Torino, anarchici danneggiano una volante, polemiche

Un gruppetto di anarchici ha circondato una volante della polizia a Torino per liberare un cittadino marocchino che doveva essere accompagnato al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Milano.
L’episodio si è concluso con un solo ferito lieve, un agente, con danni ai vetri della vettura e con cinque fermati che sono già stati rilasciati. E con molte polemiche.
Nei giorni scorsi infatti l’operato delle forze dell’ordine era stato criticato da più parti, inclusa la Presidenza della Repubblica, per la gestione delle manifestazioni anti-Israele. C’erano state cariche da parte dei reparti anti-sommossa nei confronti degli studenti che tentavano di oltrepassare un blocco, e la reazione era stata come se fosse stato il Governo a tentare di impedire tutte le manifestazioni di dissenso.
Su quanto avvenuto a Torino è intervenuta Giorgia Meloni, che si è chiesta: “Quanti di quelli che in questi giorni hanno attaccato le forze dell’ordine in modo indiscriminato vogliono anche esprimere solidarietà a questi agenti che stanno facendo il proprio lavoro?”.
Il presidente della Repubblica, che in questo caso ha un po’ la coda di paglia, ha immediatamente chiamato il capo della polizia per esprimere solidarietà.
Per quanto riguarda lo straniero, avrebbe numerosi precedenti penali, tra cui per violenza sessuale di gruppo avvenuta chissà dove e chissà quando. L’ultimo arresto sarebbe per avere scritto sui muri in un sottopasso.
Msn pubblica un articolo del Mattino e un filmato attinto da Daily Motion, anche se talvolta la pagina carica un audio non richiesto e non attinente che infastidisce soltanto.
Lo stesso filmato grezzo si può vedere anche su Virgilio, dove c’è pure la foto Ansa di una protesta degli antagonisti avvenuta in seguito all’episodio, in attesa del rilascio degli arrestati.
Il ministro dell’Interno Piantedosi se l’è presa con il “sintomatico clima di veleno e sospetto a cui sono sottoposte in questi giorni le forze dell’ordine”. “Mi prodigherò in ogni sede per affermare la dignità e l’onore dei servitori dello Stato che quotidianamente, anche mettendo a rischio la loro incolumità, concorrono ad affermare i valori di libertà e democrazia”, ha aggiunto.
Chi invece latita è l’opposizione, in particolare la Schlein, evidentemente troppo soddisfatta per il successo del suo schieramento alle regionali in Sardegna per potersi occupare di queste piccolezze.
Il suo partito al momento è contrario all’apertura dei Cpr, che non sarebbe altro che il piano Minniti portato avanti da Piantedosi, e teoricamente contrario a qualunque rimpatrio di cittadini innocenti, anche se si rifiuta di prendere in considerazione l’esistenza di criminali stranieri, per cui non è sicuro che se vincesse le elezioni il Pd chiuderebbe del tutto i Cpr che ha contribuito ad aprire.
Il migrante fermato dalla questura di Torino doveva essere portato a Milano perché il Cpr torinese è chiuso da un anno. Anche quello milanese dovrebbe avere subito qualche danneggiamento nelle rivolte più recenti, ma mancano dati aggiornati su quante stanze siano in funzione e quanti ospiti siano al suo interno.

