole “semplicistiche”.
“Chiedo a Piantedosi se non è semplicistico che il suo ministero faccia sapere che a Milano si farà un secondo Cpr, ovviamente attraverso un’agenzia stampa e senza degnarsi di una telefonata al sindaco di Milano”, ha scritto Sala. “Se non è semplicistico immaginare un secondo Cpr dopo la pessima gestione del primo (non lo dico solo io, ma anche la Guardia di Finanza). Se non è semplicistico immaginare un secondo Cpr senza sapere come sarà possibile effettuare tutti quei rimpatri millantati, per ora rimasti sulla carta”.
La notizia è riportata dal Giorno, che aggiunge anche dichiarazioni del sottosegretario all’interno Nicola Molteni, il quale, sempre a mezzo stampa, pressa Sala per fargli dire se è o non è favorevole a quest’idea estemporanea di secondo Cpr a Milano.
Idea che alcuni hanno scritto che era sotto esame da tempo, ma che a quanto pare neache il sindaco di Milano aveva mai sentito prima d’ora e in effetti è ancora molto vaga: non si sa dove verrebbe allestita questa seconda struttura.
La prima è commissariata dopo che la Guardia di Finanza ha constatato varie irregolarità nella gestione, con servizi che erano garantiti sulla carta ma di cui nella realtà non c’era traccia.
Sarebbe già uscito il bando per scegliere il nuovo gestore.
Le polemiche di questi giorni seguono vari episodi che hanno visto protagonisti agenti di polizia e migranti, tra cui l’accoltellamento del viceispettore Christian Di Martino.
Sempre Il Giorno ha scritto che Di Martino è “in costante ma lento miglioramento”, dopo che in un primo momento lo aveva dato “in fin di vita”.

Milano, da tempo revisto un secondo Cpr

Scrive Repubblica “che da molti mesi il ministro degli interni aveva inserito la Lombardia fra le regioni alle quali spettano due centri per il rimpatrio dei migranti clandestini”.
L’articolo è riservato agli abbonati. In realtà finora non è circolata nessuna informazione precisa a proposito del secondo Cpr a Milano, non risulta all’opinione pubblica nessun sopralluogo in qualche struttura possibilmente idonea, né è di dominio pubblico la lista di regioni alle quali spettano due centri.
In realtà non è di dominio pubblico neanche la lista di quelle a cui spetta un centro. Si sa che si sono svolti sopralluoghi in varie località d’Italia in vista dell’apertura di nuovi Cpr, ma non si sa di preciso quanti e fra quanto tempo.
La decisione ufficiale era attesa già per l’inizio dell’anno, ma tarda ad arrivare. Si sospetta che il governo stia attendendo di incassare voti alle prossime europee e amministrative, prima di dare qualche dispiacere ai suoi elettori che vogliono il centro rimpatri solo a condizione che sia allestito altrove.
Non sono circolate particolari dichiarazioni dell’ex vicesindaco di Milano, ora deputato, Riccardo De Corato, uno di quelli che sarebbero favorevoli senza dubbio al Cpr.
Alla fine di aprile, dopo l’omicidio di un diciottenne a colpi di pistola, aveva sollevato alla Camera il problema delle periferie di Milano “allo sbando e in mano alla criminalità organizzata e a delinquenti. Tra l’altro, aveva segnalato che “diversi poliziotti sono stati aggrediti da stranieri”. Problema che ora è diventato d’attualità dopo che negli ultimi giorni ci sono stati due episodi del genere. In un caso un agente è rimasto ferito gravemente, nell’altro un agente ha sparato ad un migrante.

