A Gradisca l’interazione con i gamer?

Nei giorni scorsi era circolato un brandello d’informazione in base al quale in uno dei Centri di Permanenza per i Rimpatri ci sarebbe stata una Playstation, anche se nessuno era in grado di dire se fosse mai stata messa a disposizione dei reclusi. Il comunicato era stato pubblicato anche sul sito della Cgil. Non si diceva di quale centro si trattava.
Ora un articolo di Huffpost ci lascia pensare che si tratta del Cpr di Gradisca, in Friuli Venezia Giulia. Riassumendo un’indagine effettuata dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione e da Altreconomia, l’articolo dice che “il Cpr friulano è gestito dalla stessa società che gestisce l’omologa struttura di Macomer in Sardegna. Nel documento in cui si racconta come saranno accolti e gestiti gli ospiti si parla di corsi di bricolage, di attività di pittura con annessa addirittura una mostra, dell’installazione di una postazione per i videogiochi e – fantascienza – di ‘interazione con la comunità dei gamer’. Il tutto in collaborazione con le istituzioni”.
L’articolo non cita nessun nome di persona che avrebbe tentato di vedere se esiste o no questa postazione per videogiochi, né riporta dichiarazioni in proposito da parte dell’ente gestore.
A quanto si sa nei Cpr non si svolgono attività di nessun genere, con gravi conseguenze sulla salute mentale dei trattenuti. Spesso non c’è neanche assistenza dal punto di vista religioso, non ci sono spazi per distrarsi con una partitella di calcio, c’è un cortile vuoto tra le sbarre, e una sala mensa quando non è stata devastata nel corso delle rivolte.
Attività come quelle elencate possono forse andare bene per chi deve essere avviato verso l’integrazione, ma nei Cpr vengono trattenuti stranieri destinati ad essere rimpatriati, nel giro di poche settimane con divieto di reingresso, anche se in effetti l’attuale governo ha aumentato il tempo massimo di trattenimento a 18 mesi, un anno e mezzo da trascorrere al momento senza svolgere nessuna attività.
A differenza del carcere, non è neanche presente una biblioteca, che sarebbe il primo locale a prendere fuoco. Ai reclusi non vengono date neanche penne o matite, che potrebbero essere utilizzate per ferire qualcuno, figuriamoci organizzare corsi di bricolage.
Nel tempo libero i reclusi, almeno quelli che non sono del tutto storditi dagli psicofarmaci somministrati dal medico generico senza parere specialistico, qualcosa da fare ce l’hanno: organizzare rivolte o evasioni.
L’ultima evasione è avvenuta proprio a Gradisca: in tre sono riusciti a far perdere le loro tracce. Le loro foto non sono state diffuse, né i loro nomi, né i loro eventuali precedenti per far capire se sono pericolosi o no.

Corsi di chitarra al Cpr

Scrive Quotidiano dei Contribuenti che alcuni gestori dei centri di Permanenza per i Rimpatri avrebbero promesso di organizzare corsi di chitarra e computer, attività di bricolage e gruppi di lettura per i reclusi, al solo scopo di aggiudicarsi l’appalto.
L’informazione sarebbe contenuta nell’inchiesta di copertina del numero di maggio di Altreconomia.
L’articolo non specifica di quali società si sta parlando. E’ certo che organizzare una qualsiasi attività che richiede tempo non ha molto senso, visto che spesso il trattenimento dura soltanto pochi giorni. Ogni tanto qualche politico propone di organizzare corsi di italiano, che è una cosa che ha ancora meno senso, visto che i trattenuti sono destinati ad essere rimpatriati al loro Paese con divieto di ritorno in Italia che dura anni. E talvolta sono lontani dal loro Paese da quando erano ragazzi, quindi semmai avrebbero bisogno di corsi della lingua che dovranno parlare dopo il rimpatrio, non di quella che già parlano.
Comunque la realtà è che i gestori non organizzano pressoché nessuna attività per i trattenuti, con gravi conseguenze psicologiche per questi ultimi, che cadono in depressione e vengono trattati con psicofarmaci anche senza parere dello specialista.
Di recente qualcuno aveva scritto che un Cpr italiano aveva anche una Playstation.
L’informazione era contenuta in un articolo sul sito Talenti Lucani, che però non compare nei motori di ricerca.
Era presumibilmente attinta da un report diffuso da Tavolo Asilo e Immigrazione, un gruppo che unisce 40 organizzazioni della società civile e collabora con parlamentari e consiglieri regionali Pd, M5s, Avs e +Europa.
L’informazione sulla Playstation è comparsa anche sul sito di Cgil.

