Cgil Fp e migranti

Il sindacato Funzione Pubblica Cgil ha caricato su Youtube un video, due settimane fa, in occasione della Giornata del Migrante.
Gli iscritti al canale sono 2680, il filmato è stato visto 25 volte in tutto.
Dura cinque minuti. Le proporzioni sono ottimizzate per i monitor dei cellulari. Si apre con una serie di cifre che riguardano gli occupati nel settore, dove sono previsti molti esuberi dopo il cosiddetto decreto Cutro. I numeri scorrono in sovrimpressione, mentre in sottofondo c’è della musica di riempimento. Poi viene inquadrata Elena De Pasquale, informatore legale, che ha un enorme orecchino tondo in cui è ritagliata la forma della Sicilia. L’audio è registrato da cellulare.
La De Pasquale ricorda che già nel 2018 ci furono pesanti tagli ai servizi erogati nei Cas. Nell’anno che si è appena concluso si è tagliata l’assistenza legale, in un momento in cui le procedure sono sempre più stringenti. La mancanza del supporto legale comporterà ritardi nelle procedure e aumento dei tempi di permanenza.
Poi viene data la parola ad Abdoulahat Seye, mediatore culturale, che racconta che coloro che vengono esclusi dall’accoglienza vanno a dormire sotto un ponte, perché non viene fornita loro nessuna alternativa.
Daniela Condemi, mediatrice linguistica, dice quelli come lei vengono sfruttati solo colo come interpreti, e vengono mantenuti in una situazione di costante precarietà.
Ogni tanto tornano i dati in sovrimpressione: il personale delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale è stato più che dimezzato: da 450 a 200.
Simone De Blasi, funzionario amministrativo CCTT, parla del mancato riconoscimento della sua funzione.
Il filmato si conclude con le proposte del sindacato: superare la legislazione securitaria dalla Bossi-Fini al decreto Cutro e garantire canali di accesso adeguati e legali; cancellare il protocollo con l’Albania; rafforzare il sistema di accoglienza e la rete delle commissioni territoriali; tutelare le figure professionali e i percorsi di inclusione; investire nel sistema di accoglienza dei minori non accompagnati; creare una rete europea dei lavoratori dei servizi di soccorso, accoglienza e integrazione.
Tutto ciò che viene detto nel video è sottotitolato in inglese e francese.
I commenti sono disattivati.

Rimpatri di tunisini, marocchini e algerini

Leggo ha pubblicato un’intervista al segretario nazionale del sindacato di polizia Mosap. L’intervistato ha detto che in questo periodo si stanno rimpatriando moltissimi cittadini tunisini, marocchini e algerini con aeroplani “vetusti ed obsoleti e in condizioni igieniche che vanno verificate”. Nonostante questo riconosce che “l’amministrazione ha fatto molto per tutelare gli operatori che nella prima fase si sentivano un po’ abbandonati”, fornendo loro guanti,occhiali e mascherine.
I mass media forniscono informazioni frammentarie a proposito dei sindacati di polizia, riportando i comunicati talvolta di questo talvolta di quello senza specificare quanti sono questi sindacati e quale è il più rappresentativo. Di solito alle richieste avanzate da un sindacato con un comunicato o un’intervista la politica non risponde pubblicamente, e nemmeno circolano reazioni da parte degli altri sindacati.
Dati precisi su come stanno andando i rimpatri non ne circolano. Anche sul fronte della cronaca vengono diffuse informazioni in maniera superficiale. Alla fine del mese scorso a Genova è stato arrestato un trentaseienne marocchino con l’accusa di spaccio: aveva ceduto una dose di “hashish” (tra virgolette sul sito Liguria Notizie) ed era stato trovato in possesso di altri 8 grammi della stessa sostanza. Aveva precedenti penali ma non era mai stato rimpatriato. Quale è la pena prevista per questo reato? I siti di informazione neanche lo dicono.

