Venerdì Salvini a Messina

Il leader della Lega Matteo Salvini ha annunciato nel corso di un’intervista a La7 che domani sarà in visita a Messina, nell’ambito di un mini-tour nel quale per la prima volta tornerà in Sicilia dall’agosto 2018. La notizia è riportata sul sito Lettera Emme.
E’ stato il tribunale di Messina a condannare a 20 anni di carcere tre extracomunitari giunti in Italia a bordo della Sea Watch di Carola Rackete, una decina di giorni fa. Gli stranieri erano stati riconosciuti come torturatori da parte di alcuni ospiti dell’hotspot della città, nel quale erano stati ospitati. Alcuni siti web, tra cui Repubblica, avevano scelto di passare sotto silenzio il modo in cui queste persone erano arrivata in Italia a giugno 2019, mentre da destra la notizia è stata usata per screditare l’attivista tedesca, che in quell’occasione finì al delle polemiche per la manovra messa in atto per entrare in porto col rischio di schiacciare contro il molo una imbarcazione della Guardia di Finanza.
La Leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni dopo la condanna ha scritto un duro editoriale in cui se la prende con la “grande comunicazione che un anno fa ricoprì di onori la Rackete dipingendola come un’eroina senza macchia e senza paura” e che oggi nasconde la notizia, e contro l'”ipocrisia senza pudore” di quei parlamentari di sinistra, “da Delrio a Orfini passando per Fratoianni, che un anno fa salirono su quella nave per accusare di ogni nefandezza e atrocità quello stesso Giuseppe Conte con cui oggi sono felicemente al Governo”.
Il sito Stretto Web ha pubblicato un estratto dell’articolo della Meloni, e la risposta di Fratoianni. Anche gli accusatori, i migranti torturati, sono arrivati in Italia con una nave Ong (la nave Alex di Mediterranea): non sono stati certo gli esponenti di Fratelli d’Italia ad effettuare il riconoscimento dei torturatori, dice l’esponente di Sinistra Italiana.
Pochi giorni fa Repubblica ha raccontato che la Sea Watch era in fase di ripartenza proprio da Messina, per una nuova missione di soccorso dopo la pausa dovuta alla pandemia. Sulla fiancata dell’imbarcazione è stato esposto un lenzuolo che chiede giustizia per George Floyd, sulla scia delle proteste antirazziste che, partite dall’America, hanno contagiato anche il resto del mondo.
Anche la Mare Jonio di Mediterranea sta per ripartire, dopo 8 mesi di sequestro “illegittimo”.
Le ultime notizie dal Mediterraneo parlano di accordi sui respingimenti tra Malta e la Libia, non del tutto regolari dal punto di vista delle norme europee secondo quelli che li criticano, mentre 450 migranti sono ancora relegati su scomode imbarcazioni sull’isola, visto che le autorità non autorizzano sbarchi e i ricollocamenti sono bloccati.
Sull’episodio della morte di George Floyd emergono nuovi dettagli. Secondo un testimone intervistato dalla Cbs l’agente conosceva bene Floyd per avere lavorato insieme a lui come addetto alla sicurezza di una discoteca. Tra i due c’erano state delle frizioni, sembra proprio a causa del fatto che il poliziotto fosse troppo aggressivo nei confronti dei clienti, specie di quelli di colore. Il contenuto dell’intervista è riassunto in italiano sul sito del Corriere.
Lo stesso articolo dice che la discoteca è già stata data alle fiamme nel corso delle proteste seguite alla morte di Floyd. Sui mass media mainstream questo aspetto è pressoché passato sotto silenzio, mentre ci ha dedicato un servizio Ruptly, pubblicato su Youtube (il quale ha aggiunto la dicitura che l’emittente “Rt è supportata in tutto o in parte da fondi pubblici russi”).
Il sito Open.online pochi giorni fa ha esaminato la teoria del complotto circolata sul web secondo cui l’agente sarebbe un attore e l’episodio tutta una messa in scena per influenzare le elezioni americane. La notizia falsa si basa su una scheda col nome del poliziotto che compare sul sito Imdb.com. Il sito fa notare che la scheda è stata creata dopo l’omicidio, non prima, e che le vare “comparsate” segnalate risalgono tutte al 2020; tutte quelle che vengono chiamate Tv Series sono in realtà le trasmissioni che si sono occupate dell’omicidio di George Floyd, e tutte le parti interpretate sono “self”, ossia “sé stesso”. Il sito è un wiki, può essere aggiornato da chiunque. Qualcuno ha ragionato come se il poliziotto avesse interpretato il ruolo di sé stesso per quelle trasmissioni, mentre in realtà in quei programmi tv è soltanto andato in onda il filmato dell’omicidio. La scheda è ancora presente sul sito.
In America le tensioni sono fortissime: un uomo è stato bersaglio di migliaia di messaggi che ne chiedevano l’arresto e il licenziamento, nonché di insulti e minacce, dopo che qualcuno aveva diffuso il suo nome, cognome e indirizzo in relazione all’episodio di un ciclista (bianco) che aggrediva delle teenager (bianche) che appendevano manifesti per George Floyd. L’episodio è stato raccontato al pubblico italiano dal Post. L’uomo è innocente (il vero colpevole è stato arrestato), c’è stato un errore nella data diffusa in un primo momento dalla polizia del Maryland per quanto riguarda l’aggressione. Gli utenti hanno identificato l’uomo anche sulla base dei dati di un’applicazione per ciclisti non meglio precisata, che sarebbero pubblici e che documenterebbero la sua presenza sul posto in occasione della prima data comunicata dalle forze dell’ordine (quella sbagliata). La polizia sul momento ha mandato delle pattuglie a vigilare sulla casa dell’uomo visto che, mentre il primo appello ai cittadini era diventato virale, tutte le successive precisazioni hanno raccolto soltanto una manciata di visualizzazioni.
In seguito il vero colpevole è stato arrestato. Tramite i suoi avvocati ha diffuso un comunicato in cui si dice roso dal rimorso per il dolore e la paura che ha causato alle vittime.
Anche altri uomini sono stati erroneamente bersagliati sul web con l’accusa di essere il ciclista in questione.
In Italia la settimana scorsa è circolato sul web un video con la testimonianza di una teenager torinese (nera) che racconta di un atto di razzismo nei suoi confronti avvenuto su un autobus e spiega perché è giusto manifestare anche in Italia. Il video è anche sul sito del Fatto Quotidiano.

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