Nei Cpr non ci sono abbastanza posti

Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo molto dettagliato per dire che i posti nei Centri di Permanenza per i Rimpatri in Italia non sono sufficienti per applicare il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo.
Una dottoranda italiana della London School of Economics, facendo un complicato calcolo ha stabilito che l’Italia dovrebbe dotarsi di 7.892 posti, mentre ne ha, sulla carta, solo 1.338 nei Cpr (e 1.600 negli hotspot).
Inoltre si parla di un aumento notevole nel giro di pochi anni, anche se non è chiaro se le cifre si riferiscono al’intera Europa o solo all’Italia e in base a quale calcolo si è arrivati a questi numeri.
Comunque, il Patto europeo prevederebbe che i migranti con bassa probabilità di ottenere l’asilo, quelli che provengono da Paesi sicuri, dovrebbero essere sottoposti a una procedura accelerata di frontiera in grado di esaminare le domande entro 12 settimane. Possibilmente in stato di detenzione.
Il Governo sarebbe intenzionato ad aprire dei Cpr nelle regioni che ancora non ne sono dotate, ma la procedura si è impantanata. Si suppone che si voglia aspettare l’esito delle prossime elezioni locali ed europee, visto che la base dello schieramento che appoggia l’attuale maggioranza non vuole nessun centro migranti sul proprio territorio, neanche se serve per le espulsioni.
Tanto che il governo per disperazione ha puntato su un accordo con l’Albania per poter gestire centri rimpatrio italiani su territorio straniero, un progetto di cui non si conoscono i dettagli, anche perché probabilmente non sono ancora stati stabiliti.
Dice Il Fatto che quei posti, tremila, non potranno essere calcolati ai fini della normativa europea, che riguarderebbe il territorio dell’Unione mentre l’Albania è all’esterno.
Nel 2023 sono sbarcate in Italia 157mila persone. I provvedimenti di allontanamento sono stati quasi 29mila, ma quelli realmente eseguiti sono stati solo 4.368.

Intervista Fsp

Il Sussidiario ha pubblicato dichiarazioni rilasciate dal sindacalista Fsp Polizia Pasquale Griesi a Libero Quotidiano, mettendoci vicino una foto del campo attrezzato di Palazzo san Gervasio (non il centro rimpatri, sembra).
Griesi ha detto che chi finisce nei Centri di Permanenza per i Rimpatri delinque pesantemente. Le strutture non sono lager per loro, ma diventano lager per i poliziotti che ci lavorano a causa del comportamento dei migranti.
I quali smontano i tubi delle docce per usarli come arma, usano i sacchetti come fossero fionde, versano il sapone a terra per far cadere gli agenti. E poi girano video col cellulare per deridere gli operatori delle forze dell’ordine. Questi ultimi cercano in tutti i modi di mettersi al servizio dei migranti per scongiurare le rivolte.
Gli atti di autolesionismo sono frequentissimi, ma sono uno stratagemma per tentare la fuga durante il trasferimento in ospedale.
I migranti mentono sulla nazionalità per allungare i tempi di identificazione e ottenere così il rilascio. E danneggiano la struttura per ridurre il numero di posti disponibili e quindi essere rilasciati.
Domani a Milano ci sarà una manifestazione contro i Cpr con la partecipazione di attivisti provenienti anche da altre città.
L’articolo del Sussidiario non mette a confronto le dichiarazioni del sindacalista con quelle di chi contesta il Cpr, e non dice che il Cpr è stato commissariato di recente a causa di presunte irregolarità da parte dell’ente gestore per servizi non erogati.
In questi giorni il consigliere regionale di Patto Civico Luca Paladini ha presentato una richiesta di istituire una commissione d’inchiesta sul Cpr firmata sembra da 26 consiglieri di tutti i partiti dell’opposizione: Pd, 5 Stelle, Verdi Sinistra, Azione – Italia Viva e perfino Lombardia Migliore, il movimento che fa capo a Letizia Moratti.
Lo ha scritto Il Giorno, e l’articolo è finito su Microsoft Start – Msn.
In questo caso non si parla mai dei crimini commessi dagli immigrati e del solito dilemma: se uno straniero crea problemi in Italia può essere rimpatriato con sistemi diversi o deve essere regolarizzato?