Friuli, gli attivisti protestano

Il Giornale ha dedicato un articolo alla cooperativa Edeco, che “continua a vincere appalti, nonostante un’inchiesta della magistratura”. Tra l’altro, l’azienda si è aggiudicata la gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, che riaprirà a breve. “Mentre in settimana erano in corso le selezioni del personale della Coop, gli attivisti di ‘No Cpr – No frontiere’ hanno protestato ricordando i trascorsi giudiziari della Edeco”, scrive il sito, citando il quotidiano La Verità. Accanto all’articolo, una foto standard di migranti davanti ad un cancello (forse della Caritas), risalente almeno a tre anni fa.
Ma chi sono gli attivisti che hanno protestato e dove? Qualche dettaglio in più sull’iniziativa si trova sulla loro pagina Facebook ufficiale. Tre giorni fa sono stati nel pressi del centro San Luigi di via Don Bosco a Gorizia, dove si stavano svolgendo i colloqui per assumere il personale che dovrà lavorare nel Cpr, e hanno consegnato volantini a chi stava partecipando alla selezione.
Il lungo testo distribuito, dal titolo “Lavorare in un lager? No grazie!” fa riferimento al centro di accoglienza di Cona, gestito dalla stessa Coop, con capienza 450 posti, in cui si ammassarono oltre 1700 persone, tra le quali c’era anche una venticinquenne ivoriana che morì a gennaio 2017; in quell’occasione i richiedenti asilo accusarono i gestori per presunti ritardi nei soccorsi, e scoppiò una rivolta. C’è poi l’elenco delle accuse giudiziarie nei confronti del manager della Edeco, tratto da un lancio dell’Ansa dell’estate scorsa. E una descrizione del Cpr: “un’istituzione totale e un dispositivo di controllo che instaura una gerarchia tra cittadine/i e cittadine/i basata su razzializzazione, classe, passaporto … Un abominio giuridico che non garantisce alla persona trattenuta nemmeno le tutele che l’ordinamento italiano riconosce alle carcerate e ai carcerati”. “I lager sono pilastri di un mondo ingiusto, pieno di odio e violentemente repressivo”. “Non saremo mai complici silenziosi di un lager al lato di casa nostra. E tu?” è la domanda conclusiva, rivolta ai candidati.
Ieri si è svolto lo sciopero generale indetto da alcuni sindacati di base sulla base di una serie di motivazioni così lunga che sarebbe il programma di un partito politico. Tra queste, anche l’abolizione dei decreti sicurezza e il no al razzismo. Nessun leader sindacale è comparso in video per articolare un qualche ragionamento intorno a questa protesta. Sul web si trova un silenzioso filmato di 6 minuti, in cui al massimo si possono vedere le facce dei manifestanti e porzioni di cartelli e striscioni. Impossibile anche quantificare l’adesione visto che lo stesso giorno si stavano svolgendo gli scioperi nei settori più disparati: “Adesione al 38%”, scrive un sito, riferendosi solo ad Ama a Roma; “Adesione al 75%”, scrive un alto riferendosi alla stessa situazione; “Adesione tra l’85 e il 90%”, si legge altrove, ma ci riferisce solo al trasporto pubblico molisano. “42%”, ma è solo la Cotral. E così via.
Cgil, Cisl e Uil milanesi sono entrate in polemica col sindacato Cub: lo sciopero nel settore trasporti provoca forti disagi a tutte le categorie, anche solo per l’effetto annuncio. Bisogna ricorrere a questo strumento “con attenzione e con motivazioni chiare, non buone per tutte le stagioni“. Per cui i sindacati chiedono di “inserire [nella normativa sul diritto di sciopero] dei principi che possano raccordare il diritto costituzionale allo sciopero con il reale consenso che un sindacato abbia in un’azienda, col risultato di ridurre il numero di astensioni”.

