Malpensa, bloccato rimpatrio

Alcuni “anarchici del gruppo ‘No Cpr'” hanno bloccato un volo di rimpatrio in partenza da Malpensa in direzione Marocco, invadendo la pista. L’obiettivo era quello di impedire il rimpatrio di un cittadino marocchino, “un compagno prelevato dal Cpr di Gradisca d’Isonzo, sedato a forza con massicce dosi di psicofarmaci e portato incatenato a Malpensa”.
La notizia è riportata dall’Ansa, e il lancio è stato ripubblicato da Espansione Tv. Esiste un video girato dagli attivisti in cui viene spiegato il gesto, ma il sito mette accanto all’articolo una foto di repertorio di un aereo che atterra, non necessariamente a Milano.
Non si dice chi sia questo straniero. Pochi giorni fa ha fatto notizia l’assalto di un gruppo di persone ad una volante a Torino che stava per trasferire uno straniero verso un Cpr del nord Italia. Lo stesso? L’articolo non si pone il problema.
I manifestanti sono stati fermati e identificati, e probabilmente saranno accusati di interruzione di pubblico servizio oltre che di resistenza a pubblico ufficiale.
Il volo per il Marocco è partito con un’ora e venti di ritardo, ma il comandante ha chiesto di sbarcare lo straniero in questione, che non si sa dove è stato portato.
Non si sa dove sia il video girato dagli anarchici.
L’ultimo post caricato su Facebook dalla rete Mai Più Lager – No Ai Cpr annuncia che è stato scoperto il nome dei tre migranti morti nei Cpr nel 2022 che finora erano sconosciuti.
La stampa aveva riportato le notizie soltanto di due morti nel corso dell’anno, ma dalla relazione del Garante ne risultavano cinque.
Insieme con l’associazione Naga, gli attivisti hanno presentato richieste alle autorità, venendo a scoprire che i tre decessi sono avvenuti a Brindisi, Palazzo San Gervasio e Roma.
A Brindisi è morto un nigeriano di nome Nonos Egbonu, il 4 agosto 2022. La causa del decesso è arresto cardiocircolatorio improvviso. Aveva trentacinque anni.
Alla fine dello stesso mese si suicidò a Gradisca Arshad Jahangir, il cui nome è stato riportato sui giornali.
I giornali riportarono anche la notizia della morte di uno straniero al Cpr di Brindisi a dicembre, poco prima di Natale, intossicato dai fumi di un incendio. Il suo nome non è stato reso noto.
Erano il numero 42 e 43 di una lista compilata dagli attivisti coi nomi degli stranieri morti nei centri di espulsione, o subito dopo l’uscita, che comincia nell’estate del 1998 con un decesso nell’allora Cpt di Caltanissetta, per motivi non precisati.
A quanto pare la numerazione deve essere aggiornata.
Il secondo morto invisibile è Roton Mohamad, Bangladesh, morto il 22 agosto a Ponte Galeria. Arresto circolatorio. Età 34 anni.
Il terzo sarebbe Uhnmwangho Osaro, 44 anni, nigeriano, morto nell’ospedale di Melfi. Arresto cardio respiratorio, insufficienza renale acuta, insufficienza multiorgano, ribdomiliosi e positività ai cannabinoidi.
Veniva dal Cpr di Palazzo San Gervasio, a 42 minuti di auto dall’ospedale? Il resoconto è un po’ confuso. Secondo una versione sarebbe stato prelevato direttamente dalle campagne circostanti.
Nel 2023 non ci sarebbero stati morti nel Cpr, ma è anche vero che la relazione coi dati dell’anno scorso non è ancora uscita e il nuovo Garante dei detenuti non ha ancora detto come intende procedere.
Nell’anno in corso invece c’è già stato un morto, Ousmane Sylla, suicida a Ponte Galeria, di cui i mass media si sono occupati un bel po’, anche a seguito di una successiva rivolta e della visita al centro da parte di alcuni politici.
Il conto totale arriverebbe quindi a 47 decessi in 26 anni, in media uno o due all’anno. Ma anche per gli anni passati potrebbero esserci morti fantasma di cui non si è mai saputo niente.
Per tornare all’episodio di Malpensa, Repubblica scrive che gli attivisti denunciati sono solo quattro. Mette accanto all’articolo una foto dei ragazzi in pista, evidentemente estratta dal video. E dice nel sommario “Da capire se l’episodio è collegato con l’assalto a un’auto della polizia avvenuto a Torino”.
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Fugge da Brindisi, trovato a Modena, portato a Roma