Roma, rilasciato ventiquattrenne

Un ventiquattrenne straniero è stato rilasciato dal Centro di Permanenza per i Rimpatri di Roma dopo che ha compiuto vari “gesti anticonservativi”, ossia autolesionismo o tentato suicidio.
Lo scrive Il Manifesto raccogliendo anche la testimonianza di un altro straniero che è stato trattenuto nella stessa struttura e che ne ha dato un quadro desolante.
I reclusi sono ancora sottoposti a trattamenti di psicofarmaci, ma non in maniera continuativa, e questo provoca sbalzi d’umore.
Il pocket money che ricevono può essere utilizzato per le telefonate o per le sigarette, ma visto che chi è sotto psicofarmaci sente il bisogno di fumare nessuno chiama più casa.
La situazione romana non è molto diversa da quella che si è venuta a creare altrove. La rete Mai Più Lager – No Ai Cpr denuncia che a Milano ha contato circa trenta atti di autolesionismo in una settimana: vene tagliate, lamette ingoiate e arti fratturati.
In teoria dovrebbero essere i garanti dei detenuti a monitorare questa situazione, ma lo fanno in maniera molto sporadica. Il nuovo garante nazionale è in carica da alcuni mesi e non ha ancora fatto sapere che idea di è fatto di questo argomento.
Pochi giorni fa una delegazione di radicali ha manifestato di fronte al Cpr di Ponte Galeria, imbavagliandosi simbolicamente.
Erano presenti in sette.
Un video spot è stato pubblicato dal Corriere della Sera, nel quale i manifestanti spiegano i motivi della loro iniziativa.
In sovrimpressione compaiono le loro parole, ma non i loro nomi.
Nell’articolo vengono citati: Federica Oneda, Eva Vittoria Cammerino (segretaria dell’associazione Radicali Roma e consigliera del V municipio) e Matteo Hallissey (segretario dei Radicali Italiani).

Intrichi burocratici

Il Giorno ha dedicato un articolo a una sentenza della Corte di Cassazione, la quale si è espressa sul caso di un algerino con precedenti per furto.
Il caso è abbastanza intricato. L’articolo tocca soltanto il punto di vista legale e si conclude in maniera molto vaga: “E ora?”
A quanto pare si sta parlando di fatti risalenti al 2022, quando il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Torino era ancora in funzione. La richiesta di identificazione all’autorità consolare algerina partì 18 giorni dopo l’ingresso nel centro dello straniero, e 8 giorni lavorativi prima dell’udienza di convalida.
Il suo legale si sarebbe opposto a questa convalida, che non sarebbe avvenuta “nel rispetto rigido delle condizioni legislativamente imposte”.
Il Cpr torinese è chiuso da oltre un anno. Probabilmente lo straniero è rimasto in Italia in condizione di clandestinità, ma questo l’articolo non lo dice esplicitamente.
Dice invece che il primo ordine di allontanamento dal territorio nazionale risale al 2018, mentre l’uomo è stato indagato già nel 2011.
Mancano dati aggiornati in merito ai rimpatri verso l’Algeria. Nel Paese non è in corso nessuna guerra, coloro che arrivano in Europa lo fanno per motivi economici.
Il mese scorso il sito svizzero in lingua italiana Tio ha dedicato un articolo ai dati riguardanti i rimpatri dalla Svizzera al nord Africa, in particolare l’Algeria.
Il numero dei rimpatri è aumentato rispetto al 2022, e lo stesso si dice dei trasferimenti verso l’Italia in base al regolamento di Dublino, che prevede che sia lo Stato europeo di primo ingresso a doversi occupare dei migranti arrivati.
“L’aumento nel settore Dublino è stato registrato nonostante la decisione del governo italiano di non ammettere più fino a nuovo avviso sul proprio territorio persone trasferite nell’ambito del sistema Dublino”, dice la Segreteria di Stato per la Migrazione svizzera.