Torino, i familiari di Moussa Balde si oppongono alle archiviazioni

Repubblica ha dedicato un articolo al fatto che la famiglia di Moussa Balde si oppone alle archiviazioni sul suo suicidio e chiede nuove indagini e che siano ascoltati i Garanti dei detenuti. L’articolo è riservato agli abbonati. Balde si suicidò nel reparto di isolamento del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Torino a maggio 2021. Era stato portato al Cpr dopo essere stato picchiato in strada da tre italiani. Il video del pestaggio era diventato virale sul web, e ha poi permesso di identificare gli aggressori, ma nessuno aveva informato il diretto interessato, che non era stato ascoltato dagli inquirenti in merito a quanto era successo. L’avvocato lo aveva trovato molto demoralizzato l’ultima volta che l’ha visto. Per evitare episodi simili, l’Ospedaletto, ossia la stanzetta isolata da tutto in cui Balde era stato rinchiuso, ufficialmente per una sospetta malattia della pelle che in realtà non aveva, non venne più utilizzato in seguito. Il Cpr torinese è finito fuori uso a seguito delle rivolte che ci sono state a febbraio di quest’anno, e non è più utilizzato in attesa di essere ristrutturato.
Pochi giorni fa la garante locale dei detenuti Monica Gallo ha diffuso alcuni dati riguardanti i trattenimenti nel 2022 e nei primi mesi del 2023. Si sono spesi oltre 2 milioni di euro, di cui quasi 900 mila di manutenzioni, ossia in media 19 mila euro per ogni persona trattenuta. Per la garante è più facile integrare una persona che non passa attraverso un’esperienza traumatica come questa. Le sue dichiarazioni sono state riportate dalla Tgr Piemonte, anche se non si dice nulla di esplicito a proposito del fatto di regolarizzare i criminali stranieri.
Per tornare al caso di Moussa Balde, gli aggressori sono stati condannati a due anni di galera a gennaio scorso scorso. Le indagini sui gestori e sulle forze dell’ordine per le procedure in base alle quali gli stranieri venivano posti in isolamento invece non hanno portato a niente.

Milano, testimonianze dal Cpr

Il Giorno ha pubblicato un articolo con alcune testimonianze riguardanti il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Milano, dopo che la magistratura ha posto sotto sequestro l’ente gestore con varie accuse, tra cui frode.
La foto degli indagati non è mai stata pubblicata. Qui c’è uno scatto, già visto, di un migrante che si arrampica sul muro di cinta.
Si accenna ad uno straniero con problemi psichici che è stato trattenuto per un certo periodo prima di essere rilasciato sul territorio, e alla carenza di saponi in certi periodi, che impediva ai reclusi di farsi la doccia.
Si parla di un medico coordinatore del servizio sanitario che si sarebbe rifiutato di eseguire personalmente le visite mediche definendo gli ospiti “animali”. Non viene fatto il nome del medico in questione, né del lavoratore che lo accusa.
Si dice che il cibo fosse di bassa qualità, e che un migrante si era cucito le labbra per protesta, chissà chi e chissà quando.
Ora si attende la nomina di un amministratore giudiziario che penserà a mandare avanti la struttura senza bisogno di rilasciare tutti i reclusi.
Un’altra criticità riguarda il fatto che veniva impedito ai trattenuti di parlare con gli avvocati. E che c’era un uso indiscriminato di psicofarmaci anche senza necessità terapeutiche.
L’articolo non cita esponenti politici, né nomina il Garante dei detenuti, che nelle intenzioni del ministro Minniti, che ha istituito i Cpr a suo tempo, doveva essere una garanzia per quanto riguarda il fatto che non sarebbero stati violati i diritti umani in queste strutture.
Il garante dei detenuti uscente, Mauro Palma, ancora non ha rilasciato nessuna dichiarazione di rilievo dopo che si è aperta l’inchiesta sul Cpr milanese. Si era già accorto di tutto? Non si era accorto di niente? L’inchiesta si basa su quello che ha segnalato lui?
Palma dopo le sporadiche visite al Cpr non emetteva comunicati dettagliati, ma inoltrava una relazione alle istituzioni competenti. Ciononostante, era sempre molto disponibile alle interviste, nelle quali metteva in evidenza le criticità dei centri rimpatri. L’Unità conserva di lui un bel ricordo, a quanto ha scritto alla fine del mese scorso in un articolo a firma Davide Galliani.
Il suo mandato è scaduto da parecchi mesi. I mass media hanno dato spazio ai battibecchi che ci sono stati per la nomina del suo successore. Che le opposizioni avrebbero voluto ascoltare prima di dargli l’incarico, ma la maggioranza non ha voluto. Né il diretto interessato si è mai espresso sulla questione Cpr. La sua nomina è stata confermata? Quando entrerà in carica? Il sito ufficiale è fermo da metà novembre.
Intanto l’Ansa ha riportato qualche dichiarazione della Garante locale dei detenuti di Torino, Monica Gallo. Una di quelle persone che non ha diritto alla foto: l’agenzia rimedia con un’immagine qualsiasi del muro di cinta del centro rimpatri.
La Gallo ha organizzato una presentazione dei risultati di un tavolo di lavoro sulle misure alternative ai Cpr, tre giorni fa. La struttura torinese è chiusa per lavori. Nel 2022 ha trattenuto 879 persone, di cui 199 provenienti dal carcere e 680 cittadini liberi, con un tasso di rimpatri bassissimo: 24%.
Spesso gli attivisti dicono che i Cpr vanno chiusi perché chi ci finisce dentro è gente che non ha commesso reati. I dati forniti dalla garante torinese fanno un po’ di luce sulla questione: un trattenuto su cinque proviene dal carcere.
Il dato può essere fuorviante, perché potrebbe riferirsi a coloro che vengono accompagnati al Cpr direttamente dal carcere. Ce ne sono altri che dopo avere scontato la pena vengono rimessi in libertà, e solo ad un controllo successivo, anche in relazione ai loro precedenti penali, vengono accompagnati al centro rimpatri.
Insomma, la percentuale degli stranieri pregiudicati che vengono avviati al rimpatrio potrebbe essere superiore al 22% che risulta da questi dati.
Nel corso del 2023, prima di essere chiuso l’inverno scorso, nel centro erano transitati 235 stranieri, di cui 46 rimpatriati.
Da quando è stato chiuso il Cpr i rimpatri sarebbero stati solo 36.
Il centro è in ristrutturazione dopo essere stato danneggiato nel corso di una serie di rivolte. Il Governo intende riaprirlo, così come intende aprire altri Cpr nelle regioni che ne sono sprovviste. Di recente si sono svolte ispezioni nelle località possibilmente idonee. La lista di quelle che verranno scelte è attesa per le prossime settimane.