Uno straniero ventiseienne è fuggito alcuni giorni fa dal Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi.
La notizia non è stata diffusa alla stampa, fino a quando l’uomo non è stato fermato dalla Polizia a Modena. Era in stato di ebbrezza, si è avvicinato ad una volante e ha colpito l’auto con una mano.
Gli agenti lo hanno identificato e poi accompagnato al Cpr di Ponte Galeria, Roma.
Lo straniero è stato anche denunciato per porto di armi e oggetti atti ad offendere, visto che nel suo borsello sono stati trovati un coltello, un rasoio e un cacciavite.
La notizia è stata pubblicata dal sito Reggio 2000, con foto del logo della Squadra Volante.
Anche LaPressa ha pubblicato la stessa notizia, ma con foto di due volanti qualsiasi.
La nazionalità dello straniero non è stata resa nota.
Così come non circolano dettagli su come abbia fatto ad allontanarsi dal Cpr. Né circolano statistiche precise su quanti siano frequenti episodi del genere.
Gli ultimi dati disponibili sono quelli risalenti al 2022, in base ai quali risultavano 46 persone allontanatesi arbitrariamente dai centri rimpatri (in media una a settimana). I dati erano stati diffusi dal Garante dei detenuti, che non specificava quanti degli stranieri evasi fossero stati poi catturati nel giro di pochi giorni e magari rimpatriati o dimessi per altri motivi.
Del resto all’opinione pubblica non interessa niente. Ai giornalisti bastano comunicati generici da riassumere o riportare senza approfondimento.
Intanto il Garante delle persone private della libertà Mauro Palma è ancora in carica, e continua a lavorare. Il 4 dicembre scorso è andato in visita personalmente proprio al Cpr di Ponte Galeria. Ha scritto un rapporto di tre pagine dopo la visita, che è scaricabile dal suo sito ufficiale.
La visita è stata decisa dopo un reclamo relativo a un intervento delle forze di polizia avvenuto il 1 dicembre.
Le forze di sicurezza non hanno messo a punto un registro degli eventi critici che permetta al Garante di valutare quanto è avvenuto, come invece avviene per gli enti gestori che si occupano degli aspetti amministrativi e dell’assistenza.
Il rapporto prosegue con una serie di considerazioni generiche sull’imporanza di registrare e comunicare gli eventi critici. E non spiega cosa mai sarebbe avvenuto il 1 dicembre.
Palma è stato insignito Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Mattarella in persona, poco prima di Natale.
Inanto non si sa a che punto sono le procedure per la nomina del suo successore, che già sono in ritardo di quasi un anno.
Repubblica il mese scorso ha scritto che “il governo punta su un garante dimezzato”. L’articolo è riservato agli abbonati.