Famiglia Cristiana, come si vive in un Cpr femminile

Famiglia Cristiana ha raccolto la testimonianza di una cittadina dell’Europa sudorientale che alcuni anni fa è stata rinchiusa in un Centro di Permanenza per i Rimpatri, non si dice quale. A quanto ne sappiamo l’unico Cpr ad avere una sezione femminile al momento è quello di Ponte Galeria a Roma, ma negli anni scorsi c’erano sezioni femminili anche nei centri di altre città.
La donna non aveva commesso nessun reato, lavorava e pagava l’affitto, ma non aveva i documenti in regola. Fermata in strada ad un controllo, è stata portata nel centro rimpatri. Dove non c’era assolutamente nulla da fare, non poteva incontrare i familiari ma solo rimanere in contatto con loro tramite un cellulare senza videocamera e senza connessione a internet.
Rimase con un solo vestito per tutto il tempo della detenzione, una tuta che le era stata fornita dal gestore.
Si sentiva sempre assonnata, fino a quando una compagna di prigionia le ha detto di evitare di mangiare il cibo che le davano e nutrirsi solo di frutta. Il sospetto era che nel cibo venissero messi dei sonniferi.
L’assistenza medica era pressoché nulla, a parte la visita iniziale.
L’articolo non dice come si è conclusa la vicenda, a parte il fatto che ora la donna vive e lavora in Italia, regolarmente, avendo conseguito il titolo di Operatrice Socio Sanitaria.
Le informazioni che circolano sulla detenzione di donne nei Cpr sono pressoché nulle.
I dati dell’anno che si è appena concluso non sono stati diffusi, e non lo saranno ancora per mesi, sempre che il nuovo Garante dei detenuti prosegua la tradizione del suo predecessore. In tal caso bisognerebbe aspettare giugno, ma visto che il mandato non è ancora iniziato e tutto procede molto lentamente, non è detto che a quel punto il Garante avrà già qualcosa da dire.
Gli ultimi dati disponibili sono quelli diffusi l’anno scorso e relativi al 2022, vecchi ormai di 12 mesi.
In tutto l’anno, le donne transitate nei Cpr sono state 57, di cui solo 18 rimpatriate: il 31%. In 30 casi il trattenimento non è stato convalidato dall’Autorità giudiziaria, 4 sono state riconosciute richiedenti protezione internazionale, due sono state dimesse allo scadere dei termini, due sono state dimesse per motivi non meglio precisati e una è stata arrestata. Chi? Quando? Perché? Non si è mai saputo e non c’è modo di saperlo.
Nell’articolo di Famiglia Cristiana si dice che l’unico momento della giornata in cui la reclusa trovava qualche consolazione era quando le nigeriane si mettevano a pregare con i loro canti. “Erano delle canzoni bellissime ed era quella la sola cosa bella della giornata. Mi commuovo ancora al loro ricordo perché più volte avevo pensato, in quelle occasioni, che soltanto Dio sapeva che eravamo vive, sole e ancora umane”, dice l’intervistata.
Esiste un documentario di 15 minuti realizzato per il Tg7 Speciale da Alberto Maio nel 2011 in cui è possibile assistere a una scena del genere, per pochi secondi, al minuto 10. Alcune donne africane intonano un canto gioioso ritmato dal battito delle mani, mentre una di loro resta sul letto, affranta e a testa bassa. Alcune di loro in Italia erano state costrette a prostituirsi.
Il filmato ha totalizzato 801 visualizzazioni, zero commenti.

Catania, il tendone degli orrori

150 minorenni che erano ospitati finora in una tensostruttura a Rosolini, in Sicilia, sono stati trasferiti ad Augusta e a Melilli su ordine del tribunale di Catania.
La tensostruttura era stata soprannominata dai giornalisti “il tendone degli orrori”.
“In pieno inverno, senza vestiti adatti alla stagione, né coperte, in più di 150 sono rimasti anche per mesi in una precaria tensostruttura, con appena cinque docce gelide a disposizione, ma con acqua corrente disponibile a malapena tre ore al giorno”, scrive Repubblica. “Tutta la loro vita si svolgeva di fatto sulle decine e decine di brandine allineate. Lì si mangiava, si dormiva, si aspettava che il tempo passasse. A Rosolini non c’erano né educatori né psicologi né mediatori, nessuno aveva informato i ragazzi dei propri diritti, né aveva presentato per loro richiesta di permesso di soggiorno per minorre età o domanda di protezione internazionale”.
L’articolo riporta dichiarazioni del presidente del tribunale per i minorenni di Catania Roberto Di Bella, che durante le feste natalizie ha trovato una rapida soluzione al problema.
Cita inoltre Elena Rozzi di Intersos, che segnala che alcuni minorenni prima trattenuti a Cifali sarebbero ora illegittimamente trattenuti in un centro per adulti a Pozzallo.
L’ultima parola viene data a Fausto Melluso, responsabile migrazioni di Arci, che pure sta monitorando il settore e afferma che il sistema di primissima accoglienza in Italia è lesivo delle garanzie connesse con lo status di minore.