Torino, striscione contro i Cpr appeso a Palazzo Madama

Scrive Torino Oggi che gli antagonisti, nel corso di una iniziativa indetta dal centro sociale Gabrio, hanno appeso uno striscione a Palazzo Madama contro i Centri di Permanenza per i Rimpatri.
Il sito non dice cosa c’era scritto sullo striscione, e mostra una foto di repertorio di Palazzo Madama, senza striscione e senza nessuno davanti.
Sul sito della Tgr Piemonte invece c’è la foto della facciata del palazzo in cui c’è il museo civico di arte antica, coperta da un impalcatura, sulla quale è steso uno striscione verticale su cui si legge “Cpr=Lager – Blocchiamo Stato e aziende”.
Secondo il sito al corteo erano presenti circa cinquecento persone.
Il Cpr torinese è chiuso da marzo. Gli antagonisti chiedono che non riapra. Su Facebook ci sono i volantini delle iniziative previste in questi giorni. Oltre al corteo di ieri, è prevista un’assemblea contro detenzione e frontiere per questa mattina alle 11.

Torino, proiezione documentario

Lunedì pomeriggio a Torino verrà proiettato il documentario Sulla Loro Pelle di Simone Manda, alla presenza del regista, e si svolgerà un dibattito sui Centri di Permanenza per i Rimpatri.
La notizia è riportata sul sito di Potere Al Popolo, che scrive anche che è in preparazione un corteo per il primo luglio contro la riapertura del Cpr torinese, chiuso da marzo dopo essere stato danneggiato nel corso di varie rivolte.
L’inchiesta realizzata da Manda insieme ad Alessandro Leone e Marika Ikonomu ha vinto l’anno scorso il premio Morrione.
Il trailer può essere visto su Youtube. Montaggio rapido e musica ansiogena. Compaiono violenze, incendi, atti di autolesionismo.
Nelle ultime ore è stata diffusa la relazione al Parlamento del Garante dei detenuti Mauro Palma, l’ultima del suo settennato.
Nel documento si parla di tanti argomenti diversi, tra cui le carceri, ma un paragrafo è dedicato ai centri di detenzione amministrativa per migranti e ci sono molti riferimenti ai monitoraggi dei voli di rimpatrio. Ci sono inoltre tante statistiche, dalle quali veniamo a sapere che nel 2022 cinque persone sono morte nei Cpr, 46 sono evase. 57 donne sono tranistate nei centri, di cui solo 18 rimpatriate e una arrestata.
Nella mole di materiale fornita (287 pagine) in pochi hanno notato questi dettagli che non sono mai finiti nella cronaca.
Domani ha pubblicato un articolo sull’argomento, abbastanza vago e con foto della facciata di un carcere.
Tra le altre cose si parla delle violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e delle violenze inflitte dai poliziotti ai fermati a Verona. Tra cui uno straniero il cui corpo è stato impiegato come uno straccio per pulire il pavimento sporco di urina.