Nigeriano senza biglietto, accompagnato a Brindisi

Un nigeriano venticinquenne è stato fermato dalla polizia ad Assisi dopo che era salito su un treno senza biglietto. L’uomo ha precedenti penali per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate. La notizia è stata riportata da Umbria Notizie Web, con foto di repertorio di un’auto della polizia davanti a una chiesa e senza maggiori dettagli sui reati commessi in precedenza. Lo straniero è stato accompagnato al Cpr di Brindisi.
A Brindisi è stato accompagnato dall’Umbria anche un macedone quarantaduenne che perseguitava l’ex moglie e per questo ha scontato tre anni di reclusione, prima ai domiciliari e poi in carcere visto che la condanna non lo aveva fatto desistere. La notizia è stata riportata da La Nazione con foto di repertorio di alcuni agenti. Il rimpatrio viene dato per eseguito anche se non sempre l’accompagnamento al Cpr si conclude con il rimpatrio. Secondo i dati forniti in questi anni dal Garante dei detenuti, il trattenimento va a buon fine solo nel cinquanta per cento dei casi.
In caso di rilascio comunque le autorità non emettono nessun comunicato, quindi i mass media non raccontano le storie di chi trascorre un periodo nel Cpr e poi si trova di nuovo sul territorio nazionale, in alcuni casi con qualche documento che permette in teoria l’inserimento, in altri con un ordine di allontanarsi dal territorio nazionale e l’impossibilità di regolarizzarsi in qualsiasi modo.
A settembre, dopo la pausa estiva, arriverà un nuovo decreto sicurezza e si comincerà forse a vedere l’aumento dei Cpr che vari governi nell’ultimo decennio hanno teorizzato. Da Maroni a Minniti a Salvini, vari ministri dell’Interno hanno sostenuto l’idea che bisognasse avere un centro rimpatri in ogni regione, ridimensionando poi le aspettative di fronte alle resistenze da parte delle amministrazioni locali. Le quali spesso non hanno ben chiaro la differenza tra accoglienza e detenzione ai fini dell’espulsione, tra centri da cui gli stranieri possono uscire e centri in cui si trovano prigionieri, quindi spesso si oppongono con motivazioni completamente arbitrarie. E prendono posizione a seconda delle convenienze politiche. Quando il Pd era al governo e doveva aprire il centro rimpatri in Sardegna, la destra lanciava l’allarme degli stranieri che si sarebbero aggirati indisturbati per il paese che fino a quel momento era tranquillo, mentre la sinistra rassicurava la popolazione dicendo che si trattava di una struttura detentiva. Che poi è proprio il motivo per cui la sinistra si oppone ai Cpr ora che è finita all’opposizione. Ora lo schieramento contrappone l’accoglienza diffusa alla detenzione amministrativa, dimenticandosi di dire che esistono anche stranieri che hanno commesso reati gravi e che sono recidivi. La sinistra non dice certo che bisogna regolarizzarli, ma non dice neanche che vuole rimpatriarli. Facendo così il gioco della propaganda di centrodestra che parla di “furia immigrazionista” e insinua che si voglia dare la cittadinanza agli stupratori e assassini stranieri.
La strategia per recuperare consensi, a sinistra, è quella di demonizzare la destra. Ora, nonostante il visibile tentativo da parte della Meloni di accordarsi con gli Stati del nord Africa per bloccare i flussi migratori, va di moda pungolare la presidente del Consiglio per il fatto che non parla più esplicitamente di blocco navale come faceva in campagna elettorale.
Gli sbarchi sono molto aumentati rispetto agli anni scorsi, qualcuno parla di evidente fallimento rispetto a quanto promesso in campagna elettorale. Ma i mass media, nota Tiscali, non stanno facendo un dramma a proposito delle frontiere colabrodo, come avrebbero fatto se al governo ci fosse stato il centrosinistra.