In arrivo un secondo Cpr a Milano

Un politico intervistato da TgCom24, che non ne riporta il nome, ha detto: “Col ministro Piantedosi siamo al lavoro per realizzare un secondo Cpr a Milano. Sono strutture fondamentali per garantire la sicurezza dei cittadini italiani e per allontanare dal territorio italiano altamente pericolosi”.
Le dichiarazioni arrivano in risposta a quanto detto dal sindaco Beppe Sala sul fatto che il governo non starebbe facendo abbastanza in materia di provvedimenti di espulsione, dopo che un clandestino ha accoltellato un poliziotto.
Il cittadino marocchino che è stato arrestato non era stato rimpatriato per mancato riconoscimento da parte delle autorità del Paese d’origine, dice il servizio.
Fanpage nega che i Cpr avrebbero risolto il problema in questo caso, come invece sostiene Salvini.
Il sito ha intervistato Maurizio Ambrosini, sociologo e professore all’università Statale di Milano, che ha detto che “i Cpr non sono lo strumento adatto per curare le malattie psichiche”.
“Il ministro Salvini forse dovrebbe chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno se non sono stati capaci di aprire altri Cpr. Chi gli impedisce di mettere un immigrato con un decreto di espulsione nel Cpr? C’è forse un potere di veto di qualche Ong o operatore umanitario alla detenzione? Sono esattamente loro che hanno potere, risorse, mezzi legislativi e agenti a disposizione per mettere tutti gli stranieri che credono nei Cpr”, dice l’intervistato.
Il quale nota che se negli ultimi giorni c’è stata attenzione a come venivano trattati gli italiani arrestati all’estero (Ilaria Salis in Ungheria, Matteo Falcinelli negli Stati Uniti), in Italia ben pochi si interessano alle condizioni di trattenimento di stranieri che non hanno commesso reati e che vengono rinchiusi nei Cpr.
Nei centri per i rimpatri, a differenza delle carceri, non ci sono corsi di formazione, attività di lavoro, sportive e di assistenza spirituale, nota il professore.
C’è poi il problema della mancanza di accordi con i Paesi d’origine, per cui si rischia di dover trattenere una persona per 18 mesi per poi rilasciarla “arrabbiata, scombussolata e disperata”, nonché ancora irregolare.

Milano, chiusa l’inchiesta sul Cpr

La procura di Milano ha chiuso l’inchiesta sul Centro di Permanenza per i Rimpatri di via Corelli.
Ora si attende la richiesta di rinvio a giudizio per le persone indagate, i gestori della struttura, che a quanto scrive La Stampa sarebbero accusati di avere presentato documentazione contraffatta anche alle prefetture di Salerno, Avellino, Lecco, Brindisi e Taranto.
L’ipotesi è che il gestore faceva risultare sulla carta tutta una serie di servizi che poi non venivano erogati. Inoltre anche i servizi di base lasciavano molto a desiderare: pessima qualità del cibo, letti e bagni fatiscenti, assenza di mediazione linguistica e di assistenza sanitaria.
C’è sempre la questione dei soldi sullo sfondo, che non viene mai approfondita granché dai mass media: non veniva versato il Tfr e pure parte della retribuzione, in certi casi. Inoltra il fatto che ai migranti non venivano permesse visite mediche è spiegato a volte con la mancanza del denaro necessario.
Visto che nel corso degli anni la cosa si è ripetuta in vari centri italiani e si è detto che era lo stato che ritardava i pagamenti al gestore, sarebbe spontanea la domanda: in questo caso la Prefettura pagava regolarmente?
Il quotidiano riporta i nomi degli indagati e quelli delle società Engel e Martinina, e le dichiarazioni di un avvocato in base alle quali uno degli accusati “fornirà i dovuti chiarimenti documentati, riservandosi di essere sentito dagli inquirenti e depositare apposita memoria corredata delle prove della sua difesa”.
L’indagine va avanti da mesi: ancora non è pronta una memoria difensiva? Ancora non sono state rilasciate dichiarazioni pubbliche per cercare di chiarire la situazione?
Il Cpr milanese è commissariato, ma gli attivisti che monitorano la situazione non hanno notato molti cambiamenti in positivo. Il problema a loro dire non sarebbe il cattivo comportamento di una persona, ma il sistema in sé che così come è concepito non può funzionare nel rispetto dei diritti umani.
L’amministratore giudiziario non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche per cercare di rassicurare qualcuno, e la stampa tuttora non viene ammessa nei centri. Ogni tanto ci entra qualche politico, che rilascia qualche dichiarazione che lascia il tempo che trova.
L’attuale governo ha già fatto svolgere dei sopralluoghi in vista dell’apertura di nuovi Cpr nelle regioni che ne sono sprovviste.
Si pensa che l’annuncio ufficiale delle località scelte sarà dato dopo le europee, per evitare di scontentare gli elettori prima delle elezioni.