Nessuna novità da Torino

A Torino il Centro di Permanenza per i Rimpatri è stato chiuso all’inizio di marzo, dopo essere stato devastato da una serie di rivolte nel mese precedente.
I danni non sono stati quantificati né visti. I giornalisti non hanno potuto visitare la struttura neanche dopo che è stata svuotata. Nessuno ha raccontato che ne è stato dei dipendenti del centro. Nessuno ha fatto una stima di quanto tempo ci vorrà per ripristinare la struttura. Si da per scontato che il governo voglia ripristinarla, così come vuole aprire altri Cpr nelle regioni che non ne hanno mai avuto uno o non lo hanno più, anche se ci si muove lentamente e con prudenza. La sinistra dopo che è finita all’opposizione ha improvvisamente dimenticato che il piano di aprire un centro rimpatri in ogni regione era il suo piano quando era al governo. Ora ha abbracciato la teoria in base alla quale tutti i Cpr sono lager e nessun migrante ha commesso reati. A destra si tende a fare confusione tra centri per i rimpatri e centri di accoglienza. La regione in cui si è parlato di più dell’apertura di un centro rimpatri è la Toscana, ma ancora non è stata comunicata la località in cui avviare i lavori. Si è anche accennato alla possibilità di ripristinare l’ex centro di espulsione che si trova in provincia di Crotone, in Calabria. Nulla dalle altre regioni.
In questi giorni è uscito il rapporto della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili che si concentra sul fatto che i Cpr vengono dati in gestione ai privati, che possono ottenere dei profitti riducendo la qualità del servizio.
Il Cpr torinese era affidato in gestione a Ors, che si occupa anche del centro rimpatri di Ponte Galeria a Roma.
Ors è un colosso europeo che fornisce servizi ai migranti, anche quelli in detenzione amministrativa, in Europa: più di 100 strutture in Svizzera, Austria, Germania e Italia, più di 1.400 dipendenti.
In passato ha gestito anche il Cpr di Macomer, in Sardegna, ora nelle mani di Edeco-Ekene.
Nel rapporto della Cild l’assetto societario di Ors è descritto nel dettaglio. E’ un ambito molto complesso, tanto che è necessario disegnare uno schema con parecchie frecce per indicare le varie acquisizioni. Sono coinvolti anche fondi di private equity.
Informazioni difficili da valutare per l’opinione pubblica. Il rapporto contiene nomi e cognomi delle persone coinvolte, ma non si tratta di personaggi pubblici, nel senso che il pubblico non li ha mai visti intervistati mentre provano a rassicurare sulla qualità dei servizi offerti.
Si parla di Ors da pagina 16 a pagina 57 del rapporto, con numerosi riferimenti alle condizioni dei centri gestiti da questa società, all’estero e in Italia, sulla base dei rapporti di chi li ha visitati, dei comunicati, degli articoli giornalistici.
Nel documento si trova anche un riferimento ai minorenni individuati dall’onorevole Soumahoro nel corso della sua visita al Cpr di Ponte Galeria ad aprile scorso.
La notizia è stata riportata distrattamente dalla stampa e poi abbandonata. Soumahoro ottiene spazio sui giornali solo quando ci sono polemiche che lo riguardano anche indirettamente.
Il Cpr romano è l’unico ad avere un settore femminile. All’epoca della visita di Soumahoro erano presenti cinque donne. Di loro non si conosce la nazionalità, e non si sa quale è stato l’esito del trattenimento. Le autorità non emettono comunicati al momento del rimpatrio o del rilascio.