Brindisi, la Prefettura non risponde

Il 20 dicembre alcune associazioni del territorio hanno chiesto alla Prefettura di poter visionare la documentazione relativa al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi Restinco.
Si parlava dei verbali redatti a seguito dei controlli periodici, del regolamento interno e della Carta dei diritti e doveri redatti nelle varie lingue, delle relazioni della Asl competente sulle condizioni igienico sanitarie dei locali e sulla qualità dell’assistenza sanitaria offerta, e di informazioni sulla conservazione, manipolazione, preparazione e somministrazione dei pasti.
La Prefettura, in un incontro avvenuto il 2 gennaio, ha detto che si attendeva l’autorizzazione da parte del Ministero dell’Interno.
E a distanza di tre mesi non è più arrivata risposta.
Si era anche saputo che nel centro erano ospitati dei giovani che avevano detto di essere minorenni, visto che non era stato trovato posto per loro nelle comunità riservate. Di loro non si è saputo più niente.
Il comunicato che cerca di sollecitare le autorità a muoversi è stato pubblicato su Qui Mesagne.
Manca un piccolo dettaglio: il motivo per cui proprio il 20 dicembre le associazioni si erano interessate al Cpr di Brindisi.
Il fatto è che il giorno prima un quarantenne marocchino è morto asfissiato nel corso di un incendio appiccato per protesta dai reclusi.
Il suo nome e la sua foto non sono mai stati diffusi, la notizia è rimasta in cronaca locale.
L’Europa intanto sta studiando un sistema per limitare le partenze e favorire i rimpatri.
Ad aprile la commissaria europea agli Affari Interni Ylva Johansson sarà in Tunisia insieme a un ministro italiano, probabilmente Piantedosi.
Il Paese è “colpito da una durissima crisi economica e sociale da cui le partenze verso le spiagge italiane sono aumentate vertiginosamente”, dice Eunews, che parla di un’impennata del 788% nei primi due mesi e mezzo di quest’anno rispetto ai primi tre mesi dell’anno scorso.
Il Fondo Monetario Internazionale aveva garantito un maxi prestito, ma ha bloccato i pagamenti quando il governo tunisino non ha rispettato gli impegni (non si dice quali).
Il commissario Ue per gli affari esteri Josep Borrel starebbe facendo pressione per convincere il presidente tunisino a “inaugurare la stagione di riforme”, non si dice quali.
In questi giorni il commissario europeo per l’Economia Paolo Gentiloni è stato in Tunisia.
Rainews riassume: “Bruxelles chiede che torni la democrazia, il Fondo Monetario Internazionale che siano tagliati i sussidi pubblici”. Chiamato anche “graduale risanamento del bilancio pubblico”.
Più nel dettaglio: “Risanamento delle imprese pubbliche, controllo dei salari, ridimensionamento dei sussidi”. Ossia misure “pericolosamente impopolari: infatti un quinto dei circa 12 milioni di tunisini sopravvive solo grazie a quei sussidi statali che il Fmi chiede di ridimensionare; tagliarli adesso rischierebbe di innescare nuove proteste di massa. Proteste che andrebbero ad aggiungersi alla mobilitazione permanente dei partiti estromessi da Saied, islamisti in testa, i quali accusano il presidente di avere avviato una restaurazione autoritaria”.
Insomma: vi diamo i soldi, basta che non li distribuite ai poveri.
Il Fondo Monetario Internazionale come al solito non ha una faccia, non è una persona ben precisa che dice delle cose. E che spiega come mai le sue politiche provocano così tanti disordini in giro per il mondo.
Un problema della Tunisia è anche la migrazione in ingresso da parte dei migranti subsahariani. Il presidente nelle scorse settimane ha detto che le popolazioni subsahariane alimentano la criminalità. E’ intervenuto il presidente della Banca Mondiale, che in teoria non dovrebbe interessarsi di migrazioni e criminalità, per accusare il presidente tunisino di razzismo. Rainews cita l’episodio, senza fare il nome del personaggio in questione.
Anche il Sussidiario ha dedicato un articolo all’interruzione dei sussidi da parte della Banca Mondiale, ma senza citare l’esistenza di un presidente. Si parla di una nota anonima pubblicata da diversi giornali italiani. La foto accanto all’articolo è quella del presidente tunisino Saied.
In mezzo all’articolo viene inserito, senza motivo, un filmato degli scontri che stanno avvenendo in Francia per la riforma delle pensioni.
Poteva mancare uno slogan della Boldrini? Non poteva. Commentando il fatto che l’Italia ha stabilito che la Nigeria è un paese sicuro, nonostante il fatto che “i terroristi di Boko Haram mietono vittime”, la parlamentare democratica ha aggiunto: “Pure la Tunisia, il cui presidente cancella la democrazia e affama il popolo, lo sarebbe. Preoccupa che il governo neghi protezione a chi fugge da persecuzioni e violenza”. Fine del discorso. Manca un link ad un qualsiasi approfondimento che faccia capire che la Boldrini si sia fatta una mezza idea di quali complesse dinamiche sono sullo sfondo. Apparentemente, siccome la Tunisia è un postaccio, come pure il resto dell’Africa, l’unica soluzione è far venire tutti gli africani in Italia. Senza però abolire le frontiere.
Per quanto riguarda Boko Haram, i siti di informazione italiani hanno praticamente smesso di parlarne. Sui siti esteri si è raccontato che in molti si sono arresi nel giro di questi mesi. Oggi un sito nigeriano racconta come è morto un leader di Boko Haram nel corso di un attacco dell’esercito nigeriano. L’articolo mette in evidenza che l’uomo si è dato alla fuga “abbandonando le sue mogli”, una delle quali incinta, ma dice anche che di solito l’esercito non arresta le donne ma solo i combattenti.
A quanto pare il racconto è stato fatto di fronte alla Commissione Nazionale per i Diritti Umani che investiga sulle accuse di violazione dei diritti umani da parte dell’esercito nigeriano.
Accuse di cui in Italia non si sa praticamente nulla.