Milano, esposto Naga

L’associazione Naga ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Milano per accertare le responsabilità in relazione ad episodi relativi alla violenza esercitata all’interno del Centro di Permanenza per i Rimpatri da parte di alcuni appartenenti alle forze di pubblica sicurezza e il presunto malfunzionamento del Cpr sotto l’aspetto amministrativo e sanitario.
L’iniziativa è nata dopo che sono arrivati nuovi video che dimostrano una situazione di degrado all’interno della struttura dopo che è stata commissariata.
Tra le varie segnalazioni, c’è anche quella riguardante uno straniero a cui è stato impedito di presentare richiesta d’asilo a cui pure avrebbe avuto diritto.
La notizia è riportata da Melting Pot, in un lungo articolo che riporta dichiarazioni del presidente di Naga, chiamato indifferentemente Tomba o Tromba.
Secondo le indiscrezioni il Cpr milanese dovrà chiudere per ristrutturazione. Non è stata ancora fissata una data.
All’inizio di questo mese a Milano c’è stata una manifestazione contro il Cpr.

Como, accompagnamento al Cpr

Un tunisino ventottenne che si aggirava per le vie del centro di Como è stato fermato dalla polizia e accompagnato al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Milano.
Lo scrive il sito La Milano, che racconta di quattro rimpatri effettuati direttamente dalla stessa questura senza passare dal Cpr.
Si tratta di due cittadini marocchini, uno appena arrestato per rapina impropria e l’altro per furto aggravato, e di due cittadine cinesi, 54 e 61 anni, senza precedenti penali ma con varie espulsioni mai ottemperate.
Fanpage ha scritto che il Cpr milanese chiuderà a breve per ristrutturazione. Probabile che sia in gran parte inagibile dopo qualche rivolta.
Il presidente dell’associazione Naga, Riccardo Tromba, dice che probabilmente c’è anche un problema di costi di gestione. Con i fondi ottenuti dalla prefettura, neanche la gestione commissariale che dirige il centro dopo l’inchiesta che ha coinvolto l’ente gestore per servizi non erogati riesce a farlo funzionare.
Pierfrancesco Majorino, del Partito Democratico, ovviamente ha detto che in caso di chiusura bisognerà fare in modo che il centro non riapra. Ma non ha detto che bisogna regolarizzare i criminali stranieri. Come al solito c’è sempre un dettaglio che rimane in sospeso. Quando il ministro dell’Interno era Marco Minniti, del Pd, è riuscito a far approvare un piano Cpr agli esponenti del suo partito che si erano sempre opposti ai centri di espulsione proprio promettendo che sarebbero state strutture per il rimpatrio dei criminali stranieri.