Cpr, “raffica di revoche”

Il Giornale ha scritto che il Governo, senza tanto clamore, ha deciso varie revoche ai danni degli enti gestori di alcuni Centri di Permanenza per i Rimpatri.
A Gradisca il prefetto ha escluso la cooperativa Badia Grande perché il patron era stato rinviato a giudizio a gennaio dell’anno scorso per i reati di frode nelle pubbliche forniture, falsità ideologica del privato in atti pubblici e truffa ai danni dello Stato.
Anche il Cpr di Bari era stato affidato alla stessa società. A novembre scorso il contratto è stato revocato a causa dell’offerta anormalmente bassa e di gravi illeciti professionali.
Badia Grande si occupava anche dell’hotspot di Lampedusa, ora passato a Croce Rossa.
Il Cpr di Torino è stato chiuso da questo governo, dice l’articolo, dopo anni di violentissimi scontri e proteste da parte dei migranti per le condizioni in cui la società, il colosso svizzero Ors, li faceva vivere, accogliendo la richiesta del “Consiglio di Torino” dopo che i precedenti governi “sono rimasti a guardare”.
Infine a Caltanissetta la cooperativa Ekene è stata esclusa per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, abuso d’ufficio, frode nelle pubbliche forniture, falsità matareiale e ideologica, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
L’articolo serve a rintuzzare gli attacchi del conduttore di Piazza Pulita Corrado Formigli, che avrebbe detto che il Governo se l’è presa solo con le cooperative che gestiscono i centri di accoglienza e non con quelle che si occupano di Cpr.
La fotografia accanto all’articolo mostra migranti ordinatamente in fila, forse nei pressi di qualche questura per chiedere i documenti.
A differenza del cosiddetto caso Soumahoro, dove le persone accusate sono state sbattute sulle prime pagine dei giornali prima ancora del rinvio a giudizio, in questi casi le foto delle persone coinvolte non sono state pubblicate.
Le revoche a Badia Grande non hanno praticamente fatto notizia. Il grosso dell’opinione pubblica non ha la più pallida idea di quali siano le frodi in pubbliche forniture di cui è accusato il patron.
In cronaca locale in questi giorni si dice che dal primo giugno l’hotspot di Lampedusa è gestito dalla Croce Rossa, ma la foto è quella degli edifici visti da lontano.
Tp24 scrive che le indagini sul presidente di Badia Grande riguardano gli anni tra il 2017 e il 2019, quando la cooperativa si occupava di migranti a Trapani. Un’altra indagine riguarda l’assistenza sanitaria al Cpc di Bari.
“A Lampedusa sono stati documentati dalla polizia rifiuti e sporcizia, locali allagati, impianti elettrici in disordine ed il mancato rispetto delle obbligazioni previste dalla gara”.
Save The Children aveva denunciato cattive condizioni dei bagni, migranti costretti a dormire all’aperto su materassi sporchi e senza coperte, in mezzo ai rifiuti, donne e bambini in totale promiscuità con gli uomini.
Secondo Tp24 Badia grande avrebbe incassato 800mila euro, spendendone solo 200mila per la gestione, con tagli al personale e alla manutenzione.
La cooperativa si è difesa dicendo che il centro era dimensionato per 250 e poi 389 posti, mentre sono stati rilevati picchi di 4mila ospiti presenti. Come avrebbe fatto a non ospitarli nei corridoi e per terra se non esistevano proprio abbastanza stanze e attrezzature per tutti?
“Qualunque altro soggetto avrebbe vissuto e vivrebbe le stesse difficoltà che un’isola di piccole dimensioni presenta, ad iniziare dalla difficoltà di approvigionamento del cibo”, ha scritto la coop in un comunicato.
La manutenzione degli impianti non spettava al gestore, essendo di proprietà demaniale, e non è stata fatta.
Gli spazi destinati alla logistica erano inadeguati.
“In queste condizioni non si sarebbe potuto fare di più”, si legge nel comunicato.
La cooperativa ha deciso di non partecipare al nuovo bando di gara.