Ancora senza nome il morto di Brindisi

Ancora non si conosce il nome del migrante che il 19 dicembre scorso è morto intossicato nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi nel corso di una protesta.
Il Dubbio ha scritto un articolo sui Cpr, ricapitolando le solite cose che già si sanno, senza nessuna novità. La foto è quella di un mezzo militare all’ingresso di una struttura, chissà quale.
Nell’articolo non vengono nominati né politici né garanti. Il Garante nazionale dei detenuti non ha commentato quello che è avvenuto a Brindisi. Non si sa se esiste un garante locale.
In relazione ai fatti avvenuti a dicembre a Brindisi alcuni stranieri sono stati arrestati o denunciati, chi per avere appiccato un incendio, chi per avere aggredito le forze dell’ordine intervenute. I loro nomi non sono stati diffusi, non si sa che pena rischiano. Alcuni di loro potrebbero essere già stati rimpatriati, ma è impossibile saperlo visto che le autorità non emettono comunicati al momento del rimpatrio.
Una delle persone che vengono nominate nell’articolo del Dubbio è Moussa Balde, morto all’interno del Cpr di Torino mentre era in isolamento. L’uomo era stato portato nel centro dopo avere subito un pestaggio da parte di tre italiani, che sono stati poi identificati e in questi giorni condannati a due anni di carcere, con sospensione condizionale della pena. In occasione della sentenza, un gruppo di manifestanti si è radunato davanti al tribunale, scandendo tra l’altro anche lo slogan “fuoco ai Cpr”.
Anche al Cpr torinese in questi giorni c’è stata qualche protesta con danneggiamenti, ma visto che non è rimasto ferito nessuno i mass media se ne sono disinteressati completamente.

Brindisi, ancora nessun nome

Sono passati undici giorni dalla morte di un cittadino marocchino all’interno del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi e ancora non se ne conosce il nome.
L’uomo è rimasto intossicato dal fumo di un incendio appiccato dai reclusi. Due persone sono state arrestate e tre denunciate per i fatti avvenuti in quelle ore, ossia altri incendi e aggressioni contro gli operatori delle forze dell’ordine. Anche in questo caso niente nomi. Così come non sono state diffuse le immagini della videosorveglianza, che pure esistono. E neanche la foto dei danni, i quali non sono nemmeno stati quantificati.
I siti di informazione hanno scritto che si stava preparando il trasferimento in altre strutture per alcuni dei migranti. Evidentemente alcuni locali non erano momentaneamente agibili. Napoli Monitor scrive: “Quello che si intuisce, ma che non è per ora confermabile, è che il Cpr sia stato svuotato perché i danneggiamenti sono stati ingenti e vada quindi verso una (temporanea) chiusura”.
In mancanza di informazioni, si tira a indovinare.
Lo stesso articolo dice che la protesta è scoppiata all’interno del centro “nel cuore della notte”.
In realtà i siti web hanno scritto che l’incendio è scoppiato dopo le 13. Però hanno anche scritto che l’uomo è stato “sorpreso nel sonno”. Che non sarebbe neanche troppo strano, tenuto conto che nei Cpr non c’è assolutamente niente da fare e che alcuni reclusi fanno uso di calmanti.
In teoria in questi casi dovrebbe intervenire un qualche garante per le persone private della libertà per verificare come si sono svolti i fatti. Dovrebbe intervenire la magistratura. La stampa. In questo caso niente.
Napoli Monitor difende gli arrestati. “Gli accusati sono coloro che hanno cercato di agire nel tentativo di difendersi dalla condizione in cui si trovavano, reclusi in un Cpr per chissà quale motivo e per chissà quanto tempo, abbandonati alla routine di questi centri fatta di psicofarmaci, cibi scaduti, condizioni igieniche e ambientali ostili, assenza di cure mediche e violenze poliziesche.
Non sono loro i responsabili di questa morte. “Il responsabile è il Cpr”, dice l’articolo, elencando alcune categorie: legislatori, politici, manager, dirigenti delle cooperative, operatori e personale sanitario, poliziotti e carabinieri.
Non vengono citati quelli che scandiscono in coro “fuoco ai Cpr”. Gli arrestati sono persone che hanno “provato a ribellarsi contro i pericoli quotidiani della reclusione e la minaccia della deportazione”, secondo l’autore.
Il Garante nazionale dei detenuti non si è espresso su quanto avvenuto. Del resto ha altri problemi: nelle carceri italiane ben 79 persone si sono tolte la vita dall’inizio dell’anno.
Se c’è un garante locale, non viene mai citato.