Riprese corteo No-Cpr Milano

Il sito del Quotidiano Nazionale ha pubblicato un filmato grezzo realizzato dall’Ansa con varie inquadrature del corteo che si è svolto sabato a Milano contro il Centri di Permanenza per i Rimpatri.
Caratteristica del filmato è quella di non dire assolutamente niente. Non viene intervistato nessuno, non c’è una frase per intero da parte di organizzatori e manifestanti.
C’è soltanto qualche brandello di discorso da cui si capisce che qualcuno ha parlato dell’uso eccessivo di psicofarmaci da parte dei gestori del centro e che coloro che manifestano contro il massacro dei palestinesi facevano parte del corteo.
Nei giorni scorsi Repubblica ha dedicato un articolo all’evento nelle pagine milanesi.
Nel titolo ci finiva il dettaglio che c’era uno “striscione con le foto di Salvini, Meloni e piantedosi macchiate di rosso”, tanto per creare un alone inquietante attorno al corteo. Nella foto si vedeva l’immagine incriminata, che non era su uno striscione ma sul poster affisso sulla fiancata di un camion.
L’articolo di Repubblica è riservato agli abbonati.
I partiti restano in secondo piano.
Il Giornale ha messo il Partito Democratico nel titolo di un articolo pubblicato la settimana scorsa, solo per dire che “I giovani del Pd sfilano con chi assalta la polizia per liberare i clandestini”.
L’articolo non riporta nessuna dichiarazione da parte dei giovani in questione, di cui non viene fatto neanche un nome.
La foto è quella di anonimi manifestanti di notte davanti a fumogeni rossi.
L’articolo cita due episodi riguardanti il “gruppuscolo di estremisti” che nelle ultime settimane si è reso protagonista di due blitz “che non hanno niente a che vedere con una normale protesta politica”. Prima l’assalto a una volante della polizia avvenuto il 28 febbraio a Torino, e poi l’invasione di pista all’aeroporto di Malpensa, sempre nel tentativo di impedire il rimpatrio di un amico straniero irregolare.
Il Pd non c’entra niente con questo episodio, e non ha detto nulla di preciso in proposito.
Al momento il partito protesta per le condizioni di vita all’interno dei Cpr, che dovrebbero determinarne la chiusura, ma non dice esplicitamente che bisogna regolarizzare anche i criminali stranieri. Chiudere i Cpr senza regolarizzare le persone però non è affatto la soluzione del problema, perché aumenterebbero i clandestini che non possono sopravvivere senza affidarsi all’illegalità: lavoro nero, nella migliore delle ipotesi, o criminalità nella peggiore.

Milano, forse tremila persone al corteo

Al corteo milanese contro il Centro di Permanenza per i Rimpatri hanno partecipato tremila persone, e qualcuno stima anche cinquemila. Lo scrive Ecoinformazioni.
Il corteo non è potuto arrivare fino al Cpr, essendo fermato da un cordone di polizia. Evidentemente si temeva che i migranti all’interno avrebbero dato fuoco a qualcosa o comunque creato disordini per farsi vedere dall’esterno, come avviene spesso in occasione di manifestazioni di solidarietà.
Il Cpr milanese è stato commissariato dopo che sono state riscontrate varie irregolarità da parte del gestore in merito a servizi che non sono stati forniti ai migranti.
L’articolo elenca numerose associazioni che hanno aderito all’iniziativa. Nel corteo sono confluiti anche i manifestanti che ogni settimana manifestano contro il massacro del popolo palestinese. Quest’informazione era finita anche nel titolo di un articolo di Repubblica incentrato sul fatto che alcuni ritratti di esponenti politici italiani erano stati imbrattati con vernice rossa. Evidentemente si voleva creare un’atmosfera inquietante intorno al corteo, mentre Ecoinformazioni ci tiene a precisare che no c’è mai stato nessun momento di tensione.
Comunque la foto dei ritratti imbrattati compare anche su questo sito: sono quelli di Salvini, Meloni e Piantedosi.
Insieme con l’articolo ci sono vari scatti effettuati durante la manifestazione. L’autore del pezzo è rimasto un po’ deluso per il fatto che è mancato un momento conclusivo, per cui alla fine c’è stato uno “sfilacciamento che sarebbe stato meglio evitare”.
Per il Corriere della Sera che ha pubblicato un articolo nel corso della manifestazione i manifestanti sarebbero stati circa 500.
Alcuni manifestanti avevano dei bicchieri pieni di caramelle, a simboleggiare il cocktail di psicofarmaci che viene distribuito, senza diagnosi e senza parere specialistico, ai reclusi solo per tenerli calmi. Una pratica che viene contestata perché trasforma persone sane in malati tossicodipendenti, con conseguenze tragiche al momento del rimpatrio o del rilascio, quando la terapia viene interrotta di colpo.
Il Corriere racconta anche che il sindaco di Milano Giuseppe Sala è stato contestato perché ha chiesto di non trasformare la maifestazione del 25 aprile in un derby tra Israele e Palestina.
Alcuni giorni fa il consigliere regionale di Patto Civico Luca Paldini ha presentato una richiesta di chiudere il Cpr e aprire un’inchiesta su quanto avviene all’interno: si parla di 40 atti di autolesionismo a settimana che non vengono annotati nel registro degli eventi critici.
Alla richiesta hanno aderito tutte le opposizioni: Pd, 5 Stelle, Verdi-Sinistra, Azione-Italia Viva e anche il movimento che fa capo a Letizia Moratti, Italia Migliore.
Nessuno di loro però chiede di regolarizzare i criminali, quindi non è escluso che nel caso dovessero arrivare al governo si inventino una soluzione alternativa per raggiungere l’obiettivo. Come è successo a suo tempo al Partito Democratico, che dopo avere protestato per anni contro i Centri di espulsione, è improvvisamente diventato favorevole ai Centri per i rimpatri, salvo poi accorgersi dopo avere perso le elezioni che si trattava della stessa cosa.