Decreto sicurezza, licenziamenti e nuovi homeless

Di 36 mila operatori che si occupano dell’accoglienza in Italia, circa la metà rimarrà senza un mestiere. Lo ha detto un mediatore culturale nel corso di una conferenza che si è tenuta nella sede della Cisl di Milano lunedì scorso. Il sindacato ha raccontato ai giornalisti le storie di chi finora aveva trovato accoglienza in Italia, ed ora a causa del decreto Salvini finirà in mezzo a una strada. Non verrà rimpatriato, semplicemente viene trasformati in persona irregolare. E questo è frustrante, soprattutto tenendo conto che per molti di loro c’è stato uno sforzo per l’integrazione, nell’ambito di un programma europeo che ha permesso l’inserimento lavorativo. Tutti gli sforzi vengono vanificati, e i soldi del progetto sono stati soldi buttati.
“Il lavoro è un’opportunità per l’economia e la società: in Germania e Svezia l’arrivo dei rifugiati ha dato vita a un programma che ha prodotto una crescita del Pil stimata tra lo 0,5 e l’1 per cento, molto di più di quanto oggi anima la discussione fra Roma e Bruxelles sulla finanziaria e il deficit”, ha detto un esponente della Ces, Confederazione Europea dei Sindacati, secondo quanto riporta l’articolo di Redattore Sociale (ripreso anche da Globalist).

Poliziotti a rischio malattie infettive

Il quotidiano romano Il Tempo dedica la prima pagina di oggi ad una situazione segnalata dal sindacato di polizia Sap.
Un gruppo di agenti del reparto mobile di Roma è stato chiamato il sette luglio per trasportare due gruppi di immigrati da Lampedusa a Napoli e Fiumicino, con due diversi voli nella stessa notte.
Dopo alcuni giorni gli agenti sono stati chiamati per una visita medica, dopo che si è scoperto che uno degli stranieri era affetto da meningite.
Il sindacato segnala che da parte della polizia non era stata fornita agli agenti una protezione sufficiente ad evitare un eventuale contagio. A quanto pare gli agenti hanno dovuto pagarsi a spese loro l’antibiotico che gli è stato prescritto a scopo precauzionale.
La cura durerà fino a metà della prossima settimana. Agli agenti è stato consigliato di avvisare il medico in caso di febbre alta.
Gli stranieri presenti su quei voli erano profughi appena sbarcati. Non erano stati ancora sottoposti a nessun esame medico.
Intanto tra i poliziotti desta qualche preoccupazione anche la tubercolosi. Vista la segnalazione di alcuni casi di Tbc tra i profughi in arrivo, è stata richiesta una lista di coloro che hanno fatto servizio di accompagnamento da gennaio ad oggi, per verificare un eventuale contagio.
Il mese scorso sempre Il Tempo aveva segnalato che 10 poliziotti erano risultati positivi al test della Tbc. Uno di loro aveva contratto l’infezione.

Tagli lineari, la polizia protesta

Il sindacato di polizia Siulp sta partecipando, tra ieri e oggi, ad una protesta contro il Governo Renzi.
Il motivo riguarda i tagli lineari che hanno portato a gravi carenze in tutto il settore della sicurezza.
Manca il personale, manca la benzina, il vestiario e l’attrezzatura per lavorare in strada. Inoltre alcuni uffici chiuderanno a breve. Tra cui la sede della Polizia Postale di Modena.
Secondo il Siulp mancano le uniformi. Molti agenti hanno solo una divisa estiva e una invernale. Quando devono lavare i pantaloni estivi sono costretti ad indossare quelli invernali.
Dal Ministero arrivano risorse che coprono a volte il 30 per cento del fabbisogno delle questure, sempre che arrivi qualcosa. Capita anche che una Questura chieda 150 capi di vestiario e dal Ministero non arriva niente.
La protesta è stata messa in atto in occasione dell’Eurovertice dei ministri degli Interni e della Giustizia.
Il sito dell’Asca ha pubblicato il programma dei lavori di oggi, ultima giornata del vertice informale, che sarà presieduto dal ministro Orlando, visto che siamo nel semestre europeo a guida italiana.
Alle 9.30 è prevista una riunione dedicata agli aspetti orizzontali del regime di protezione dati personali. A seguire, riunione riguardante l’Ufficio del Procuratore Europeo. Alle 13 c’è la foto di gruppo. Poi un “colazione di lavoro” con alcune “riflessioni sulle nuove linee guida nello spazio di Giustizia, con particolare attenzione agli sviluppi del mutuo riconoscimento”. Nel pomeriggio “scambio di vedute sulle soluzioni per una effettiva semplificazione di alcuni documenti pubblici”.
E una discussione sulla carenza di risorse da destinare alla sicurezza? Nel programma di oggi non è prevista.