Brindisi, scarcerato uno dei due arrestati

Uno dei due stranieri arrestati con l’accusa di avere provocato l’incendio in cui è morto un cittadino marocchino nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi è stato scarcerato, e probabilmente è già stato riportato al Cpr.
Si tratta di un trentaduenne tunisino. La notizia è stata riportata distrattamente dalla stampa locale, senza ulteriori spiegazioni.
Resta in carcere un ventottenne georgiano.
Secondo le poche informazioni trapelate dai comunicati ufficiali, ci sarebbero delle immagini riguardanti gli accusati, che proverebbero il loro ruolo nell’appiccare l’incendio che ha danneggiato la struttura lunedì scorso, ma ai mass media non è stato diffuso nulla.
Non si sa neanche il nome della vittima. Né ci sono foto dei danneggiamenti. Né sono stati quantificati. Né si sa quanti stranieri sono stati trasferiti a causa dei locali inagibili, né dove.
E nemmeno sono stati intervistati i gestori della struttura, o i dipendenti. Che non vengono neanche nominati. I siti di informazione devono ripiegare su foto di repertorio delle mura del Cpr viste da fuori.
Quello che è avvenuto a Brindisi non è un episodio isolato. Potrebbe essersi trattato di un gesto di ribellione collettiva, visto che esistono altri tre denunciati: uno è un gambiano che aveva appiccato un incendio un’ora prima di quello che è costato la vita al marocchino anonimo; gli altri sono un egiziano e un capoverdiano, che hanno opposto resistenza o lanciato “suppellettili” contro i poliziotti intervenuti.
Intanto la nave di soccorso Geo Barents si prepara per partire per una nuova missione nel Mediterraneo, molto probabilmente subito dopo Natale.
Un articolo molto dettagliato è stato pubblicato su Fanpage.
Al Ministero dell’Interno intanto stanno lavorando a un nuovo codice di condotta sulle Ong che potrebbe mettere i bastoni tra le ruote alle navi di soccorso.
Il ministro Piantedosi non vede di buon occhio “le ricerche sistematiche di persone che partono sotto l’iniziativa dei trafficanti”, da distinguere dalle normali “missioni di salvataggio” ed eventualmente sanzionare.
La Boldrini ha presentato un’interrogazione per ottenere chiarimenti sulle affermazioni di Piantedosi in base alle quali “alcune Ong impegnate nel soccorso in mare punterebbero a destabilizzare il Paese con l’aiuto di servizi segreti stranieri”. “Senza riscontri sarebbero parole gravi e volutamente denigratorie”, scrive la parlamentare su Twitter.
Secondo quanto riporta Fanpage, Piantedosi, contestualizzando le dichiarazioni rilasciate in precedenza, ha detto: “Francamente, di fronte alla pervicacia della volontà mostrata da alcune Ong di forzare le regole e le leggi dello Stato, di porre sotto stress le relazioni tra Paesi amici, di adottare condotte che vanno di gran lunga oltre meri intenti umanitari, non mi sento di escudere fino in fondo che possa esserci una regia più alta che risponde a disegni più ampi”. A parte questo, “meglio non alimentare queste narrazioni”, visto che in Italia si finisce “col lasciarsi suggestionare dalle trame occulte, dai servizi deviati”.