Diversi punti di vista

Pochi giorni fa, il Giornale ha concluso il 2023 con un articolo entusiasta nei confronti del Governo per quanto riguarda le politiche migratorie: il nuovo anno non sarà come quello vecchio grazie all’apertura dei nuovi Cpr, al previsto aumento dei rimpatri e al cosiddetto piano Mattei per l’Africa.
“Le cifre per il nuovo anno sono incoraggianti: l’ultimo trimestre del 2023 ha visto un calo sensibile degli sbarchi nel nostro Paese, arrivando a contare meno ingressi del 2021, quando era in corso la pandemia. Un risultato che si è ottenuto stringendo nuovi accordi e rafforzando quelli esistenti con i Paesi di partenza, in particolare Libia e Tunisia”.
Di tutt’altro tono invece un articolo pubblicato ora da Repubblica col titolo: “Pochi rimpatri, zero Cpr e sbarchi record. Il flop della linea dura sui migranti”.
Si parte da un numero: 157.652 migranti sbarcati nel 2023. Mai così tanti dal 2016. Ci sono stati accordi coi Paesi di partenza, è vero, ma si tratta di Stati che “calpestando i diritti umani, fanno il lavoro sporco per l’Italia contrabbandando come soccorsi in mare quelli che non sono altro che respingimenti vietati dalle convenzioni europee”.
L’articolo di Repubblica ricorda anche varie sentenze della Corte europea che hanno condannato l’Italia per il trattamento di chi raggiunge il nostro Paese. La lettura è a pagamento. La foto è quella di migranti in fila, forse dopo uno sbarco.

4 Cpr nelle prossime settimane

Il Giornale ha pubblicato un articolo in cui fa il punto sulle politiche del Governo in materia di controllo dei flussi migratori all’inizio del nuovo anno.
Il sito scrive che nelle prossime settimane apriranno “almeno 4” nuovi Centri di Permanenza per i Rimpatri, in quattro regioni diverse. Solo che non specifica quali. Finora si sono svolti sopralluoghi in varie località in giro per l’Italia, ma non è stata comunicata la scelta definitiva, che si attendeva entro la fine dell’anno. Le amministrazioni locali, anche di destra, sono già mobilitate. Nessuno vuole un Cpr sul proprio territorio. Alcuni chiedono che venga allestito altrove, ma non specificano dove per non inimicarsi i propri compagni di partito nei comuni interessati. Altri invece dicono no a qualunque Cpr, considerandoli alla stregua di campi di concentramento. Però evitano di dire che quando la sinistra va al Governo diventa improvvisamente favorevole ai centri per i rimpatri, tanto che la loro definizione e il piano per aprirne uno in ogni regione sono opera del Pd.
Effettivamente all’interno dei Cpr le condizioni dei trattenuti destano parecchie perplessità. Ne è un esempio quello di Milano, che è stato addirittura commissariato dopo che si è scoperto che il gestore non forniva tutti i servizi che aveva promesso, falsificando le carte.
Il 2024 sarà l’anno in cui entrerà in carica il nuovo Garante dei detenuti. Fino a quest’anno è rimasto in carica Mauro Palma, per la durata di 7 anni e 10 mesi. Il quale non è stato citato né negli articoli riguardanti l’inchiesta di Milano, né in quelli riguardanti i Cpr nel loro complesso. La sua funzione è considerata quasi totalmente irrilevante. Il suo successore designato finora non si è espresso su nessun argomento, e non è stato neanche ascoltato dal Parlamento, per scelta della maggioranza.
Palma pochi giorni fa è stato insignito Grande Ufficiale dal Presidente Mattarella in persona.