Cgil Sicilia favorevole alla modifica della Bossi-Fini

Monica Genovese, segretaria della Cgil Sicilia, ha scritto in un comunicato che le modifiche alla Bossi-Fini di cui si sta occupando il Governo vanno nella direzione giusta.
Alla bozza di riforma stanno lavorando il Ministro dell’Integrazione Kyenge, il viceministro all’Interno Bubbico e il sottosegretario all’Interno Manzione.
Di recente la Cgil ha incontrato i prefetti della Sicilia per denunciare la pratica degli affidamenti al ribasso della gestione dei Centri di Identificazione ed Espulsione, che ha portato al peggioramento delle condizioni di vita nei migranti.
L’obiettivo finale del sindacato resta comunque l’abolizione dei Cie.
La lunga permanenza in queste strutture è lesiva dei diritti umani e civili dei migranti, ed è causa del sovraffollamento e delle difficoltà conseguenti.
Secondo la Cgil serve una legislazione diversa dalla Bossi-Fini, che sia più adeguata ad affrontare i problemi sul tappeto.
La bozza di riforma su cui sta lavorando il governo prevederebbe, al momento, la drastica riduzione del tempo massimo di permanenza nel Cie rispetto agli attuali 18 mesi, la revisione del sistema di affidamento e gestione dei centri, e l’identificazione in carcere per gli stranieri che hanno commesso dei reati.
Quest’ultimo punto è stato proposto da tempo, ma gli attivisti evitano spesso di ricordarlo, e i mass media non spiegano di cosa si tratta nel dettaglio.
Intanto ad Agrigento si è svolta la cerimonia commemorativa per le vittime del naufragio di Lampedusa. Il ministro dell’Interno Alfano è stato contestato. Sul sito di TgCom c’è un ampio servizio, con filmato e reportage fotografico.

Il Coisp visita i centri per immigrati

Il sindacato di polizia Coisp sta visitando in questi giorni alcuni centri per immigrati in Sicilia.
Il segretario generale Franco Maccari è già stato nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Trapani Milo, nel Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Salina Grande, e nel complesso Cda-Cie-Cara di Pian del Lago, Caltanissetta.
Il sindacato ritiene quest’ultima struttura “vagamente più dignitosa di altre”, ma ne sottolinea comunque la “gravissima carenza di uomini, mezzi e risorse”.
Le rivolte nel centro “sono all’ordine del giorno”. Una “violenta protesta” era in corso anche durante la visita della delegazione.
Gli agenti di polizia “praticamente ogni giorno, sono obbligati a lasciare il controllo del territorio per accorrere all’ennesima, costante, rivolta che mette a repentaglio la salute e la vita stessa degli ospiti delle strutture, ma anche dei colleghi che ci lavorano.
Gli agenti di polizia secondo Maccari sono costretti a lavorare per “non meno di dieci ore” al giorno, per “smaltire una mole imponente di lavoro”.
Dice Maccari che in Italia si parla di immigrazione clandestina solo di fronte ai grandi casi mediatici come la tragedia di Lampedusa. Non si parla mai della “quotidianità insopportabile dentro questi centri, fucine di violenza e di criminalità, bombe ad orologeria pronte ad esplodere ad ogni occasione”, né dei “servizi pericolosissimi” che svolgono gli agenti essendo “cinque o dieci contro 90 o 100 o 200”.