Torino, chiusa l’indagine su 6 indagati

Torino Oggi scrive che la procura di Torino ha chiuso l’indagine aperta a seguito del suicidio di Moussa Balde nel locale Centro di Permanenza per i Rimpatri avvenuto a maggio di due anni fa. E scrive anche che le persone indagate sono 6: il responsabile sanitario del centro e dirigenti e funzionari della questura. I reati contestati sarebbero falso, favoreggiamento e sequestro di persona.
A questo punto bisognerebbe trarre delle conclusioni, valutando se sono stati raccolti elementi sufficienti a sostenere l’accusa nell’eventuale e successivo giudizio oppure no, ma al momento non si sa nulla in proposito.
Foto e nomi degli indagati non sono stati diffusi, a differenza di quanto accaduto per il caso Soumahoro, dove i reati contestati erano molto meno gravi ma l’accanimento politico era molto superiore. Torino Oggi fa solo il nome dell’ex prefetto, la cui posizione è stata stralciata, e solo per dire che gli è stata mostrata una relazione del 2018 scritta dal garante dei detenuti, di cui non si riporta il nome. Il sito non dice nulla su cosa avrebbe risposto l’ex prefetto alle domande degli inquirenti. Nella relazione si paragonava il reparto di isolamento in cui Balde si è suicidato alle vecchie sezioni di uno zoo.
La foto accanto all’articolo è semplicemente una panoramica del centro di espulsione. Sebbene si sia parlato in lungo e in largo dell’ospedaletto, i siti web non ne hanno mai pubblicato la foto, che pure esiste da qualche parte e compare nelle pagine di una relazione scritta da chissà chi e chissà quando e inquadarata una volta di sfuggita. Cercando con Google, l’unica foto che viene fuori nella sezione immagini è storta e riprende solo una delle finestre di questo reparto. Compare su Pressenza, che a sua volta l’ha attinta da LasciateCIEntrare.
Il sito l’ha pubblicata a settembre 2021, quando l’ospedaletto è stato chiuso per precauzione, dopo che la magistratura aveva già aperto indagini sulle procedure di isolamento nel Cpr, a seguito del suicidio di Moussa Balde e della morte per complicanze cardiache di un altro straniero avvenuta due anni prima, a luglio 2019.
L’intero centro rimpatri torinese è chiuso dal marzo scorso, essendo inagibile per i danni subiti nel corso di rivolte avvenute il mese precedente.
Per commemorare il secondo anniversario della morte di Moussa Balde, in questi giorni Sinistra Ecologista ha deposto una corona di fiori nei pressi del Cpr.
Il caso di Balde ha particolarmente colpito l’opinione pubblica perché lo straniero era stato rinchiuso nel centro rimpatri a seguito di un pestaggio da parte di tre italiani che era stato ripreso con i cellulari e diventato virale su internet. Nonostante il fatto che le immagini abbiano permesso di riconoscere gli aggressori, nessuno aveva ascoltato Balde come testimone, contribuendo a creare lo stato d’animo che lo ha spinto al suicidio. Oltre tutto, si trovava in isolamento a causa di una sospetta malattia contagiosa della pelle che in realtà non aveva.
Gli aggressori hanno sostenuto di avere reagito ad un tentativo di furto. Sono stati condannati a due anni, con sospensione della pena perché incensurati.
I loro nomi sono stati diffusi, le foto no.
La Stampa oggi titola: “Torino, inferno al Cpr: indagati cinque agenti e un medico per sequestro di persona e omicidio colposo”. L’immagine è quella di Moussa Balde. L’articolo è riservato agli abbonati.
Le risposte dell’ex prefetto alle osservazioni del Garante sono state riportate dallo Spiffero.
Il prefetto non condivideva i riferimenti allo zoo, e disse che gli ospedaletti venivano usati soprattutto per ragioni sanitarie, ma anche per ragioni di ordine e sicurezza, sulla base di norme risalenti al 2014 e 2015.
“Abbiamo cercato di rendere gli ospedaletti più accoglienti. La grata superiore era per evitare che tali locali fossero colpiti da lanci di pietre”, ha detto l’ex garante agli inquirenti.
Nessuna foto accanto a questo articolo.