Milano, intervista al recluso

Il Manifesto ha pubblicato un’intervista ad uno straniero che si trova trattenuto da oltre un mese nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di via Corelli a Milano.
L’uomo, trentunenne, marocchino, ha voluto che venisse scritto anche il suo nome, per dare valore alla sua testimonianza che non doveva restare anonima.
E’ arrivato in Italia quando aveva 13 anni, ha avuto per parecchio tempo il permesso di soggiorno, ma poi ha commesso dei reati essendo diventato tossicodipendente.
Tra la pandemia che gli ha fatto perdere il permesso di soggiorno e le condanne per i reati commessi, è stato deciso il suo rimpatrio. Prima è stato per alcuni mesi nel Cpr di Torino, che l’anno scorso è stato chiuso dopo essere stato devastato nelle rivolte. Poi, dopo due anni di carcere, è stato trasferito il mese scorso direttamente al Cpr di Milano.
In confronto al carcere, il degrado del Cpr è indicibile.
C’è dentro gente con problemi psichiatrici, tossicodipendenti, persone che non vengono seguite.
Si vive nella sporcizia. L’immagine che viene messa accanto all’articolo mostra piatti, forchette, bicchieri, tovaglioli, cibo, lasciati per terra chissà perché.
Vivere in mezzo a quella gente è dannoso per la propria salute mentale e non solo: “Fanno impazzire anche te. Ogni giorno rischi di ammazzare qualcuno”.
Vengono forniti psicofarmaci in grande quantità, senza diagnosi e senza parere dello specialista, solo per calmare i reclusi. Ma i risultati sono drammatici.
Ci sono atti di autoelesionismo quotidiani, nella speranza di uscire.
Regolarizzarsi è impossibile, pur avendo la buona volontà: le leggi non lo permettono.
Ieri pomeriggio c’è stato a Milano il corteo contro i Cpr.
Repubblica ha dedicato un articolo all’argomento, indignandosi perché c’erano foto di Salvini e Meloni macchiate di rosso.
Il sito nota che nel corteo c’erano anche “le associazioni di palestinesi e pacifisti per il cessate il fuoco a Gaza”.
A febbraio ci sono state delle polemiche perla presenza di “sagome insanguinate” di Benjamin Netanyahu, Giorgia Meloni e Matteo Salvini ad un corteo pro-Palestina a Milano, commentate dallo stesso Salvini sui social.