Nessun aggiornamento da Brindisi

Ancora non si conosce il nome del marocchino trentottenne che ha perso la vita all’interno del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi, soffocato dal fumo dopo che altri reclusi avevano dato fuoco ai materassi. Né si sa se avesse precedenti penali, da quanto tempo fosse stato rinchiuso, se la famiglia è stata avvisata.
Sui siti locali continua a rimbalzare il comunicato della questura: il Giornale di Puglia lo ha pubblicato senza modifiche, con la data di ieri quando in realtà i fatti risalirebbero al primo pomeriggio di lunedì scorso.
La foto è quella delle mura del Cpr viste da lontano. Le autorità non hanno diffuso foto dei danneggiamenti, né li hanno quantificati. Si sa che alcuni migranti devono essere ricollocati in altri Cpr sul territorio nazionale. Non si sa quali, non si sa quanti. Evidentemente alcuni locali sono inagibili.
Oltre Free Press ha pubblicato all’incirca le stesse informazioni, ma riassunte e depurate dal gergo tecnico delle forze dell’ordine. La foto è quella dello sportello di un’auto della polizia con la livrea di parecchi anni fa. Nei giorni scorsi, in mancanza di nuove immagini, i siti web hanno ripiegato su uno scatto di repertorio di un’incendio nel Cpr, con passanti e forze dell’ordine in t-shirt a maniche corte, poco credibile per un episodio avvenuto a metà dicembre, o in un caso addirittura con foto di un incendio in una baracca di legno in un cimitero, forse in America.
Varie persone sono state arrestate in relazione agli incendi scoppiati nella struttura. Sono state identificate sulla base delle “immagini”, hanno scritto i siti di informazione. Quindi le autorità qualche immagine di quello che è avvenuto ce la dovrebbero avere. Solo che non l’hanno diffusa.
Alcune associazioni hanno chiesto di verificare le condizioni di vita all’interno del centro. Non hanno ricevuto risposta. La stampa non può entrare. Non sappiamo se ci sia un garante locale delle persone private della libertà. Il Garante nazionale non ha commentato. Si tratterebbe del quarantatreesimo migrante morto in relazione alla detenzione amministrativa, secondo la tabella messa a punto da LasciateCIEntrare, nella quale vengono contati anche alcuni decessi avvenuti fuori dai centri di espulsione.
Sul sito della campagna la notizia di quanto avvenuto a Brindisi non compare. L’account Twitter non è aggiornato da maggio. Su Facebook invece la notizia è stata pubblicata due giorni fa.
“Attendiamo di reperire dettagli”, aggiungeva LasciateCIEntrare, dopo avere aggiunto qualche considerazione sul fatto che “Le proteste nei Cpr sono causate dalle pessime condizioni in cui le persone vengono trattenute” e “il fuoco è una delle modalità che viene utilizzata per essere ascoltati o assistiti lì dove nessuno ascolta, dove nessuno si preoccupa delle giuste richieste dei reclusi in merito al diritto alla salute e alla difesa”.
All’inizio del mese il Garante nazionale dei detenuti ha rilasciato un’intervista a Fanpage in cui ha parlato di un altro problema da prendere in considerazione, quello dei suicidi in carcere, 79 dall’inizio dell’anno. Il “prodotto di un clima culturale”: “più il dibattito pubblico ritiene che il carcere sia un posto esterno alla società, da dimenticare, senza discutere mai di come cambiare le cose, tanto più chi vi è precipitato ha la sensazione di essere atterrato in un non-mondo rispetto alla società”.
Il Garante mette spesso il prefisso non- davanti alle parole per sottolineare che si tratta di qualcosa di alienante. Anche parlando dei Cpr ha spesso detto che si tratta di “non-luoghi”.
In architettura un “non-luogo” è un posto di passaggio, come una stazione, un aeroporto, un centro commerciale. In questo caso ci si riferisce a luoghi disumanizzanti.
A novembre Repubblica ha dedicato un articolo alle dichiarazioni del Garante, col titolo “Nei centri di permanenza meno diritti del carcere”.
Le foto era quella di migranti dietro le sbarre, con la faccia pixelata per motivi di privacy.
Nell’intervista, il Garante annunciava che era finalmente stato istituito il registro degli eventi critici. Finora neanche visitando le strutture era possibile sapere quante rivolte, risse, atti di autolesionismo e tentativi di suicidio c’erano stati negli ultimi mesi.

Brindisi, due arrestati e tre denunciati

Un cittadino tunisino e uno georgiano sono stati arrestati in relazione agli incendi che si sono verificati nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi. Un trentottenne marocchino è morto a causa delle esalazioni. Non se ne conosce ancora il nome.
I tre denunciati sono un gambiano, un egiziano e un capoverdiano. Probabilmente si trovano ancora nella struttura. Non si sa che pena rischiano.
Il cittadino del Gambia sarebbe stato il primo ad appiccare un’incendio, in mattinata. Alle 13 c’è stato l’incendio che ha portato alla morte di uno dei reclusi e all’intossicazione di un altro.
Ci sarebbero stati atti di violenza da parte dei reclusi contro le forze dell’ordine intervenute.
Si parla di ricollocamento degli ospiti in altre strutture, quindi evidentemente alcuni locali risulterebbero danneggiati.
Quotidian Post ha riportato la notizia con una foto di repertorio in cui si vedono i pompieri spegnere l’incendio di un edificio di legno in un cimitero.
Scrive il sito NewSpam che gli stranieri sono stati arrestati dopo la visione delle “immagini”, si presume quelle del sistema di videosorveglianza interna. Neanche una di queste immagini è stata diffusa alla stampa, come pure non ci sono foto dei danneggiamenti, tanto che il sito ha pubblicato accanto all’articolo uno scatto in cui si vedono dei furgoni della polizia all’esterno della struttura.
Una trentina di associazioni hanno chiesto al Prefetto di poter verificare che le condizioni del trattenimento rispettino quanto previsto dal regolamento. Lo stesso sito ha riportato le loro richieste e la lista dei firmatari, con le solite foto di repertorio delle mura del Cpr.
Il sito Manduria Oggi ha pubblicato quello che apparentemente è il comunicato della questura, scritto in gergo: “nelle more di tale attività di contenimento dell’ordine pubblico e di fase investigativa…”
Le persone che hanno aggredito gli agenti risultano “denunciati in stato di libertà”, dove la libertà dovrebbe essere quella all’interno delle mura del Cpr, altrimenti avrebbero scritto “rilasciati”.
Il servizio di vigilanza esterna al Centro è stato “intensificato” al fine di “evitare ulteriori azioni di turbativa”. L’intervento ha fatto affluire “numeroso personale della Polizia”.
E nonostante questo i siti di informazione evitano accuratamente di usare la parola “rivolta”.
Anche Manduria Oggi non ha immagini dei quanto avvenuto, né dei danneggiamenti. Rimedia con una foto di repertorio del cancello d’ingresso.