Torino, due anni dalla morte di Moussa Balde

Il 23 maggio del 2021 moriva nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Torino Moussa Balde. Il ventitreenne guineano era stato portato nella struttura torinese dopo essere stato vittima di un pestaggio a Ventimiglia. Un video che documentava quello che è successo circolava su internet e aveva permesso di identificare gli aggressori, ma nessuno aveva ascoltato la sua testimonianza. Lo straniero era stato messo in isolamento a causa di una sospetta malattia della pelle, che in realtà non aveva, e si è tolto la vita.
In seguito è stata aperta un’indagine sulle dinamiche in base alle quali i reclusi venivano posti in isolamento, per cui è stato deciso di chiudere quel reparto in via precauzionale. Dall’inizio di marzo l’intero centro rimpatri è chiuso dopo i danni subiti nel corso di varie rivolte.
Una cerimonia commemorativa è stata tenuta davanti al Cpr, su iniziativa di Sinistra Ecologista. Ha partecipato anche un esponente locale del Pd. Lo schieramento è contrario ai centri rimpatri e chiede che la struttura torinese non venga rimessa in funzione. Il Governo invece ha intenzione di ristrutturarla, nell’ambito di un piano che prevede l’apertura di un Cpr in ogni regione. Un piano che a suo tempo era stato anche del Pd, ma che ora a quanto pare non va più bene.
Dicono i politici di sinistra che il trattamento dei reclusi è peggiore rispetto a quello di coloro che si trovano in carcere, a partire dall’assenza di un’adeguata assistenza sanitaria e dall’abuso di somministrazione di psicofarmaci.
Le persone finiscono al Cpr “per il solo fatto di essere stranieri” e il tasso di rimpatri è bassissimo, dicono due consigliere rossoverdi in un comunicato.
Quello che non dicono è se bisogna rimpatriare gli stranieri che hanno commesso reati usando un sistema più umano oppure bisogna regolarizzarli. Non a caso alle ultime elezioni politiche nazionali ha vinto la destra, che almeno su questo punto non entra in contraddizione.
L’assessore alle Politiche Sociali di Torino ha detto che “è attualmente in corso il processo contro gli autori dell’aggressione” ai danni di Moussa Balde. A quanto ne sappiamo, a gennaio è uscita la sentenza di primo grado, in base alla quale i tre imputati sono stati condannati a due anni ciascuno, con sospensione della pena in quanto incensurati. Non è stata riconosciuta l’aggravante del razzismo. Gli accusati dicevano di avere reagito ad un tentativo di furto di un cellulare.