La risposta dell’Ugl

Dopo la presa di posizione del locale segretario del Pd Parlavecchio e del sindacato di polizia Siulp, che chiedevano l’apertura di un Centro di Identificazione ed Espulsione in Umbria, un altro sindacato, l’Ugl polizia, ha espresso la sua opinione in proposito. Sostenendo che in Umbria non bisogna aprire nessun Cie, anche per evitare che clandestini di altre regioni vengano portati sul posto. Si rischierebbe in tal caso “un’invasione di clandestini e criminali” nella regione.
La notizia è stata riportata sul sito Perugia Today, con la solita vecchia foto di clandestini e forze dell’ordine tra le sbarre di un centro di espulsione.
Alcuni sindacalisti dell’Ugl hanno già incontrato il segretario locale del Pd per confrontarsi con lui, e spiegargli le loro proposte. Si è parlato, tra l’altro, di attivare una sinergia tra tutte le forze di polizia che spesso resta solo sulla carta. Si è notata la scarsa efficacia della legge Bossi-Fini, e si è commentata la notizia che il Ministero dell’Interno attiverà voli charter dall’aeroporto di Sant’Egidio per portare i clandestini al Cie di Trapani.
Nel frattempo è arrivata una presa di posizione critica da parte del Vaticano. Nel presentare il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante, il presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, cardinale Antonio Maria Vegliò, ha dichiarato che i Cie non sono “né un esempio né un ideale”, e che “molti centri non funzionano o dovrebbero funzionare meglio”. Le sue dichiarazioni sono state riprese dall’Asca, in un articolo di quattro righe, senza foto.
Per finire, segnaliamo che è stata indetta per il 5 ottobre a Roma l’assemblea della campagna LasciateCIEntrare, nata con lo scopo di semplificare le procedure per l’accesso dei giornalisti nei centri di espulsione. La notizia è nascosta nelle ultime tre righe di un lungo comunicato, scritto dalla coordinatrice della campagna, Gabriella Guido, pubblicato su Articolo 21 con la solita immagine di repertorio di anonimi stranieri dietro le sbarre, e il titolo “Cie, cosa si aspetta a chiuderli?”
Scrive la Guido che di 13 centri ufficialmente aperti sul territorio nazionale, ne sarebbero rimasti attivi soltanto 6, a causa delle rivolte che hanno reso inagibili tutti gli altri.
Secondo il comunicato, inoltre, un 24enne marocchino sarebbe in coma da oltre un mese, per essere caduto “dal Cie di Gradisca d’Isonzo”. Lo stesso Cie dal quale in questi giorni sono evasi tre stranieri, di cui si sono perse le tracce.
Ricordiamo che all’inizio di quest’anno sono stati stanziati dei fondi per l’apertura di due nuovi Cie nel sud Italia, in Campania e Basilicata. I centri però non saranno pronti ad entrare in funzione prima della fine del 2013.

Il Sap protesta

Il sindacato di polizia Sap ha più volte chiesto un incontro al Ministero dell’interno per individuare delle soluzioni che tamponino, almeno in parte, condizioni di lavoro inaccettabili, nonché la ripetuta negazione di una sopravvivenza dignitosa per chi è trattenuto all’interno dei Centri di Identificazione ed Espulsione. Lo scrive L’Espresso, in un articolo dal titolo “Cie, scandalo anche per i poliziotti”.
Il segretario generale del sindacato, Nicola Tanzi, ha raccontato di avere chiesto un incontro col Ministero da cinque mesi. “Gli immigrati sono piegati dagli stenti, diventano rabbiosi, spaccano le strutture che li ospitano. La carenza di fondi non consente di aggiustare i danni. La vita diventa sempre più difficile e il disagio genera nuova rabbia”, racconta il sindacalista.
Nell’articolo non si fa alcun cenno al rapporto stilato dalla task force del Ministero dell’Interno e diffuso all’inizio di quest’anno, né si parla dell’incontro avvenuto il mese scorso tra i vertici del settore immigrazione del dipartimento di Pubblica Sicurezza e i responsabili della vigilanza dei vari centri. Si parla però dei tagli effettuati dal governo Monti, sia sul fronte delle spese per il mantenimento dei reclusi, sia sul numero degli agenti in servizio. “Non ci sono sufficenti pattuglie per accompagnare in questura i clandestini e nello stesso tempo adempiere alla ordinaria amministrazione della sicurezza per le strade. Due obiettivi mancati in un solo colpo”, lamenta il Sap.
Nell’articolo si accenna alla morte di uno straniero nel Cie di Crotone, alla quale è seguita una rivolta che ha reso inagibile la struttura. Non si parla invece della notizia di questi giorni, cioè del fatto che la Prefettura di Trapani ha rescisso il contratto con il gestore del locale centro di espulsione, per carenze nei servizi offerti agli immigrati. Nel giro di un mese dovrebbe essere scelto il nuovo gestore, ma i mass media non hanno ancora parlato delle condizioni del nuovo appalto. Di recente, la cifra prevista per il mantenimento dei reclusi è stata sempre al di sotto dei 30 euro giornalieri a testa. Troppo poco, secondo sindacati ed associazioni.