Brindisi, muore un migrante al Cpr

Un migrante è morto e un altro ha avuto bisogno di cure mediche nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Brindisi, dopo che qualcuno dei reclusi ha appiccato un incendio nella struttura.
Secondo la versione che è stata diffusa ai mass media, lo straniero sarebbe morto intossicato mentre dormiva.
La notizia è stata diffusa da TgCom24, in quattro righe con foto delle mura del Cpr viste a distanza.
Mancano informazioni sul nome della vittima, sulla sua età e sulla sua nazionalità.
L’articolo è stato pubblicato poco dopo la mezzanotte di oggi, ma su altri siti la notizia circolava da qualche ora. Finora non sono arrivate reazioni.
Virgilio, che riporta informazioni attinte dall’Agi, dice che l’uomo dovrebbe essere originario del Marocco e aveva poco meno di 40 anni.
L’altro straniero invece, dopo essere stato soccorso in ospedale, sarebbe stato “dimesso” (e riportato al Cpr?).
Il sito riporta anche qualche informazione sulla persona accusata di avere appiccato l’incendio: sarebbe originario del Gambia. Tuttavia non si dice se è già stato trasferito in carcere.
L’episodio si sarebbe verificato intorno alle 13. Ma già nelle ore precedenti erano stati appiccati altri roghi.
Il sito aggiunge qualche informazione standard per chiarire il contesto: i reclusi nei Cpr non sono “autori di reati, ma persone che hanno violato una disposizione amministrativa”.
In realtà nei Cpr ci finiscono anche autori di reati, persone con una lunga sfilza di precedenti penali, uomini appena rilasciati dopo anni di carcere, oltre a chi ha perso il posto di lavoro o ai migranti appena sbarcati. Ma visto che di volta in volta non vengono diffuse informazioni precise, ognuno immagina la situazione come preferisce.
Domenica a Milano c’è stata una manifestazione chiamata Sconfiniamo, contro le frontiere, contro i Cpr, a favore della regolarizzazione di tutti i migranti. I partecipanti sono stati un centinaio, i mass media hanno riportato il resoconto in breve e in cronaca locale.
Radio Onda d’Urto ha pubblicato la foto del fumo che esce da una delle finestre del Cpr mentre i pompieri intervengono, i militari sorvegliano, e un tale da sopra le mura fotografa con un teleobiettivo i curiosi in maniche corte. Maniche corte a dicembre? Si tratta di una foto di repertorio, già pubblicata da Melting Pot nel giugno del 2019 con la didascalia “foto di repertorio”, risalente a chissà quando.
Per il resto, il sito segue la situazione sbarchi e i preparativi del Governo per modificare le regole del codice di comportamento per le Ong, rafforzando le sanzioni fino ad arrivare al sequestro delle navi che si occupano di soccorso in mare.
Il primo a tentare di regolare l’operato delle Ong è stato il ministro Pd Minniti. Il quale ora è responsabile della fondazione Med-Or, e continua a suggerire strategie geopolitiche internazionali. Un articolo pubblicato il mese scorso da Globalist riassume alcune delle sue posizioni, confrontandole con quelle del presidente della fondazione Migrantes monsignor Perego. Il sito chiede: tra i due, chi è più di sinistra?
Med-Or è nata nel 2021 su iniziativa di Leonardo Spa “con l’obiettivo di promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica al fine di rafforzare i legami, gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (Med) e del Medio ed Estremo Oriente (Or)”.
Leonardo è un’azienda italiana controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che è attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza.
Produce aerei ed elicotteri da guerra, artiglieria navale, veicoli corazzati, sistemi subacquei, e risulta “impegnata” in armamenti nucleari attraverso una joint venture, a quanto si legge su Wikipedia.