Torino, proseguono le indagini

Non sono ancora concluse le indagini partite dopo la morte di Moussa Balde nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Torino, che riguardano una quarantina di casi di persone rinchiuse nel reparto di isolamento della struttura.
Le ipotesi di reato sarebbero sequestro di persona, ma anche abbandono di incapace, lesioni colpose, falso, favoreggiamento e nel caso di Balde omicidio colposo.
Lo scrive Torino Oggi, senza specificare da dove arriva la notizia e senza riportare nomi e foto degli indagati, tranne quello dell’allora prefetto, la cui posizione “dovrebbe essere stralciata”. Per ipotesi di reato molto meno gravi i familiari di Soumahoro sono stati sbattuti su tutte le prime pagine per giorni e giorni.
L’immagine mostra il Cpr visto da lontano.
Il Secolo XIX dice che gli indagati sono dieci tra agenti di polizia e operatori con responsabilità di gestione.
Le informazioni sono pressoché le stesse, ma la foto mostra cinque africani qualsiasi visti da lontano in un parcheggio.
Il centro rimpatri torinese è chiuso da febbraio, dopo essere stato devastato nel corso di varie rivolte. Nessuno racconta che fine hanno fatto i dipendenti della struttura, né si dice se siano partiti lavori di ristrutturazione per rimetterlo in funzione.
Nel resto d’Italia continuano ad operare nove Cpr in sette regioni diverse.
Il governo vuole aprirne altri. Il dibattito finora è molto acceso in Toscana, visto che la Regione è contraria.
Il Governo ha proclamato lo stato d’emergenza, che la Regione non vuole firmare. In quel caso, perderà i soldi del decreto Cutro, ma i migranti continueranno ad arrivare.
Il commissario straordinario all’emergenza immigrazione ha detto che la questione Cpr non è collegata alla firma dello stato di emergenza: “Se ritiene, la Toscana può aderire al patto e continuare a dire no ai Cpr”. “Ma cosa comporterà il no?”, ha chiesto l’intervistatrice. “Niente. Il Cpr sarà comunque realizzato in Toscana, come altrove, perché è questa la linea del Governo”.
Quando la giornalista gli chiede se si sta valutando l’ipotesi di allestire il centro a Pescia il commissario risponde “Gli annunci saranno fatti a tempo debito”.
L’ultima domanda è: “Quando era prefetto a Firenze disse che i Cpr sono indispensabili per la sicurezza delle città e saranno destinati ai migranti autori di reato. E’ ancora di questa idea?”. La risposta è “Assolutamente sì”. E l’intervista si conclude così.
Come al solito non viene toccata la presenza di persone che non hanno commesso reati nei Cpr. Perché gli attivisti dicono che nei centri ci si finisce senza avere commesso reati. A quanto ne sappiamo, alcuni vengono rinchiusi nei Cpr dopo avere commesso reati, avere scontato la pena, o per il fatto di avere una lunga lista di precedenti, mentre altri soltanto perché hanno perso il lavoro e quindi il permesso di soggiorno, o addirittura perché sono appena sbarcati. Non circolano dati precisi in proposito, né i giornalisti li chiedono, quindi ognuno la pensa come vuole. Anche quando il ministro dell’Interno del Partito Democratico Minniti ha istituito i Cpr ha detto che non ci sarebbero finiti gli irregolari ma i criminali. Solo che poi non ha messo per iscritto niente del genere, e i Cpr hanno continuato a funzionare come se fossero Cie sotto falso nome.
Un’altra questione si potrebbe affrontare: Milano è una delle città dotate di Cpr, eppure in questi giorni è sulle prime pagine perché si dice che non c’è sicurezza. L’apertura di un Cpr in Toscana farà diminuire i reati? Non si può e non si potrà dire: non circolano dati precisi su quanti reati ci sono stati in questi anni nella regione, quindi se dopo l’apertura del centro diminuiranno o aumenteranno non se ne accorgerà nessuno.
Intanto a Milano il dibattito politico si è di nuovo fermato dopo le polemiche contro l’assessore Granelli aveva detto che “Ci vogliono i rimpatri e ci vogliono i Cpr perché chi delinque deve pagare la pena, andare al Cpr o in carcere o tornare al suo Paese”.
Alcuni consiglieri comunali del suo stesso schieramento, il Pd, e di Europa Verde lo hanno attaccato, accusandolo di non conoscere la differenza tra carcere e Cpr, insinuando che vuole negare il diritto al processo per gli stranieri, dicendo che la metà di coloro che vengono rinchiusi non vengono rimpatriati e che comunque molti di loro non hanno commesso reati.
Però i contestatori non dicono se uno stupratore straniero debba essere rimpatriato in maniera più umana, magari a partire dal carcere, o se dopo aver scontato la pena debba essere regolarizzato.
E uno dei motivi per cui il centrosinistra ha perso le elezioni è proprio la sua ambiguità su questo fronte. Quando era all’opposizione non voleva i Cie, poi quando è passato in maggioranza ha istituito un piano per avere un centro rimpatri in ogni regione, mentre ora che è di nuovo all’opposizione lo vede come un progetto disumano e diabolico. Idem per quanto riguarda gli accordi con la Libia o le limitazioni alle Ong: sono stati governi di centrosinistra a firmarli, mentre ora lo schieramento si oppone in maniera netta. E poi si è molto duri contro Orban che vuole bloccare l’ingresso ai migranti, ma non lo si è allo stesso modo nei confronti del governo fracese, che rappresenta un baluardo contro la Le Pen.
Negli ultimi giorni sono proseguite le polemiche tra politici francesi e governo italiano, accusato indirettamente di essere ingiusto e inefficace. Ingiusto perché prova a bloccare i migranti, e inefficace perché non ne blocca abbastanza.